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Innovazione Largo consumo

La migliore risposta ai dazi è la digitalizzazione

Una leva imprescindibile, e oggi accessibile anche alle PMI, per aumentare la competitività su tutti i mercati. Il punto dal convegno IBC

Evento IBC "Industria dei beni di consumo ed evoluzione del contesto competitivo"

In tempi di stravolgimenti commerciali, uno su tutti quello dei dazi statunitensi, per il made in Italy è ancora più urgente diventare maggiormente competitivo sui mercati internazionali. Appurato infatti che il nostro “brand paese” gode di ottima reputazione presso i consumatori esteri, come confermano i dati Brand Finance 2024, è altrettanto vero che tra italian sounding, che vale il doppio del nostro export, e un tessuto imprenditoriale fatto principalmente da PMI, il nostro potenziale di business oltreconfine è ancora ampiamente inespresso. Per colmare questo divario tra promessa e realtà, una leva imprescindibile è la digitalizzazione dei processi, tutt’oggi ostacolata più da fattori culturali che di offerta e accessibilità economica. A fare il punto sul tema è stato il seminario "Industria dei beni di consumo ed evoluzione del contesto competitivo. Strumenti e soluzioni per la trasformazione digitale" organizzato a Bologna da IBC con la collaborazione di GS1 Italy e Deloitte.

Falsi miti e ostacoli da affrontare

Come sottolineato in apertura dell’evento:

«Gli strumenti per rendere le imprese più efficienti ci sono e abbiamo bisogno di usarli per essere più competitivi anche sui mercati internazionali, dove ci sono aziende estere che hanno intrapreso un percorso di efficientamento in tal senso già da anni»
Flavio Ferretti, presidente di IBC e amministratore delegato di Noberasco

Ciò nonostante, secondo un’indagine Deloitte, tra le priorità che le aziende si sono date per i prossimi mesi figurano l’ottimizzazione della struttura di costo, il consolidamento della crescita dei ricavi e l’adeguamento agli accadimenti esogeni. Solo il 50% delle PMI sta approcciando un vero e proprio piano di trasformazione digitale, percentuale che aumenta considerevolmente per le aziende del Sud o focalizzate solo sul mercato domestico. Questa mancanza progettuale ha come principali ostacoli dichiarati alcune erronee convinzioni, quali l’ingente portata degli investimenti economici e i tempi di ritorno sugli stessi, la mancanza di competenze o personale adeguati e una visione che non prevede il ripensamento di organizzazione e processi oltre l’adozione degli strumenti stessi.

Quali strumenti e perché

A differenza del dichiarato, oggi:

«la tecnologia è diventata molto più accessibile e si può implementare in modo graduale, riducendo i costi fissi e migliorando i ricavi. Ci si può avvalere di competenze esterne per sviluppare i programmi di digitalizzazione, perché l’offerta in tal senso è matura»
Pierpaolo Mamone, consumer products sector leader di Deloitte

Secondo i dati della società di consulenza, le aziende che portano avanti un percorso di questo tipo conseguono risultati superiori rispetto alla media dei loro concorrenti e registrano un reddito operativo del 5-6% più alto.

Parlando di strumenti e partner esterni che consentono di accelerare e semplificare la trasformazione digitale c’è GS1 Italy.

«Il nostro obiettivo è proprio sfatare i falsi miti che fanno da barriera all’adozione di strumenti di digitalizzazione. La nostra attività si basa su standard e regole che riguardano in particolare tre ambiti: l’identificazione unica e inequivocabile di oggetti, l’automazione e la condivisione di informazioni tra tutti gli attori della filiera. Questo linguaggio comune porta un grande valore aggiunto e diversi vantaggi, compresa la fiducia tra le parti, l’interoperabilità e la trasparenza»
Andrea Ausili, cio, standard & innovation director di GS1 Italy

Dopo aver innovato il settore del largo consumo 50 anni fa con l’introduzione del codice a barre, l’organizzazione sta oggi promuovendo la nuova frontiera dei codici a barre 2D, ovvero i codici QR standard GS1. L’utilizzo di simboli bidimensionali nel retail per tutte le modalità di check-out è in grado, ad esempio, di accompagnare e coinvolgere il consumatore anche dopo l’acquisto. Si allargano, nel complesso, il perimetro delle informazioni relative al prodotto e la loro accessibilità.

Ci sono infine strumenti di GS1 Italy che consentono di ridurre significativamente i costi operativi. Tra questi l’insieme di standard GS1 EDI (Electronic Data Interchange), che come evidenzia Ausili «già da decenni digitalizza e trasferisce i documenti commerciali e amministrativi», consentendo a oltre 8 mila imprese in Italia di risparmiare tra i 3 e i 5 euro per ogni fattura ricevuta e tra i 4 e i 6 euro per ogni fattura inviata.

Evento IBC "Industria dei beni di consumo ed evoluzione del contesto competitivo"
Andrea Ausili, CIO, standard & innovation director di GS1 Italy, all' evento di IBC "Industria dei beni di consumo ed evoluzione del contesto competitivo"

Esempi virtuosi

«La nostra digitalizzazione è partita negli anni Novanta, perché proprio allora avevamo intrapreso l’internazionalizzazione», racconta Pier Paolo Rosetti, direttore generale di Conserve Italia: «Utilizziamo le soluzioni GS1 Italy da allora e ci sentiamo di raccomandarle, perché ne abbiamo misurato l’impatto positivo sul conto economico. Il maggior ostacolo alla digitalizzazione del nostro settore oggi credo sia proprio quello culturale, perché gli strumenti sono diventati accessibili a tutti i livelli». Gli fa eco Domenico Brisigotti, direttore generale di Coop Italia: «In cinque anni abbiamo più che raddoppiato gli investimenti in digitalizzazione, ma la vera questione, al di là degli strumenti adottati, sono stati il cambiamento culturale e quello organizzativo». Impegno crescente anche per Granarolo che, come conferma il suo presidente Giampiero Calzolari, ha deciso di destinare un aumento di capitale significativo proprio all’efficientamento del sistema produttivo attraverso la digitalizzazione.

Una leva anche per il mercato nazionale

La spinta alla digitalizzazione, infine, non è necessaria solo per l’export, ma anche per ridare slancio a consumi domestici che risentono di un più ampio clima di incertezza e sfiducia. Secondo un’elaborazione Nomisma su dati Istat, le vendite al dettaglio nei primi due mesi dell’anno in corso registrano infatti una riduzione dei volumi pari all’1,4%, con il trend negativo che si aggrava per alcuni comparti come la cura casa e persona. Un rallentamento economico che vede gli italiani concentrati sul ritorno al risparmio eroso dall’inflazione e che nella distribuzione premia soprattutto il format discount. Diventa allora più che mai essenziale, a beneficio di tutta la filiera, ragionare in ottica di partnership e sinergie tra Industria e Distribuzione.

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