02. L’RFID è tra noi
Parlando di altre tecnologie, per il trasferimento di informazioni, oggi è al centro l’RFID (Radio Frequency Identification). Quali sono i nuovi scenari che l’RFID sta disegnando per il retail ed il consumatore?
Linda Vezzani: «In realtà l’RFID è già tra noi: lo vediamo quando acquistiamo gli articoli sportivi, vedi Decathlon, oppure quando acquistiamo capi di abbigliamento. Sono sempre di più infatti i negozi che fanno uso della tecnologia per velocizzare i processi in store e quelli in retro negozio, magari efficientando anche quelli distributivi, a monte. Il caso Decathlon è un esempio di eccellenza dell’adozione di più standard GS1: l’azienda ha infatti scelto di adottare un linguaggio globale per identificare ogni singolo pezzo. Lo ha fatto usando:
- Un codice a barre evoluto che può trasferire non solo l’informazione della referenza ma anche del seriale e
- Un tag RFID che trasferisce esattamente la stessa informazione, opportunamente tradotta.
La svolta è scegliere di adottare una codifica univoca a livello globale da poter reiterare gli stessi processi in tutti gli store di tutto il mondo».
Come può un tag RFID contenere le stesse informazioni di un barcode, o meglio, in cosa consiste lo standard EPC?
Linda Vezzani: «Prima di raccontare cos’è lo standard EPC, una premessa è d’obbligo.
Gli standard GS1, il cui scopo è quello di creare un linguaggio interoperabile di business, operano a tre livelli: identificazione (rappresentato dal box azzurro), cattura (rappresentato dal box fucsia), e condivisione (rappresentato dal box verde).
Standard GS1 - identificazione, cattura e condivisioneFonte: GS1
- Per l’identificazione vengono denominati oggetti e soggetti della filiera, dall’unità consumatore, all’imballo, all’unità logistica alle location.
- Per la cattura, troviamo codici a barre e tag in radiofrequenza che trasferiscono delle informazioni.
- Gli standard di condivisione sono strumenti che servono a condividere dati anagrafici di prodotto piuttosto che dati transazionali o dati relativi a eventi di tracciabilità.
Il punto focale è il linguaggio comune abilitato in primis dall’identificazione. Questi identificativi possono essere veicolati attraverso codici a barre più o meno complessi e attraverso tag RFID mentre non è vero il contrario, cioè non è detto che barcode e tag RFID veicolino sempre dati standard. Possono infatti trasferire anche dati custom.
L’EPC, Electronic Product Code (in italiano “codice elettronico di prodotto”) è un codice identificativo che definisce il singolo pezzo. È lo standard GS1 per l’RFID, è univoco a livello globale ed esiste in quanto identificativo (per intenderci, stiamo parlando del livello di identificazione di prima). Che cosa significa? Che essendo l’EPC l’identità di uno specifico oggetto, esso esiste in quanto esiste quell’oggetto, e non perché viene veicolato dal tag in radiofrequenza. Facendo un parallelismo, possiamo dire che il codice fiscale esiste perché esiste l’individuo nella sua unicità, non perché esso viene visualizzato sulla tessera sanitaria. Quindi: l’EPC sta al codice fiscale, come la tessera sanitaria sta al tag RFID.
E come il codice fiscale, anche il codice EPC rappresenta una stringa di dati, strutturata secondo precise regole, che rappresenta il link a tutta una serie di informazioni che risiedono su un database esterno.
Le note chiavi di identificazione GS1 (ad es GTIN, SSCC, GLN, GRAI, ecc.) vengono declinate per l’EPC con il concetto di serializzazione laddove ne siano intrinsecamente sprovvisti.
Quindi, sì, l’EPC può rappresentare le stesse informazioni veicolate da un codice a barre».
Oltre però al mondo del retail e alla curiosità dei consumatori, devo dirti che sto notando un grande interesse da parte del mondo manifatturiero, logistico e anche di altri settori: metalmeccanico, farmaceutico, chimico, ecc. nei confronti della tecnologia RFID e noi stessi stiamo sviluppando molti progetti con i nostri clienti. Qual è la vostra visione?
Linda Vezzani: «Negli ultimi tempi l'adozione della tecnologia RFID si sta diffondendo anche lungo la supply chain e in contesti meno evidenti al grande pubblico. Nel corso dei workshop che abbiamo erogato questa primavera, alcune aziende implementatrici ci hanno raccontato la loro esperienza sia nell’ambito retail sia nell’ambito supply chain. Tra queste ultime figura Bonterre che tagga le unità logistiche per gestire al meglio i flussi inbound/outbound di merci dal magazzino verso i clienti. Il Teatro Stabile Torinese impiega l’RFID per tracciare tra strumentazione elettrico-fonica presente in scena, all’interno dei propri magazzini e per monitorarne la movimentazione verso altri teatri».
Giada Necci: «La tecnologia RFID ha sicuramente i suoi pro rispetto anche ai codici a barre e per determinati processi può essere altamente performante. Ho sentito di diversi progetti che implementano la tecnologia RFID, per esempio nel settore farmaceutico, e con importanti risultati. Certamente, come in ogni progetto, la necessità è quella di studiare bene la fattibilità dell’implementazione e non è detto che la tecnologia RFID sia applicabile a tutti i prodotti di tutti i settori merceologici. In generale ciò che si vede è che l’RFID sia applicato agli imballi e alle unità logistiche piuttosto che ai singoli prodotti in quei settori nei quali il singolo prodotto è una commodity. Diventa invece interessante applicare l’RFID anche al singolo prodotto dove questo non è più una commodity ma un bene salvavita o un bene di lusso».
Ogni tanto si sente dire che il codice a barre verrà soppiantato dalla tecnologia RFID. Sarà davvero così? Solo nel largo consumo o anche in altri settori?
Linda Vezzani: «Finora hanno convissuto benissimo e probabilmente continueranno a farlo ancora per un bel po’ di tempo. Quello che notiamo è l’uso congiunto dei due carrier (codice a barre e tag RFID) proprio a coprire le diverse necessità che emergono in processi e destinazioni d’uso diversi. E non dimentichiamoci che il codice a barre non è solo uno, ci sono tanti carrier diversi che possono trasferire più o meno informazioni a seconda dei bisogni. Insomma, mentre la tecnologia RFID prendeva piede, il codice a barre non è stato a guardare ma si è evoluto per rispondere a nuove esigenze».
Continua a leggere il dossier, vai al capitolo 03. UDI - identificazione anche per i dispositivi medici