06. Il retail e l’organizzazione della domanda
Ma quello che sta accadendo in questa continua trasformazione in cui le tecnologie plasmano nuovi scenari dove il limite tra online e offline è sempre più sfumato e dove, secondo Gartner, entro il 2026 il 25% delle persone trascorrerà almeno un'ora al giorno nel Metaverso per lavoro, shopping, istruzione, social media e intrattenimento, è qualcosa di più. Il commercio cioè si sta trasformando in un sistema di organizzazione della domanda.
Spiega infatti Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di strategia Sda Bocconi, che nel modello di mercato digitale la comunicazione tra domanda e offerta è un pezzo di processo organizzativo, non una transazione. E che il commercio diventa organizzatore della domanda.
Che cosa significa organizzare la domanda? «Significa utilizzare capitale e lavoro degli utenti. Airbnb e Uber fanno esattamente questo: non investono in mattoni o in mezzi di trasporto, ma utilizzano mattoni e mezzi di trasporto più il lavoro di altri. Negli ultimi dieci anni, per esempio, il valore delle aziende che offrono un modello di abbonamento ha performato tre volte quello delle aziende che vendono. L’affiliazione, così, produce più valore della transazione e il commercio diventa condivisione di uno spazio organizzativo. Anche dell’e-commerce, in cui il valore della transazione economica è subordinata a quello della relazione, è praticamente rimasta solo la “e”, intesa come dati, analytics, intelligenza artificiale, relazione naturale e il digitale non serve più solo per vendere ma per capire, dialogare, innovare, trasformare i prodotti in servizi. Il servizio è però incompleto senza la partecipazione della domanda. Nel web 3.0 questi aspetti sono più evidenti: tutti partecipano alla validazione dei blocchi di una blockchain, tutti posseggono il sistema dei dati non più centralizzati, tutti possono produrre proprietà intellettuale tramite gli Nft e la moneta non è l’unico sistema per regolare gli scambi, diventa endogena al commercio, non più esogena. Quando il consumatore della generazione Z non è solo soggetto organizzativo ma contribuisce a definire l’entità della moneta da usare, allora il suo ruolo non è più quello di semplice destinatario del sistema d’offerta, ma è all’interno dell’organizzazione. Cambia la prospettiva quindi con cui si guarda alla loyalty, all’engagement: i sistemi di valutazione sui social e sulle piattaforme altro non sono che un bene pubblico prodotto e distribuito dalla domanda, che affianca o sostituisce la certificazione pubblica. Per i brand e le agenzie media la sfida è usare le tecnologie digitali per organizzare la domanda, non solo nel percorso dall’attenzione all’acquisto, ma nei processi di condivisione dei valori e delle responsabilità sull’intero ciclo dell’esperienza. Il valore del mercato quindi non è più nello scambio fondamentale tra produzione-distribuzione-logistica, ma a valle nel coinvolgimento del cliente e nel suo contributo sotto forma di dati e a monte nella capacità di progettare un nuovo servizio. I messaggi sono la nuova moneta, la comunicazione diventa uno smart contract. E il commercio è un’infinita conversazione».
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab