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Come il digitale cambia i processi e le competenze nel largo consumo

Uno studio di GS1 Italy analizza le risposte delle imprese del largo consumo alle sfide della trasformazione digitale: i processi maggiormente coinvolti, le risposte organizzative e quali i profili più richiesti. Anche il ruolo delle risorse umane dovrà evolvere

Qual è stato e quale sarà l’impatto della trasformazione digitale sui processi e sulle competenze dei manager delle imprese del largo consumo? Quali sono le sfide e le aspettative dal punto di vista delle risorse umane dello scenario che si sta disegnando? E come rispondono le imprese, come evolvono i profili professionali, quali le riposte organizzative?

TrasformazioneDig_Silvia.jpgSono queste le domande che stanno alla base della ricerca realizzata da GS1 Italy (La trasformazione digitale. Impatti su processi e competenze nel largo consumo), con un team di ricercatori del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Parma, introdotta da Silvia Scalia - ECR and training director GS1 Italy - nell’evento digitale da Interno1, il nuovo concept center phygital dell’associazione dedicato agli incontri e alle attività di formazione, che proprio della tecnologia digitale fa ampio uso. Ed è precisamente attraverso la formazione dei futuri manager del largo consumo, in collaborazione con le due università e i percorsi di formazione rivolte alle aziende, che l’Academy GS1 Italy supporta da tempo il settore nello sviluppo delle nuove competenze richieste dalla digitalizzazione dei processi.

TrasformazioneDig_Ermanno.jpg«Va sottolineato, inoltre, che alla base di queste competenze per il largo consumo è vi è il linguaggio degli standard, un potente abilitatore non solo nella digitalizzazione dei processi ma anche nei rapporti con il consumatore finale», afferma Ermanno Bertelle, HR and training manager GS1 Italy.

Non v’è dubbio infatti che le tecnologie digitali hanno modificato i processi di produzione, distribuzione, consumo, nonché le modalità di comunicazione e i meccanismi organizzativi con cui le informazioni vengono rese disponibili sul mercato e diventano oggetto di scambio tra i diversi soggetti della filiera. E il nuovo trattamento di informazioni, merci e denaro, abilitato dalle tecnologie digitali, che consentono al consumatore di avere un ruolo attivo nel processo di creazione di valore, modifica le relazioni, non solo quelle verticali.

«Sbaglierebbe chi riducesse la digitalizzazione all’e-commerce», afferma Francesco Pugliese, presidente GS1 Italy. «La trasformazione digitale aiuta le imprese a lavorare, comunicare e gestire meglio, mettendo a fattor comune le informazioni ricavate dalla relazione con i clienti. Ma bisogna ripensare ai modelli organizzativi e ai processi, per migliorare le performance».

L’indagine svolta presso 151 referenti aziendali del largo consumo (102 dell’Industria e 49 della Distribuzione) ha permesso di evidenziare le correlazioni nella comprensione di alcuni fenomeni legati alle attività a supporto della creazione di cultura digitale e allo sviluppo di competenze e professionalità specifiche. Il digitale, infatti pervade il largo consumo. In particolare la ricerca individua gli ambiti ai quali è più o meno esposto: la relazione informativa con i clienti, i nuovi format, l’efficienza operativa e la negoziazione.

Processi da rivedere

Ma qual è il livello di preparazione delle aziende per affrontare la trasformazione digitale? La buona notizia è che il 49% si dichiara pronto e il 35% più che pronto. In particolare sono tre i temi critici rilevati negli ultimi due anni e nei prossimi due: lo sviluppo di nuove competenze nelle persone e la loro resistenza al cambiamento, la revisione dei modelli organizzativi e dei processi interni (più per la Distribuzione che per l’Industria), la necessità (e la difficoltà) di diffondere una cultura digitale nell’azienda, superando la resistenza al cambiamento.

Nell’analizzare su quali processi intervenire, i ricercatori li hanno classificato in quattro macro-aree secondo il livello di rilevanza strategica futura e di soddisfazione attuale delle soluzioni adottate, scoprendo una sostanziale convergenza di vedute tra Industria e Distribuzione, con le sole eccezioni degli smart payment (ritenuti più strategici per i retailer) e della gestione e del presidio della relazione commerciale, più soddisfacente per l’Industria. «Prioritari sono i processi di omnichannel category e i nuovi format fisici e digitali», spiega Davide Pellegrini, direttore scientifico del Master GS1 in Retail and Brand Management dell’Università di Parma. «Sono evidentemente collegati all’e-commerce, che non a caso è confinante e si trova nel quadrante dei processi da consolidare (alta soddisfazione e alta rilevanza strategica) insieme con la gestione e il presidio dell’accuratezza del dato, la comunicazione digitale, CRM e loyalty, data science e shopper marketing. In questo caso sono tutti processi che hanno a che fare con il presidio della relazione informativa con il cliente. La gestione della relazione commerciale, dell’attività a punto vendita e il presidio del territorio, e le soluzioni per aumentare visibilità ed efficienza negli ordini di consegna, sono tutti processi di alta soddisfazione ma di minore rilevanza strategica e quindi ricadono nell’area della manutenzione. Infine, secondo questa classificazione, sotto osservazione vi sono mobile e smart payment, e-procurement, B2B finance. Ma va detto che sono attività meno legate alle funzioni di business del campione intervistato».

Figura 1 – I processi interni sui quali intervenire

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Fonte: GS1 Italy “La trasformazione digitale” 2021

Team interfunzionali o dedicati

In questo quadro cambiano anche i modelli organizzativi: se la creazione di team interfunzionali è adottata dal 56% dell’Industria e dal 46% della Distribuzione, quest’ultima propende, soprattutto per l’e-commerce, a creare funzioni dedicate (il 35% contro il 20%), mentre soprattutto nell’Industria sta emergendo un modello in cui ciascuna funzione incorpora ruoli e competenze digitali al proprio interno (il 43% delle imprese industriali contro il25% di quelle commerciali). È una sorta di “digitale trasversale – scrivono i ricercatori – dove ciascuna funzione incorpora al proprio interno ruoli e competenze digitali per un dialogo interfunzionale. Si tratta di una soluzione presente soprattutto in alcune multinazionali, dove la soluzione di una cultura orizzontale pervasiva e di un’assenza di specialisti viene letta come il superamento del modello dei team misti e del modello che prevede una funzione dedicata”

È interessante notare che circa nel 50% dei casi le funzioni dedicate rispondono alla direzione generale, ma ancora nel 25% delle aziende rispondono all’IT e, soprattutto per la Distribuzione, nel 18% al marketing.

Nuovi spazi di collaborazione

Per quanto riguarda l’e-commerce il quadro è abbastanza variegato, perché spesso si sono creati team interfunzionali, ma nella Distribuzione è stata creata una funzione dedicata (31%), mentre nell’Industria il marketing ha un ruolo importante nella gestione (29%). E se per la GDO è gestito nel 9% dei casi dalla funzione acquisti, per l’Industria sono le vendite nel 25% dei casi.

«Sebbene questo caso denoti la mancanza della medesima cultura digitale nella negoziazione – sottolinea Pellegrini – la trasformazione digitale rimodella le relazioni orizzontali all’interno delle imprese lasciando spazio all’interfunzionalità e alla pervasività. Ma apre nuovi e importanti spazi di collaborazione verticale tra i due attori del largo consumo, in particolare nella comunicazione digitale, nella gestione del canale e-commerce, nello shopper marketing e nel CRM & loyalty. Sono funzioni che impattano non solo sull’efficienza delle relazioni, ma anche sulla potenziale efficacia delle proposte al cliente finale. Naturalmente vi sono sfumature diverse tra GD e DO, con un’inerzia più forte nelle imprese a rete, ma in generale si nota un’apertura al confronto, in cui le nuove sfide rimandano alla dimensione soft dell’organizzazione».

Figura 2 – I processi di maggiore collaborazione verticale secondo l’Industria e la Distribuzione

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Fonte: GS1 Italy “La trasformazione digitale” 2021

Le competenze future

La revisione dei processi richiede però la costruzione di nuove competenze e il reperimento di nuove figure professionali. Lo studio di GS1 Italy le differenzia a seconda che si considerino le funzioni aziendali marketing, commerciale e IT. Così i ruoli più presenti nelle aziende oggi sono l’e-commerce manager e il digital marketing manager, seguiti dal chief information security officer, mentre, tra le figure più ricercate nei prossimi dodici mesi, le aziende indicano il social media listening analyst e il lean/agile specialist/scrum master, seguiti dalla figura del data scientist, che, dicono i ricercatori, con competenze all’intersezione di tecnologia, marketing e business ha il compito di leggere i trend socio-culturali, individuare ed elaborare fonti di dati, interpretare le informazioni e darne una traduzione di business.

«Il dato è oggi un elemento rilevante. Acquisire i dati di prima parte per ascoltare le persone attraverso i social è una priorità strategica e il digitale offre l’opportunità di trovare risposte alle domande delle persone. Il confronto tra competenze diverse è poi fondamentale per elaborare queste risposte», afferma Alessio Giani, global digital & content marketing director Barilla.

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Risorse umane verso il digitale

Nella trasformazione, la funzione HR è chiamata a supportare lo sviluppo interno e il reperimento dall’esterno delle necessarie competenze, garantendo da un lato la diffusione di consapevolezza e conoscenza digitale di base e programmi di formazione per migliorare le competenze digitali delle professioni esistenti e formare i lavoratori alle nuove competenze e dall’altro la ricerca, l’inserimento e soprattutto la capacità di mantenere in azienda i nuovi profili professionali richiesti.

«Le organizzazioni del largo consumo sono più avanti nella diffusione della cultura digitale rispetto alle organizzazioni multisettoriali, cosi come hanno una capacità superiore di attrarre nuovi profili digitali», spiega Fiorella Crespi, direttore Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano. «Tuttavia denotano ancora una certa difficoltà a identificare percorsi di carriera attrattivi dedicati a queste figure e soprattutto a trattenere le professionalità. Anche per questo motivo la direzione HR avrà un ruolo fondamentale nel contribuire a sviluppare cultura e competenze digitali all’interno delle aziende, attraverso il ripensamento dei propri processi in chiave digitale e delle modalità di relazione con candidati e collaboratori».

A questo riguardo Esselunga ha intrapreso da tempo un percorso in cui il recruiting utilizza le soluzioni che il digitale offre con due risultati importanti. «Il primo riguarda il fatto che si è messo l’accento sul candidato», spiega Daniele Del Gobbo, talent acquisition & employer branding manager Esselunga. «Il secondo è un tema di efficacia. Prima della digitalizzazione avevamo inserito 2.400 persone all’anno, successivamente con la digitalizzazione dei processi abbiamo fatto 3.000 assunzioni nel 2019 e 4.000 nel 2020, aumentando considerevolmente il numero delle candidature analizzate. Grazie all’intelligenza artificiale abbiamo infatti abbattuto le barriere dando la possibilità a tutti di candidarsi, arrivando a gestire fino a 200 mila candidature all’anno, con una maggiore qualità nella scelta. Per dare poi la possibilità di conoscere meglio l’azienda e sopperire a ciò che il digitale non riesce a soddisfare pienamente, abbiamo anche dato vita a un racconto su Linkedin di ciò che avviene in azienda coinvolgendo 40 nostri dipendenti, trasformati in brand ambassador».

Il largo consumo per essere protagonista nella transizione digitale ha quindi necessità di profili adeguati, in particolare giovani. «Senza giovani non si può fare la transizione digitale, ma contemporaneamente bisogna sapere equilibrare i nuovi ingressi, educando il management più anziano ad accoglierli mettendo i giovani in grado di esprimere idee e creatività. Il punto centrale è non tarpare le ali alle idee nuove», conclude Pugliese.

a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab