La trasformazione del retail e l’innovazione sociale
I comportamenti d’acquisto e l’impatto sui modelli di business del retail: non solo innovazione tecnologica, ma nuove sfide anche nell’universo dei valori, verso il consumatore e nelle relazioni tra le imprese nel nome della sostenibilità con il supporto degli standard globali
Il 2020 potrà essere ricordato come l’anno zero per il retail. Oppure l’anno che ha cambiato la direzione del suo sviluppo, della sua evoluzione. Di certo è l’anno del cambiamento profondo nella vita personale e lavorativa delle persone, e quindi anche del loro modo di essere consumatori. Con impatti sul retail, sui brand, sulle strategie di marketing e sull’organizzazione delle città e dei territori, imprevedibili fino a una decina di mesi fa. È naturale che ci si interroghi, come in tutte le epoche di rottura e di cambiamento, su quale sia la strada migliore da percorrere. Un contributo arriva in questo senso dal Retail Transformation Summit de il Sole 24 Ore.
Gli impatti del Covid-19 sul retail
Massimo Curcio, associate partner Kpmg disegna la fase trasformativa per il sistema dei consumi individuando quattro aree chiave di impatto del Covid-19 sulle nostre vite. «L’impatto economico sulle persone in primo luogo: il 35-40% della popolazione è stato pesantemente investito dalle conseguenze della pandemia (perdita di lavoro, cassa integrazione, chiusure di attività, e così via). Per queste persone i retailer dovranno concentrarsi sul rapporto qualità-prezzo. Sul restante 60% meno colpito, rimane sempre importante la capacità dei brand di interpretarne la psicologia.
Vi è poi l’ascesa del digitale che ha generato un atteggiamento esplorativo dei consumatori nei confronti dei canali digitali. Questo nuovo comportamento digitale sarà permanente.
Dalla pandemia emerge anche un’economia dell’integrità con i consumatori alla ricerca di brand sostenibili e la riscoperta delle comunità locali e degli esercizi di prossimità. Infine la casa è diventata il nuovo hub, il centro operativo di ogni esperienza di vita, assorbendo i momenti di intrattenimento, di studio, di lavoro, di acquisto, di socializzazione: nel riprogettare la value proposition i brand dovranno essere consapevoli che i consumatori sono alla ricerca di nuovi momenti di consumo e stili di vita, con un trasferimento in house di molte esperienze in store». Nella prospettiva del consumatore digitale e multicanale, non va però dimenticato che il 60% delle famiglie italiane ha sì accesso a internet (ma non alla banda larga), ma che solo il 22% dei consumatori ha competenze digitali avanzate. E che i nuovi comportamenti di acquisto sono destinati essere irreversibili.
La consapevolezza di questa trasformazione dovrebbe condurre i retailer a mettere a fuoco una nuova proposta di valore che definisca un ruolo importante nei servizi alla persona all’interno della comunità. «I retailer in quanto elemento cardine nelle nostre comunità possono essere uno stimolo all’innovazione supportando l’aggiornamento digitale della società e il radicamento di nuovi stili di vita più sostenibili», conclude Curcio.
Linguaggi standard, non una babele
La sostenibilità e la digitalizzazione sono quindi il percorso del largo consumo nei prossimi anni. Ma sono anche il cuore dell’impegno di GS1 Italy per il prossimo triennio. «Ma la sostenibilità non può esistere senza la standardizzazione dei processi. Il terreno nel quale si muove GS1 Italy – afferma Francesco Pugliese, presidente dell’associazione che raggruppa oltre 35 mila imprese del largo consumo – è l’identificazione chiara e trasparente dei prodotti e dei processi per tutti, attraverso standard tecnologicamente evoluti.
Anche l’Agenda europea contempla questo legame tra la digitalizzazione delle informazioni e la sostenibilità. Se ci riferiamo per esempio all’economia circolare, è abilitata da dati di prodotto e di supply chain standard, strutturati, affidabili, disponibili e scambiabili e il fattore critico di successo è consentire al prodotto di parlare attraverso il packaging. Le informazioni in esso contenute hanno una rilevanza per la connessione tra fisico e virtuale. Come? Con due strumenti come Immagino, per la digitalizzazione delle informazioni contenute in etichetta e Allineo, per rendere univoche tali informazioni tra industria e distribuzione. E renderle trasparenti al consumatore.
Si producono ogni anno centinaia di bilanci di sostenibilità. Ebbene, come GS1 Italy abbiamo sviluppato strumenti di misurazione delle emissioni di CO2 certificati e stiamo lavorando per uno strumento di misurazione dell’economia circolare. Solo misurando si consente chiarezza e trasparenza nei confronti delle persone.
Standardizzare significa avere un linguaggio comune e nell’epoca in cui i dati aumentano la loro importanza è necessario poterli leggere nello stesso modo. La Distribuzione opera in una filiera complessa e ha bisogno di processi più efficaci ed efficienti, non di vivere in una babele di linguaggi»
Consumi polarizzati
La distintività e la sostenibilità delle innovazioni sono al centro delle riflessioni di Alessandro D’Este, presidente IBC (Associazione Industrie Beni di Consumo) e amministratore delegato Ferrero: «Gli italiani sono interessati all’innovazione, che deve essere distintiva per l’azienda ed essere sostenuta attraverso investimenti adeguati, altrimenti l’industria del largo consumo non avrà possibilità di imporsi. Non è più tempo di innovazioni tattiche con dispersione di energie delle imprese produttrici e del retail. Vi è poi un tema di reputazione che deriva dalle scelte di sostenibilità: fare bene all’ambiente e alla società sono elementi fondamentali nel rapporto con i consumatori. Così come lo sono l’ascolto, il rispetto, la personalizzazione della relazione, per arrivare a differenziare maggiormente le promozioni e a renderle più precise. Per evitare di ricadere nel vortice degli investimenti in prezzo e promozioni che ha caratterizzato l’Industria e la Distribuzione nella crisi del 2009-2014».
Dal canto suo Mario Resca, presidente di Confimprese sottolinea che la pandemia ha accelerato omnicanalità e innovazione, ma molte aziende sono ancora impreparate ad affrontare la trasformazione digitale. «La casa si è rivalutata come luogo in cui ci difendiamo dal virus, ma il punto vendita continuerà a essere un luogo di esperienza», dice Resca. Non a caso, di fronte a decine di chiusure di punti vendita periferici, i grandi retailer stanno investendo sui flagship store nelle città più importanti, dove gli strumenti digitali sono al servizio del rafforzamento del rapporto con i clienti.
L’innovazione ancor prima che sul prodotto è infatti nelle relazioni con i consumatori, secondo Marco Pedroni, presidente ADM (Associazione Distribuzione Moderna): «Oggi sta accadendo che la pandemia ha accelerato la polarizzazione dei consumi. Da una parte quelli premium e dall’altra quelli basici. E non è un fatto positivo che una buona parte della popolazione si orienti al prezzo. La segmentazione non può essere solo quella in base al prezzo. C’è la differenziazione nei gusti e negli orientamenti ed è giusto dare risposte più articolate. La Distribuzione ha a disposizione due leve: i prodotti di marca e i prodotti Mdd, che hanno ormai raggiunto un’ampia articolazione di proposte a prezzi convenienti.
La sfida per tutta la filiera alimentare è quindi quella di offrire prodotti accessibili per tutti. Con l’Industria abbiamo da poco siglato un accordo per affermare la legalità e la correttezza delle relazioni e il contrasto a qualunque pratica sleale in tutti gli stadi della filiera. È un campo di collaborazione con tutte le parti della filiera senza cui non si produce vantaggio per i consumatori. L’innovazione non è solo tecnologica, ma è anche quella sociale. All’incertezza dobbiamo rispondere con qualità, sicurezza, convenienza».
Deve cambiare però anche lo storytelling delle aziende. Ne è convinto Enrico Galasso, amministratore delegato Birra Peroni: «Quando non c’è una storia solida da raccontare, si finisce a discutere di prezzo. Le tecnologie come la blockchain ci aiutano a farlo, raccontando la realtà della filiera composta da 1500 agricoltori italiani che coltivano l’orzo e i 150 che coltivano il mais che utilizziamo per Nastro Azzurro. Ma il ruolo della Distribuzione è quello di fare delle scelte: un approccio darwiniano del retail può rendere l’Industria più forte e più innovativa.
Un aspetto rimarcato anche da Massimiliano Silvestri, presidente Lidl Italia, quando ricorda che il patto con il consumatore si basa su fiducia e responsabilità con gli investimenti a supportarle: «Investimenti significa espandere la rete per aumentare le possibilità di lavoro e garantire benessere verso il futuro ma anche, in quanto parte di un gruppo mondiale, poter permettere ad aziende italiane di esportare all’estero. Stiamo parlando di 1,6 miliardi di valore, di cui 400 milioni di ortofrutta verso altri Paesi dove siamo presenti».
La sfida sui temi valoriali
Ecco che la visione del futuro per il retail si sintetizza secondo Francesco Morace, presidente Future concept lab, in quella che definisce social innovation e nelle sue declinazioni.
Figura 1 - Lo scenario della retail transformation
«Nel nuovo mondo che andremo ad abitare, la tecnologia sarà al servizio del calore umano, ci sarà un grande ritorno della dimensione sensoriale da cui una rinascita del negozio fisico. Ma dai grandi retailer ci si attende che siano apripista di ciò che tutti dovranno fare. La catena della fiducia, che si è affermata accanto alla catena del valore, avrà un ruolo importante se collegata con la responsabilità e la reciprocità, come riaffermazione del bene comune. La salute, per esempio, dipende dai comportamenti reciproci. La catena della fiducia, che è condivisione delle regole, è anche una partita dello scambio simbolico con chi si impegna seriamente sulla sostenibilità e chi è in grado di lavorare su protocolli collaborativi, che significa cooperare su progetti offrendo il proprio contributo senza richiedere nulla in cambio. Il retail in questo ambito è un facilitatore, un connettore delle alleanze generazionali in tema di tecnologia, per esempio. Saremo, in sostanza, tutti più sensibili ai temi valoriali», afferma Morace.
a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab