Buon compleanno codice EAN
Era la seconda metà degli anni ’80 e in Nielsen ero l’account di Barilla, ai tempi secondo o terzo cliente dell’azienda in termini di fatturato investito in servizi informativi. Per gli agguerriti brand e product manager realizzavamo report sofisticati, incrociando dati retail, consumer e di investimenti pubblicitari, analisi speciali innovative e studi ad hoc di respiro internazionale sulle potenzialità del mercato europeo per i loro prodotti. Ero così fiero del nostro lavoro, che rimasi molto male quando un dirigente dell’azienda, amico per giunta, mi chiese cosa aspettavamo a lanciare in Italia dei servizi basati sull’utilizzo dei dati scanner. Mi spiegò di essere stato da poco negli Stati Uniti dove aveva assistito alla presentazione di studi condotti da una giovane società, Information Resources, nata nel 1979 con la missione di realizzare modelli di analisi dell’efficacia della pubblicità per i prodotti di largo consumo incrociando la pianificazione media con i dati scanner. Fino ad allora i lettori ottici alle casse li avevo incontrati solo nella mia esperienza settimanale di cliente presso il supermercato di fiducia e non potevo certo ipotizzare che presto sarebbero entrati di prepotenza nella mia vita professionale, proprio grazie al codice ean.
Nei primi anni ’90, invece, dopo che la distribuzione moderna aveva registrato ormai una crescita impetuosa, aprendo ogni anno centinaia di ipermercati, supermercati e discount, lo scenario giustificava il lancio anche in Italia dei primi servizi a base scanner, originati dalla lettura dei codici ean.
Il tracking delle vendite dei prodotti di largo consumo attraverso la lettura dell’ean code, una delle prime applicazioni in chiave marketing, ha consentito di conoscere in tempi brevi l’andamento delle vendite di ogni singola referenza, ovvero le preferenze accordate dalle famiglie a marche, gusti, formati, prezzi, nonché alle operazioni promozionali realizzate da Industria e Distribuzione.
Informazioni che hanno trovato poi applicazioni anche nel campo della logistica integrata e del trade marketing, arricchendo di contenuto oggettivo le relazioni tra Produttori e Distributori.
Per inciso, ricordo ancora i venti e più ragazzi e ragazze neolaureati assunti da IRI in Italia per realizzare il Data Dictionary, la banca dati di tutti i codici ean associati alla descrizione dei loro attributi in chiave marketing, per poter segmentare i mercati secondo le viste ‘strategiche’ delle aziende. Molti di loro, che hanno contribuito a costruire le fondamenta su cui si è basata la rivoluzione del ‘retail tracking’ oggi sono riconosciuti professionisti all’interno della nostra business community.
È anche grazie al loro lavoro e a quello condotto dal corrispondente reparto di Nielsen, che a metà degli anni ’90 ECR Italia ha potuto prendere il via un progetto, patrocinato da Vittorio Zecca e coordinato da Massimo Pignatelli di Bain, per la creazione di un linguaggio comune Industria – Distribuzione, volto a creare uno standard fondato sui processi decisionali delle famiglie utile alla negoziazione tra le parti.
Anche se già ci si lamentava per la crisi economica, il ritorno prepotente dei discount e la minaccia rappresentata dai colossi distributivi internazionali, quello è stato un periodo felice e fertile di innovazioni per il marketing italiano. Come non ricordare, infatti, il lancio delle carte fedeltà, dotate anch’esse di un codice a barre, indispensabile per seguire nel tempo i comportamenti d’acquisto dei clienti, conoscerne meglio i gusti e segmentarli sulla base di questi? Un’altra fonte ricca di informazioni provenienti dai punti di vendita, che ha imposto la realizzazione di banche dati di dimensioni sempre maggiori e l’utilizzo di strumenti di elaborazione e analisi sempre più potenti. Anche se allora non era ancora di moda parlare di ‘big data’. Nasceranno in quegli stessi anni in Inghilterra, per svilupparsi poi in tutto il mondo, aziende di consulenza al servizio delle imprese distributive, evangeliste dell’approccio customer centric, secondo il quale la gestione delle informazioni relative ai comportamenti d’acquisto (sempre i codici ean presenti nel carrello) serve a profilare segmenti diversi di clientela con ricadute su tutti i reparti aziendali e sull’intero retail mix. Alcune di queste società, come Dunnhumby e EYC operano da tempo anche in Italia. Altre sono in procinto d’arrivare.
Intanto, sempre negli Stati Uniti, Catalina Marketing aveva capito che, grazie al passaggio dei codici ean sul lettore ottico, diventava possibile segmentare i clienti e rivolgere loro offerte promozionali mirate in tempo reale, sulla base dei prodotti presenti nel carrello della spesa o addirittura dello storico dei loro acquisti, quando presentavano la carta fedeltà. Un nuovo balzo nel futuro e forse la prima modalità di passaggio diretto, e per certi versi automatico, dall’informazione all’azione di marketing. A ben vedere un’innovazione che ha anticipato di molti anni le applicazioni di crm consentite oggi dallo sviluppo del mondo digitale e dei social media per l’e-commerce ma non solo.
Né va dimenticato che i famosi checkout coupon stampati alle casse, sono dotati essi stessi di un codice a barre (in Italia iniziano con 994 e 995) che serve a riconoscerli quando vengono redenti dai clienti, per misurare efficacia ed efficienza delle promozioni implementate, ma anche per scatenare nuove meccaniche promozionali.
Sempre in Italia, poi, da almeno due anni un codice a barre che inizia con il prefisso 993 è presente su tutti i coupon industriali, comunque siano veicolati, per consentire a Valassis, la società di clearing al servizio di Industria e Distribuzione, di controllarne la validità in tempo reale e l’abbinamento corretto ai prodotti presenti nel carrello, attraverso il match con i relativi codici ean prima di procedere all’autorizzazione dell’utilizzo. È quasi pleonastico ricordare che il prefisso 99 è quello riservato da GS1 al mondo del couponing.
Il codice ean alimenta quindi informazioni per conoscere, influenzare e stimolare i comportamenti dei clienti. Ma non solo. Con Trusted source of data, un’iniziativa di GS1,le imprese oggi mettono al servizio del pubblico una banca dati che contiene informazioni provenienti da fonti certificate relative a un singolo prodotto, o meglio ancora a una singola referenza, identificata attraverso il suo codice ean. Un servizio che definirei strategico in un’epoca in cui le famiglie, attraverso la rete, i computer e, sempre di più, gli strumenti ‘mobile’ e lo showrooming nei punti di vendita desiderano acquisire informazioni in modo autonomo, confrontandole tra di loro per formarsi un’opinione.
Anche il futuro più immediato in materia di customer experience, con le app dedicate allo smartphone per scaricare la lista della spesa, suggerire il percorso ottimale nel punto di vendita, verificare la presenza in stock, abbinare le promozioni e i coupon e fare infine il self-checkout, non possono prescindere da un minimo comun denominatore rappresentato dal caro, vecchio (ma poi non così tanto) codice ean abbinato alla sua descrizione.
Grazie di esistere, allora, codice ean anche a nome di tutti i professionisti del marketing!
A cura di Filippo Genzini