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Crescere grazie alle community

l'opinione di

Stefania Boleso

Negli ultimi tempi, si parla sempre più dell’importanza delle community per le aziende. Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

Una community è un gruppo di individui che condividono interessi, obiettivi, valori e che interagiscono tra loro per supportarsi, scambiarsi informazioni e risorse, o collaborare su progetti e attività. L’appartenenza alla community può durare per sempre, oppure per un periodo di tempo limitato (anche molto ridotto).

Grazie alla passione condivisa, una community è in grado (anche) di intraprendere azioni collettive, che aiutano i membri a vivere esperienze memorabili e costruirsi ricordi indelebili, sia nel mondo fisico che online.



Far parte di una community risponde a un’esigenza comune a ogni essere umano: sentirsi compresi e accolti. Se da un lato, infatti, le persone desiderano differenziarsi e far emergere la propria individualità, allo stesso tempo vogliono sentire di avere interessi e valori che li accomunano ad altre persone, e di far parte di qualcosa di più grande.

Alla luce di quanto detto, è evidente come le community siano particolarmente interessanti per le aziende, e possono essere approcciate in due modi: da un lato, le aziende possono identificare community già esistenti e cercare di inserirsi in maniera credibile. Riuscire a far adottare un brand dai membri di una community presenta numerosi vantaggi: le community, infatti, hanno un maggiore potenziale di brand building rispetto ad altre forme di comunicazione; il brand non viene scelto solo per il beneficio funzionale del prodotto, ma per ciò che esso rappresenta, diventando un’espressione del sé e, in alcuni casi, persino mitizzato.

I membri di una community spesso non sono clienti comuni, ma fan, ambassador, advocate del brand. Sono persone fedeli, disposte a spendere di più e mettere in moto il passaparola. In questo modo, possono contribuire significativamente ad accrescere l’equity, ovvero il valore della marca.

Oltre a identificare community già esistenti e interessanti, le aziende possono creare nuove community, le cosiddette Brand Community (BC). Creare una nuova community è più difficile, richiede tanto tempo, mentre le aziende hanno spesso obiettivi di breve periodo, e anche investimenti importanti: secondo un articolo di Harvard Business Review, per un grosso brand si tratta di cifre che oscillano tra i 500 milae i 10 milioni di USD l’anno.

Tuttavia, i vantaggi di creare una Brand Community sono considerevoli. Innanzitutto supporto in termini di customer service: sempre la ricerca di HBR mostra che utilizzare i membri della community per rispondere alle domande consente un risparmio del 72%. Inoltre, si tratta di un modo per l’azienda di raccogliere continui insight sul proprio pubblico e di rispondere in maniera tempestiva ad eventuali critiche, prima che possano danneggiare la reputazione aziendale. Un esempio eccellente di Brand Community è il Rapha Cycling Club, creato dal brand di abbigliamento da ciclismo Rapha nel 2015 intorno alla passione per il ciclismo su strada.

Ma se un’azienda volesse approcciare il mondo delle community, da dove dovrebbe partire? Il consiglio è sempre lo stesso: mettersi in ascolto.

Iniziare da ciò che già esiste, come le pagine aziendali sui social network, dove i follower sono spesso persone realmente interessate all’azienda e desiderose di interagire con il brand e con altri fan. Oppure individuare gruppi già attivi su temi affini ai propri valori e al proprio posizionamento di marca.

Se, come sosteneva il Cluetrain Manifesto, i mercati sono conversazioni, quale luogo migliore per iniziare a coltivare queste conversazioni se non i social? Da lì, capire poi cosa si può costruire, che tipo di relazione poter instaurare con i membri della community e quale è il luogo migliore per farlo.

Stefania Boleso - esperta di marketing e comunicazione, si occupa di consulenza e formazione per aziende. È inoltre professore a contratto presso l’Università Cattolica.


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