Non è più solo una questione etica, ma di sopravvivenza economica. Se il degrado del suolo e la perdita di servizi ecosistemici continueranno ai ritmi attuali, entro il 2050 potremmo assistere a una contrazione del 10% del Pil mondiale. È questo il dato allarmante, stimato dall'Ocse e rilanciato durante il convegno “La sostenibilità tra cibo benessere e territori” all’interno dell'evento "L’Economia del Futuro" del Corriere della Sera, in cui si è riflettuto su come si costruisce un domani sostenibile.
Ragionando attorno a parole chiave come alimentazione, imprese, innovazione, territori, biodiversità, il convegno ha tracciato una linea netta tra la narrazione di “marketing" e la necessità di competenze e di adottare una nuova metrica per raggiungere gli obiettivi che i grandi del mondo hanno siglato in materia di sostenibilità.
Tutela della biodiversità, l’impegno delle imprese
Uno studio, promosso da UN Global Compact Network Italia in collaborazione con The European House Ambrosetti, finalizzato a capire quanto la biodiversità sia importante nella ricerca per il settore privato, fotografa l’impegno delle imprese italiane nel contrasto ai cambiamenti climatici a partire dalla tutela del capitale naturale. L’analisi rivela che il 77% delle imprese identifica il cambiamento climatico come principale fattore di degrado degli ecosistemi, mentre l’82% riconosce il valore strategico delle nature-based solution (soluzioni basate sulla natura, ndr) per mitigare le emissioni e favorire la resilienza ambientale. La metà delle grandi aziende ha già attuato misure concrete, la percentuale scende al 44% per le medie e al 29% per le piccole. Infine quattro aziende su cinque prevedono di rafforzare il proprio impegno.
UN Global Compact Network Italia raggruppa 700 imprese e impegnate nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.
«Rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 solo il 38% delle imprese italiane è considerato “on track” (sulla buona strada, ndr). Per accelerare servono due leve: la regolamentazione normativa e l'innovazione. Ma soprattutto, serve un cambio di mentalità nel business: le aziende sostenibili oggi cercano di dimostrare di essere dei business case, provando che la sostenibilità ha portato una reale crescita economica» ha affermato Filippo Bettini, Presidente di UN Global Compact Network Italia.
Il "paradosso texano", cambiare la narrazione
Se gli obiettivi climatici faticano a essere raggiunti, forse il problema sta anche nel modo in cui vengono comunicati. È la provocazione lanciata da Mattia Battagion, Director of business development WRÅD/IO FTH e Senior sustainability advisor di Inside Out, che ha suggerito di abbandonare l'ossessione per le metriche pure (temperature ed emissioni), spesso percepite come distanti dai bisogni primari, per puntare sulla parola “benessere”. Battagion ha citato come caso emblematico, che dimostra la veridicità di quanto affermato, il "paradosso texano":
«Il Texas, abitualmente associato alla produzione petrolifera, è oggi il primo stato statunitense per l'installazione di rinnovabili. Non lo fanno per ideologia ecologista, ma per profitto. Se gli interventi sostenibili fossero legati a obiettivi più vicini alle persone, come la salute e la prosperità economica, ci sarebbe una maggiore adesione e le azioni messe in campo aiuterebbero a contrastare anche il cambiamento climatico», ha detto Mattia Battagion.
La sostenibilità deve quindi essere percepita come conveniente.
La sfida dell'alimentazione del pianeta, competenza contro marketing
Le tecnologie per implementare la sostenibilità ci sono. Paolo Barilla, Presidente di Unione Italiana Food, ha ricordato che nutrire otto miliardi di persone non è solo una questione di volumi, ma soprattutto un problema di distribuzione del cibo e di ottimizzazione della produzione.
«Oggi abbiamo un vantaggio di analisi che un tempo non c’era, conosciamo meglio terreni, semi e filiere, quindi le competenze ci sono», ha detto Paolo Barilla, lanciando però un monito contro la superficialità. «Negli ultimi anni si è spinto troppo sul racconto di marketing. Chi gestisce l'abbondanza spesso alimenta l'indulgenza dei consumatori invece di descrivere i prodotti per ciò che sono. Per un'alimentazione sostenibile, l'Industria deve tornare a essere uno snodo di competenza, non solo di vendita».
Il supporto tecnologico, dal gemello digitale alla mobilità
A chiudere il cerchio della costruzione di un futuro sostenibile è l'innovazione, il vero motore abilitante. Gianmario Verona, Professore di management dell’Università Bocconi, ha definito l'epoca attuale come:
«il momento storico dell’innovazione, figlia del miglioramento tecnologico, che ci permette di conoscere meglio la materia, il corpo umano e i fenomeni in genere. In tale contesto una delle innovazioni più dirompenti è l’intelligenza artificiale. I gemelli digitali stanno rivoluzionando il nostro modo di apprendere e rappresentano un aiuto rilevante per le imprese per la prevenzione dei problemi attraverso prototipi virtuali».
La tecnologia però da sola non basta, bisogna darle modo di essere applicata. Su questo hanno concordato Salvatore Bonaccorso, Head of open innovation di Fincantieri, e Gianmarco Montanari, Direttore del Centro nazionale per la mobilità sostenibile di Most. Se per Fincantieri la differenza la farà «chi saprà far accadere la tecnologia tramite l'open innovation», per il settore mobilità la sfida è normativa. «Le tecnologie per la guida autonoma e connessa ci sono, ma per renderle accessibili e sicure servono supporto normativo e un addestramento dei consumatori» ha spiegato Gianmarco Montanari.