\r\n\r\n
Luciano Canova L’opinione di Luciano Canova

Mare calmo apparente: la povertà che sembra ferma ma cambia corrente

I dati sulla povertà in Italia presentati da Istat

Economia e consumi Largo consumo

La superficie è piatta, il vento quasi non si sente: guardi il mare e pensi che sia tutto sotto controllo. E invece, sotto, le correnti corrono. La fotografia Istat (Istituto nazionale di statistica) del 2024 ci dice che la povertà assoluta è stabile: riguarda 2,2 milioni di famiglie (8,4%) e 5,7 milioni di persone (9,8%). Ma la calma apparente inganna: per capire dove andiamo, dobbiamo leggere le correnti, non solo l’onda.

Cosa significa entrare in acqua con la bussola giusta? Che non basta il numero unico.

La povertà è dinamica e multidimensionale: cambia con l’età, la geografia, la struttura familiare, il lavoro.

Nel Mezzogiorno l’incidenza tra le famiglie è più alta (10,5%) e nelle Isole cresce tra gli individui (13,4%). Tra i minori resta elevata: 13,8%, il valore più alto dal 2014. E nelle famiglie numerose l’onda è più forte: 21,2% tra i nuclei con cinque o più componenti.

C’è anche la profondità del disagio: l’intensità della povertà assoluta (quanto “sotto” la soglia cadono i poveri) è al 18,4% a livello nazionale; nel Mezzogiorno sale al 18,5% (dal 17,8%). È il segnale che, pur senza aumentare di numero, molte famiglie faticano di più a risalire.

Leggere la complessità vuol dire anche misurare il rischio di povertà, non solo chi è già oltre la linea. Se allarghiamo lo zoom, vediamo i “quasi poveri”: famiglie appena sotto o appena sopra la soglia. Nel 2024 le famiglie “sicuramente povere” sono il 4,9% e le “appena povere” il 6,0%: uno spazio stretto dove basta un’onda (un affitto che sale, un contratto che si interrompe) per scivolare giù.

Anche il luogo conta: nei comuni piccoli non periferici l’incidenza è più alta (8,9%); ma nel Mezzogiorno e al Nord sono i comuni di area metropolitana a segnare i picchi. E conta la forma della famiglia: monogenitori all’11,8%, coppie con tre o più figli al 19,4%. Lo stesso vale per la cittadinanza: le famiglie composte soltanto da stranieri toccano il 35,2%, contro il 6,2% di quelle di soli italiani. Non è una mappa unica: è un arcipelago di vulnerabilità diverse.

Eppure, in questa navigazione c’è una vela che aiuta davvero: l’istruzione.

Figura 1 - Povertà assoluta familiare per titolo di studio (2023-2024)

Figura1_PovertàItalia
Fonte: rielaborazione dell'autore su dati Istat

Il grafico con elaborazione dai dati Istat mostra chiaramente che dove cresce il titolo di studio, la povertà arretra. Se la persona di riferimento ha almeno il diploma, l’incidenza è attorno al 4,2%; triplica (12,8%) con la sola licenza media e sale al 14,4% con al massimo la licenza elementare o nessun titolo.

L’istruzione è un moltiplicatore di opportunità: apre lavori migliori, rende più robuste le scelte, riduce la vulnerabilità agli shock.

Per questo, dire “la povertà è stabile” non basta più. Serve un cruscotto che tenga insieme dinamiche diverse: età (minori esposti), territorio (Nord, Centro, Sud e Isole con traiettorie non sovrapponibili), tipologia familiare (più figli, più rischio), condizioni abitative (l’affitto pesa), cittadinanza. E serve guardare i passaggi di stato: chi entra e chi esce dalla povertà, quanto a lungo ci resta, quali soglie trasformano una vulnerabilità in caduta. Solo così le politiche diventano mirate e tempestive.

Il messaggio, allora, è attivo e non difensivo: non limitiamoci a galleggiare. Se mettiamo l’istruzione al centro (dall’asilo all’università, fino alla riqualificazione degli adulti) riduciamo l’esposizione alle onde e allarghiamo il margine di manovra. La povertà del 2024 sembra ferma, ma la corrente cambia chi colpisce e quanto forte. Con la vela giusta, si può virare. E trasformare il mare calmo apparente in una rotta.

Condividi

Potrebbe interessarti