Il B2B digital commerce italiano continua a crescere, ma la distanza dai principali paesi europei resta ampia.
Secondo i dati dell’Osservatorio B2B Digital Commerce & Experience della School of Management del Politecnico di Milano, presentati nel convegno “B2B Digital Commerce & Experience: connettere dati, costruire relazioni”, il valore delle transazioni digitali nelle filiere di prodotto ha raggiunto nel 2024 i 278 miliardi di euro, in aumento del 5% rispetto al 2023.
Un risultato sicuramente positivo, in termini assoluti, ma che rappresenta solo il 22% del totale delle transazioni business-to-business (B2B), una quota ancora lontana da quella registrata in altri paesi europei come Germania, Francia o Regno Unito.
E la riprova del ritardo del nostro paese rispetto ai suoi omologhi la ritroviamo anche nell’analisi dei capisaldi tecnologici che supportano il B2B digital commerce italiano. Si parla ancora soprattutto di EDI (Electronic Data Interchange), utilizzato dal 25% delle imprese, e di soluzioni web-based – come e-shop ed extranet – adottate dal 16%. I marketplace B2B sono invece ancora poco presenti (9%), confermando un ritardo culturale e strutturale nell’apertura a piattaforme collaborative.
Figura 1 - Il digital commerce B2B italiano di prodotto e l'incidenza sul transato
Un viaggio alla scoperta dell’EDI
E degli standard GS1 per lo scambio elettronico dei documenti commerciali
Il digitale come leva di relazione
Il percorso trasformativo, tuttavia, è iniziato e anche in Italia il digital commerce B2B sta evolvendo da semplice canale transazionale a snodo strategico per la collaborazione e la condivisione di informazioni tra aziende.
Per meglio comprendere quale sia l’iter di questa trasformazione, nel corso del convegno è stato presentato un maturity model (processo di autovalutazione che può essere applicato a una azienda per rilevare la maturità di insediamento dei processi di data quality e di data governance, ndr) che misura la reale centralità del cliente nelle strategie aziendali, prendendo in esame quattro dimensioni chiave:
- Strategia e organizzazione.
- Competenze e cultura aziendale.
- Conoscenza del cliente.
- Gestione della relazione.
Dall’analisi del cluster emerge come solo una minoranza di imprese riesce oggi a presidiare in modo equilibrato tutte queste aree. Il gruppo più maturo, definito “Strategic deployer”, rappresenta appena il 14% delle grandi aziende: si tratta di realtà che adottano un approccio strutturato e basato sui dati, raccolgono feedback in modo sistematico e personalizzano l’esperienza del cliente con strumenti evoluti.
La maggioranza, invece, si trova ancora nelle fasi intermedie o iniziali del percorso:
- Il 33% è classificato come “Explorer”, aziende che hanno consapevolezza del valore della customer experience ma non dispongono ancora di strumenti e processi consolidati;
- il 39% come “Experimenter”, che ha avviato alcune iniziative — come la creazione di una funzione dedicata o l’introduzione di CRM e piattaforme dati — ma in modo ancora parziale e non integrato.
Tra le PMI il divario è ancora più evidente: oltre due terzi (68%) sono nella fase iniziale e solo il 3% può essere considerato realmente maturo.
«La maturità digitale nel B2B non è solo questione di tecnologia: richiede un cambiamento culturale e organizzativo, la collaborazione strutturata con clienti e partner e la capacità di integrare i dati per prendere decisioni basate sull’evidenza» ha spiegato Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio B2b Digital Commerce & Experience.
Buyer più digitali, ma non ancora convinti
Uno dei passaggi più interessanti della ricerca riguarda il punto di vista dei buyer B2B, analizzato attraverso un campione di 225 responsabili acquisti di medie e grandi aziende.
La ricerca li ha classificati secondo quattro profili distinti:
- Traditional gatekeeper (16%), ancora ancorati ai canali tradizionali.
- Digital reluctant (25%), che usano il digitale con cautela.
- Pragmatic adopter (37%), che alternano approcci fisici e digitali.
- Digital enthusiast (22%), pienamente a loro agio con gli strumenti online.
La maggioranza dei buyer (59%) utilizza già canali digitali insieme a quelli tradizionali, riconoscendone i vantaggi in termini di rapidità e varietà dell’offerta. Tuttavia, il 28% delle aziende fornitrici segnala resistenze interne nelle reti commerciali, spesso dovute alla paura di perdere il controllo sul cliente o al timore di essere “sostituite” dalle piattaforme.
Dati e AI: gli abilitatori della customer experience
Del resto, dalla ricerca emerge anche chiaramente come la conoscenza del cliente sia di fatto l’anello debole della catena. Solo il 46% delle grandi aziende dispone di un sistema CRM e appena il 18% effettua controlli regolari sulla qualità dei dati.
Il 65% non raccoglie in modo sistematico i feedback dei clienti, il 27% non svolge alcuna analisi sui dati e solo l’8% ha già introdotto logiche predittive o prescrittive.
Secondo Sara Zagaria, direttrice dell’Osservatorio, «i dati sono la chiave per trasformare il B2B digital commerce in leva relazionale, ma servono standard condivisi, interoperabilità e una vera cultura data-driven».
E non a caso, l’intelligenza artificiale comincia a entrare in questo scenario, anche se in modo ancora sperimentale: la quota di grandi imprese che ha avviato progetti di AI per la customer experience è passata dall’8% al 14% in un anno. Le applicazioni più diffuse riguardano la generazione automatica di descrizioni di prodotto (27%), l’ottimizzazione dei contenuti (22%) e le traduzioni multilingue (18%).
Ma il futuro, secondo i ricercatori del Politecnico, è già scritto: più della metà delle aziende che utilizzano l’AI (51%) prevede di applicarla a soluzioni di automazione e classificazione delle richieste di assistenza, mentre un terzo (33%) esplorerà i chatbot basati su AI generativa, aprendo nuovi canali di comunicazione e supporto nel rapporto con i clienti.
Figura 2 - Modalità di utilizzo da parte delle di soluzioni AI per la customer experience
Verso un ecosistema ibrido e relazionale
Come ha sottolineato Paola Olivares, direttrice dell’Osservatorio, «il B2B digital commerce si sta consolidando all’interno di modelli ibridi in cui digitale e relazione diretta, se opportunamente integrati, generano valore lungo tutta la filiera».
La customer experience diventa così il fattore abilitante per anticipare le esigenze dei buyer e consolidare la fiducia.
E proprio nella connessione tra dati, processi e persone si gioca oggi la vera partita competitiva delle imprese italiane, chiamate a colmare non solo un gap tecnologico, ma soprattutto culturale.
