
I freschissimi sono un fattore di notevole influenza per la scelta del punto vendita in cui fare la spesa. Un dato di fatto emerso chiaramente nel corso dell’evento “I Freschissimi: consumi, canali e relazioni di filiera” organizzato da Retail Institute, durante il quale si è discusso delle nuove tendenze delle abitudini di consumo nel nostro paese e degli atteggiamenti degli shopper verso i diversi canali di acquisto.
Anni d’oro per il fresco
Analizzando gli ultimi dieci anni, emerge un quadro positivo per il mondo del fresco: la GDO in Italia ha registrato una crescita significativa in quest'ambito, che in questo arco di tempo si è ampliato di oltre 30 punti percentuali. «Un segnale che racconta non solo un cambiamento quantitativo, ma anche qualitativo», fa notare Romolo De Camillis, retailer director di NielsenIQ.
A incidere positivamente sulle performance sono stati, in parte, anche i prezzi, cresciuti di circa 25 punti percentuali. Ma anche i volumi hanno segnato un incremento rilevante, tanto che il segmento dei freschi in GDO sta assumendo un ruolo sempre più centrale.
Nei discount la sua incidenza si avvicina sempre più a quella dei supermercati, e si prevede che nei prossimi mesi il segmento possa registrare un’ulteriore accelerazione.
«I reparti freschi rappresentano leve cruciali di fidelizzazione. Lo dimostra il fatto che le insegne che stanno crescendo di più sono quelle che stanno investendo sul fresco», sottolinea De Camillis.
L’ortofrutta è la categoria che mostra le crescite più rilevanti tra i freschissimi, soprattutto a volume. «Un dato importante – osserva De Camillis – che arriva dopo anni di preoccupazione per il calo dei consumi nelle famiglie italiane. Il risultato è frutto dell’impegno delle aziende, che hanno colto l’opportunità, e la necessità, di rivedere i prezzi, rendendo l’ortofrutta accessibile anche ai nuclei a basso reddito».
Il valore della prossimità
Gian Luca Padovan, coo & co founder di Geo Marketing, nel suo intervento ha evidenziato che il 50% della spesa alimentare delle famiglie italiane è rappresentata da carne, pesce, frutta e verdura. Un mercato che negli ultimi dieci anni è passato da un valore di 79 a 87 miliardi di euro (+10%). Di questi, però, buona parte vengono spesi al di fuori della GDO.
Lombardia | 8,15 miliardi di euro |
Campania | 7,87 miliardi di euro |
Sicilia | 6,66 miliardi di euro |
Lazio | 6,41 miliardi di euro |
Puglia | 4,72 miliardi di euro |
Veneto | 4,42 miliardi di euro |
Fonte: GEO Marketing - 2025
Le spese medie per famiglia, invece, ammontano a 3.334 euro.
Campania | 3.540 euro | |
Sicilia | 3.251 euro | |
Calabria | 3.220 euro | |
Basilicata | 3.032 euro | |
Molise | 2.980 euro | |
Puglia | 2.926 euro |
Fonte: GEO Marketing - 2025
Secondo l’indagine Confcommercio-Swg nove persone su dieci scelgono il quartiere in cui vivere in base alla presenza di esercizi di prossimità.
I dati dimostrano, quindi, che oggi conviene investire in piccole superfici di vendita, soprattutto se si analizza la composizione della popolazione italiana. «Negli ultimi venti anni gli over 75 sono arrivati a rappresentare il 13% della popolazione, passando da 5,2 milioni del 2005 a 7,5 milioni nel 2025. Oggi la popolazione più numerosa è quella tra i 55-60 anni (4,83 milioni). Nel 2050 lo sarà quella 75-79. La popolazione, quindi, invecchia e cercherà negozi più vicini», afferma Padovan.
Poca responsabilità verso la sostenibilità
Il Monitor EngageMinds dell’EngageMinds Hub Research Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha individuato quattro profili di consumatore, basate sulle modalità di relazione con il cibo: regolare le proprie emozioni, cercare affermazione sociale, esprimere la propria identità e valore, stringere legami. Il monitor ha indagato anche un alto aspetto: l’eco-ansia, il livello di ansia percepito e dichiarato dai consumatori nei confronti del cambiamento climatico, della crisi ambientale e dei temi legati alla sostenibilità.
Tra questi, i consumatori con alto livello di eco-ansia scelgono più il mercato, il fruttivendolo, o il contadino.
Supermercato o ipermercato | 76% | |
Mercato di strada locale | 29% | |
Fruttivendolo | 27% | |
Contadino o piccole aziende agricole | 16% | |
Siti web | 4% |
Fonte: EngageMinds Hub Research Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore "Monitor EngageMinds" 2025
Invece la principale ragione per cui gli italiani comprano cibo è “per regalare emozioni”.
Stagionalità del prodotto | 85% | |
L’origine del prodotto | 78% | |
Le sue proprietà nutritive | 78% | |
Il suo uso in cucina | 75% | |
Il metodo di coltivazione | 60% | |
La tipologia di packaging | 43% |
Fonte: EngageMinds Hub Research Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore "Monitor EngageMinds" 2025
«Il tema del packaging emerge come uno dei principali fattori di eco-ansia: un consumatore su cinque dichiara di sentirsi condizionato dall’impatto ambientale degli imballaggi» fa notare Michele Paleologo, Phd – consultant researcher dell’EngageMinds Hub Research Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. «Tra i più giovani, invece, si registra un calo nell’intenzione di acquistare prodotti di stagione, probabilmente perché le nuove generazioni sono cresciute in un contesto dove la stagionalità è meno percepita come valore. Invece, chi utilizza il cibo come forma di espressione personale tende a considerare con maggiore cura la stagionalità, legandola a uno stile di vita sostenibile. Resta però un dato significativo: solo un italiano su dieci è realmente convinto che le proprie abitudini alimentari possano avere un impatto concreto sulla sostenibilità».