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Life in GS1 Italy

Il talento di un artista al servizio di GS1 Italy

«Marco Cuppini ha la sensibilità di chi sa cogliere gli istanti, le persone e le idee» dice Bruno Aceto

Marco Cuppini GS1 Italy

Sono entrati in azienda insieme («anche se lui non manca mai di precisare che è arrivato quindici giorni prima di me») e da allora, fianco a fianco, hanno fatto crescere GS1 Italy: sono parole di affetto e riconoscenza quelle che il direttore generale Bruno Aceto dedica al nostro research and communication director, Marco Cuppini, l’altro tassello di un tridente d’attacco che si completava con Massimo Bolchini - ex standard development director, andato in pensione due anni fa - e che tanto ha contribuito a costruire GS1 Italy per come la conosciamo.

Oggi che anche Marco sta per andare in pensione, il pensiero di Bruno spazia fra attestati di stima, riconoscimenti e aneddoti («dovreste chiederli a lui, però, che è più bravo a ricordarli») che testimoniano un legame che va oltre un semplice rapporto fra colleghi. Come quella volta a Riga.

Anni fa, quando il direttore generale era ancora Alvaro Fusetti, siamo andati in Lettonia. Massimo ci ha raggiunti in un secondo momento e così siamo andati a prenderlo in aeroporto: avevamo comprato due colbacchi e sembravamo Totò e Peppino nella famosa scena alla stazione Centrale di Milano. Massimo ha fatto finta di non conoscerci.

Immaginazione, ironia e leggerezza (quella che plana dall’alto, come dal Calvino de Le lezioni americane): gli ingredienti di un sodalizio che, con determinazione e competenza, ha plasmato i processi organizzativi come i percorsi professionali. La svolta, per Marco, avviene con il trasferimento dell’allora Indicod-Ecr nella nuova sede milanese di via Paleocapa, quando accetta di diventare responsabile di tutta l’area della comunicazione: un ruolo ampio, una sfida importante, ingombrante, che lui ha raccolto e vinto.

Due caratteristiche, sopra le altre, vengono sottolineate: la curiosità e la visione d’insieme. Una curiosità da pioniere, che in GS1 Italy ha significato non avere paura di osare. Anzi, al contrario: desiderarlo. La curiosità come spinta ad andare oltre, a mettere nel lavoro l’entusiasmo dell’esploratore. Attitudine non scontata ma tangibile, che ha trovato concretezza nel susseguirsi di piani triennali via via più ambiziosi e proiettati nel futuro.

Marco capisce il valore di GS1 Italy e del suo potenziale, il valore di quello che facciamo, e ha saputo portare quel valore fuori, verso l’esterno, e mostrarlo agli stakeholder: ne abbiamo beneficiato tutti.

Una persona riflessiva e generosa, che ha impresso al proprio lavoro e al lavoro dell’area uno stile che è diventato riconoscibile, un marchio di fabbrica, e che ha trovato compimento tanto negli eventi quanto nelle pubblicazioni e nelle ricerche (Osservatorio Immagino ne è l’esempio più scintillante): quello che GS1 Italy comunica, e il modo in cui lo comunica, ha la sua impronta. Un’impronta che è un’eredità e che rimane.

Marco è riuscito infatti a costruire attorno a sé un team in grado di assorbire il suo stile e rielaborarlo. Un team a sua immagine, spronato a cercare sempre l’efficacia nella bellezza, l’estetica nella concretezza. Un team a cui è stato insegnato a camminare sulle proprie gambe: noi, che di questo team siamo parte, lo faremo e raccoglieremo questo testimone, anche se il vuoto - professionale e umano - oggi innegabilmente ci disorienta.

Marco ha scelto la sua squadra con l’acume di chi sa capire l’essenza di ciò che gli sta di fronte. Una capacità che lo ha accompagnato sul lavoro come al di fuori, permettendogli di circondarsi di amici e di affetti con cui coltivare le proprie passioni. Passioni che chiamano ancora in causa Bruno e Massimo, come quella per le automobili o quella per la fotografia, per la Pentax MX - rigorosamente manuale. Stessa dedizione, stessa maniacalità, ma stili diversi.

Al contrario di me, lui non è fissato con l’hardware, con la componentistica: io apprezzo i meccanismi, i motori, ci metto le mani, smonto e rimonto. Marco ha il dono dell’istinto: coglie l’attimo per scattare, ha l’occhio per il taglio, così come allo stesso modo percepisce la strada. Ha il talento degli artisti. Capisce la scena che sta guardando come capisce l’automobile che sta guidando e le persone che ha davanti: al volo, gli basta una sensazione.

L’estro, dunque. La curiosità di chi allarga l’orizzonte. L’abilità di cogliere. I dettagli, gli istanti, le idee. L’edonismo che serve per gustare appieno i piccoli e grandi piaceri della vita - il viaggio, la buona cucina, la musica. E una certa stravaganza, anche, che negli artisti non manca mai.

Lo prendevamo in giro perché sceglieva puntualmente le auto aziendali più strane: ricordo in particolare una Renault Avantime, che in Italia avrà venduto quattro esemplari, credo, ma che rappresentava perfettamente il suo spirito fuori dagli schemi.

Ci ha confidato che il futuro non lo spaventa ma noi lo sapevamo già. Non è tipo da annoiarsi, Marco Cuppini. Lo ritroveremo in qualche istantanea esotica - invidiandolo molto - o al volante di un bolide d’epoca. Gareggia e vince, Marco, perché sussurra all’asfalto e perché sua moglie Elisabetta è un partner formidabile: l’ingrediente nemmeno troppo segreto di un grande successo. Si è anche dato al golf, di recente, e pare che se la cavi: anche quella è una passione di famiglia e non può essere un caso. Costruire legami attraverso cui perseguire passatempi e sfide comuni è un’altra dimostrazione del suo talento di fiutare le affinità, di valorizzarle, e di realizzare se stesso insieme agli altri.

In bocca al lupo, Marco, e grazie davvero di tutto!

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