
La digitalizzazione del sistema sanitario italiano è ormai una priorità. Se in questi anni passi importanti sono già stati fatti grazie agli investimenti (2,47 milioni di euro nel 2024, +12% rispetto al 2023) e all’attuazione delle misure previste dal PNRR - Piano nazionale ripresa resilienza - (15,62 miliardi di finanziamenti totali), ora è necessaria un’accelerazione tecnologica. È questo, in sintesi, il messaggio emerso nel corso della presentazione della diciottesima edizione dell’Osservatorio Sanità Digitale degli Osservatori del Politecnico di Milano, di cui GS1 Italy è sponsor, che ha analizzato lo status attuale del settore, il ruolo dei dati, della cartella clinica elettronica (CCE) e del fascicolo sanitario elettronico (FSE), oltre al ruolo della telemedicina e dell’intelligenza artificiale, tra presente e nuove sfide.
Medico e farmacie, due punti di riferimento
Secondo l’indagine che ha coinvolto un campione di mille cittadini e 299 pazienti, il medico curante rimane il punto di riferimento principale per chiedere informazioni, ma il farmacista si identifica sempre più come una fonte affidabile e vicina. L’importanza di internet nella ricerca di informazione cresce:
- Il 26% dei cittadini e il 36% dei pazienti usa Google o altri motori di ricerca generici.
- Il 19% dei cittadini e il 22% dei pazienti consulta siti web dedicati alla salute.
- Il 16% dei cittadini e il 47% dei pazienti si rivolge e siti web istituzionali.
- Il 6% dei cittadini e il 31% dei pazienti accede a siti web e social delle associazioni dei pazienti.
Per quanto riguarda i chatbot basati su AI (artificial intelligence - intelligenza artificiale, ndr), uno su tre li ha già utilizzati (+9% vs 2024). Nello specifico, l’11% dei cittadini e il 17% dei pazienti lo ha fatto in ambito salute per la rapidità di acceso delle informazioni, per la facilità d’uso, per poter confrontare diverse fonti.
Il 41% dei cittadini ha utilizzato il fascicolo sanitario elettronico, il 60% ha dato il consenso al trattamento dei dati e un ulteriore 25% si dice disposto a farlo per avere una visione completa e aggiornata della propria storia clinica (46%).
Sei cittadini su dieci utilizzano Whatsapp per comunicare con il medico, ma l’uso non controllato di questi strumenti porta lo specialista a dedicare circa un ora al giorno alla gestione della comunicazione con il paziente. L’Osservatorio ha stimato che l’utilizzo strutturato degli strumenti di comunicazione dedicati permetterebbe di recuperare complessivamente oltre una settimana lavorativa all’anno per ciascun medico.
Telemedicina, si può fare di più
L’Osservatorio ha indagato anche l’utilizzo degli strumenti di telemedicina. I pazienti con patologie croniche ne fanno un uso molto limitato, ma otto su dieci sarebbero interessati a usarli in futuro, anche se, al momento, permane un disallineamento tra domanda e offerta ancora poco matura. Tra i medici, invece, è il 36% degli specialisti a fronte del 52% dei medici di famiglia a usare la telemedicina.
Nelle 72 strutture sanitarie analizzate dall’Osservatorio, nel 38% le televisite rappresentano meno dell’1% delle prestazioni totali. Nel 47% delle strutture non sono presenti né previsti ruoli dedicati alla gestione tecnologica. Eppure, per i pazienti la telemedicina ridurrebbe spostamenti non necessari (82%), garantirebbe maggiore rapidità nello scambio dei dati e documenti (75%), consentirebbe un ruolo più attivo nella gestione della propria salute (56%).
Figura 1 - La maturità dei servizi di telemedicina

Cresce l’uso di CCE e FSE
La cartella clinica elettronica, attualmente, è presente nell’85% delle strutture sanitarie (+13%), ma solo nella metà dei casi si tratta di una soluzione diffusa in tutti i reparti. Il dato positivo è che il 10% prevede la sua introduzione nel 2025: un incremento che porterà alla copertura totale.
A fronte di un investimento di 1,3 miliardi di euro del PNRR destinato al fascicolo sanitario elettronico, attualmente, è presente nel 51% delle aziende e viene utilizzato per caricare:
- Referti di laboratorio (92%).
- Referti di radiologia (89%).
- Verbali del pronto soccorso (83%).
L’obiettivo, entro dicembre 2025 è aumentare il numero di medici di famiglia in grado di utilizzare regolarmente il FSE e il numero di documenti digitalizzati nella CCE. Entro giugno 2026, invece, bisognerà completare il sistema della tessera sanitaria, progettare l’infrastruttura per l’interoperabilità del FSE e far sì che sia adottato in tutte le regioni.
Ruolo centrale per la GenAI
La GenAI (Generative Artificial Intelligence - intelligenza artificiale generativa) assume un ruolo sempre più rilevante anche in ambito medico. La utilizza il 46% dei medici di famiglia, il 26% dei medici specialisti e il 19% degli infermieri. Oltre il 90% ha utilizzato piattaforme generaliste, ma meno di uno su cinque ha utilizzato piattaforme dedicate all’uso sanitario.
Nei prossimi cinque anni, la GenAI sarà utilizzata per:
- La ricerca di informazioni scientifiche (47%).
- La generazione di documenti di sintesi (41).
- Il supporto alla produzione di referti o documentazione (29%).
- Il supporto alle decisioni sulla prevenzione (21%).
- L’elaborazione di piani di cura personalizzati (21%).
- Il supporto al triage (17%).
In particolare, per la generazione di documenti di sintesi l’Osservatorio ha stimato che l’adozione della GenAI potrebbe portare un medico a risparmiare mediamente circa due giornate l’anno.
Figura 2 - Intelligenza Artificiale in sanità: quali benefici per i professionisti sanitari?

Il punto di vista dei pazienti sull'AI
Ma qual è il punto di vista dei pazienti sull’uso dell’AI in sanità?
Il 50% crede che, se usata con prudenza, possa portare più benefici che rischi; il 36% pensa possa aiutare il medico nel prendere decisioni più precise e rapide; il 31% sarebbe tranquillo nel sapere che il medico utilizza l’AI a supporto del suo lavoro. Di contro, il 47% teme che l’AI possa ridurre il rapporto umano tra medio e paziente; il 29% ha paura che l’AI possa sostituire il medico; il 25% è preoccupato per la protezione dei dati personali.