
L’Italia è il primo paese europeo per export agroalimentare negli Stati Uniti, per un valore di 7,8 miliardi di euro, seguita dalla Francia (5,6 miliardi) e dai Paesi Bassi (3,6 miliardi) ed è il terzo paese a livello globale dopo Messico e Canada. Un mercato, quindi, quello statunitense, sicuramente rilevante che ha visto raddoppiare la presenza dell’agrifood italiano negli ultimi 15 anni senza rallentamenti, nemmeno durante la pandemia, e che si posiziona come lo sbocco commerciale a più elevato tasso di crescita (+17% nel 2024 sul 2023).
Figura 1 - Principali paesi UE-27 esportatori di prodotti agroalimentari negli Stati Uniti

Secondo alcune anticipazioni della ricerca di TEHA (The European House – Ambrosetti) per la nona edizione del Forum Food&Beverage di Bormio (6-7 giugno 2025), la domanda dell’agroalimentare italiano da parte degli Stati Uniti risulta però anelastica, ovvero non particolarmente sensibile alle variazioni di prezzo. Valerio De Molli, managing partner e ceo di TEHA, ridimensiona perciò il possibile impatto economico dei dazi di Trump ipotizzati al 20% sulle esportazioni del cibo e delle bevande Made in Italy:
«Dei 7,8 miliardi di euro di export agrifood italiano negli USA, oltre 6 miliardi derivano da prodotti non sostituibili in quanto Dop e Igp o perché relativi a referenze in cui l’Italia detiene una leadership di quota di mercato a livello globale o perché richiederebbero i tempi tecnici dell’avvio della produzione domestica. Ne deriva che il danno reale generato dai dazi, se confermati anche dopo la sospensione, potrebbe riguardare solo 1,3 miliardi di euro di export e limitarsi quindi a poco più di 200 milioni di euro».
Valerio De Molli, managing partner e ceo di TEHA
Su un totale di export agroalimentare italiano nel mondo di 67,5 miliardi di euro, 1,3 miliardi rappresentano quindi un’incidenza gestibile. De Molli, senza voler troppo minimizzare, suggerisce di concentrare l’attenzione piuttosto sui consumi interni che valgono 234 miliardi di euro.
Figura 2 - Distribuzione dei dazi agroalimentari degli Stati Uniti sull’Italia per grado di sostituibilità commerciale dei prodotti

Tra le 15 categorie dell’agroalimentare in cui l’Italia è leader nel mondo per quota di mercato sul podio troviamo: i pomodori pelati con il 76,3% di quota, la pasta (48%) e amari e distillati (34,5%). I salumi italiani nei sette continenti raggiungono una quota del 29,9%, la bresaola del 29% e la passata di pomodoro del 24,1%. Tra le verdure lavorate, il 21,9% di quelle commercializzate nel mondo viene dal Bel Paese, così come il 9,4% del sidro di mele. L’Italia è seconda al mondo per esportazione di castagne (25,2%), vino (20,7%), olio di oliva (17,4%) e caffè (15,8%).
Il vino è il prodotto agroalimentare italiano più esportato con oltre 8 miliardi di euro di valore e una crescita del 5,5% nel solo 2024, seguito da pasta e prodotti della panetteria che valgono 7,6 miliardi (+8,6% nell’ultimo anno).
Figura 3 - Prime dieci categorie merceologiche esportate della filiera agroalimentare italiana e quota sull’export totale
