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Stefania  Boleso L’opinione di Stefania Boleso

Rebranding o restyling?

Perché un brand è molto più di un logo. Un sistema di valori e di promesse che parla al suo pubblico

Retail e brand

Un brand non è un logo. È molto di più.

È un insieme di attributi tangibili e intangibili che identificano un prodotto (ma anche una persona, una città, un partito politico e altro ancora) e lo differenziano dalla concorrenza.

Tra gli attributi tangibili troviamo il nome, il logo, i colori, il tipo di carattere utilizzato (detto “font”), ma anche il packaging (avete presente la bottiglia di Coca Cola? Ecco, proprio quello) o il cosiddetto brand character, come ad esempio il pagliaccio Ronald McDonald dell’omonima catena di fast food.

Tutto ciò che possiamo percepire attraverso i nostri sensi, che aiuta a differenziare un prodotto e a renderlo immediatamente riconoscibile.

Gli attributi intangibili invece hanno a che fare con la personalità e i valori del brand. Ogni marca ha una personalità e un insieme di valori che la contraddistinguono e che hanno l’obiettivo di renderla interessante agli occhi del pubblico, creando un rapporto di fiducia con i consumatori.

Un brand è anche una promessa: garantisce di soddisfare le aspettative del suo pubblico. Pensiamo alla nostra esperienza quotidiana: scegliamo il brand X, di cui riconosciamo il logo e i colori del packaging, perché sappiamo esattamente cosa aspettarci, il beneficio che otterremo da quel prodotto.

Il logo, i colori e la forma attirano la nostra attenzione, ma è ciò che la marca ci promette a spingerci all’acquisto, e, se la promessa viene mantenuta, a riacquistare quel prodotto e a raccomandarlo ad altri.

Pensate alla vostra esperienza personale, in qualunque categoria merceologica per voi importante, e vedrete che è proprio così.

Restyling: un aggiornamento estetico

Gli attributi tangibili di un brand possono cambiare nel tempo, evolversi per restare contemporanei: è di qualche settimana fa, ad esempio, l’annuncio che la catena americana Walmart ha “rinfrescato il suo look”, scelta fatta per “abbracciare sia la tradizione che l’innovazione”.

Un altro esempio è Pepsi, che nel 2023 ha introdotto un nuovo logo con una grafica più moderna. L’obiettivo, proprio come nel caso di Walmart, è stato rendere il brand più digitale e contemporaneo, pur mantenendo il legame con la sua storia. Ma possiamo citare anche Müller nel 2020, Pringles nel 2021, Barilla nel 2022, e tanti altri.

Questo processo di aggiornamento del logo (o dell’identità visiva e dei messaggi collegati) si chiama restyling. Non si tratta solo di un’operazione estetica per modernizzare il brand, ma talvolta anche di un modo per provare a trasmettere meglio la personalità e i valori della marca, senza modificarne il posizionamento.

Quando serve un rebranding?

Ci sono occasioni in cui un semplice restyling non basta: il brand ha bisogno di un cambiamento più profondo, perché la sua promessa non è più rilevante per il pubblico, con ciò che ne consegue in termini di perdita di competitività.

Per non finire nell’indifferenza ed essere quindi costretto a uscire dal mercato, un brand può cambiare la sua promessa e (spesso) anche il pubblico a cui si rivolge.

Questo cambiamento strategico si chiama rebranding.

Non una semplice modifica del logo e degli elementi tangibili, quindi, ma qualcosa di molto più profondo, che tocca il cuore del brand: cosa la marca vuole essere e per chi.

L’ha fatto Jaguar recentemente spostandosi da brand di auto tradizionali con motori termici (destinate a un pubblico facoltoso di mezza età) a brand di auto elettriche di lusso, esclusive e futuristiche.

Ma ci sono molti altri esempi: sapevate che un celeberrimo brand di sigarette, prima di rivolgersi a un pubblico prettamente maschile con la figura del cowboy "macho", era posizionato come brand di sigarette da donna? E che la Coca Cola è nata come medicinale per curare emicranie e alleviare l'affaticamento?

Restyling o rebranding dunque?
Da tempo mi interrogo (e non sono l’unica) sul perché si continui erroneamente a utilizzare il termine "rebranding" per indicare un semplice modifica degli elementi visivi della marca.

Volendo tralasciare il fatto che la parola rebranding suona probabilmente meglio del termine restyling, sono giunta alla (amara) conclusione che succede perché per tante aziende un brand è solo un logo, un simbolo grafico, e poco più.
E allora se cambi il logo, ti sembra naturale chiamarlo rebranding...

Ma in realtà un brand è decisamente molto più di un simbolo grafico: è una promessa, una relazione con il pubblico, un sistema di valori. E spero di avervi aiutato a capirlo.

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