![Netcomm Focus Digital Marketing 2025](https://fra1.digitaloceanspaces.com/tendenze-gs1-s3-bucket/prod/media/images/Netcomm_digital_marketing_2025.width-500.png?AWSAccessKeyId=DO00MVPC9N3HPJKN67DY&Signature=DItPh7J7m7qlTNEUbf6tJ%2BPp6xw%3D&Expires=1738965165)
Le aziende oggi operano in un contesto di incertezza sociopolitica ed economica ormai strutturale, dove la priorità non è tanto contrastare un calo dei ricavi, quanto gestire l’aumento dei costi con strategie di ottimizzazione sempre più sofisticate, grazie in primis al supporto delle nuove tecnologie. L’interlocutore primario è un consumatore digitalizzato e ondivago, fruitore di un ecosistema mediatico sempre più ricco e complesso, che rende la distinzione tra online e offline definitivamente obsoleta. Basti pensare che nel 2024 oltre il 38% delle decisioni di acquisto in negozio sono state influenzate da touchpoint digitali. Questo significa anche che «i due canali devono ripensare il design dell’offerta», sottolinea Roberto Liscia, presidente Netcomm, aprendo il Netcomm Focus Digital Marketing 2025. L’evento, giunto alla quinta edizione, è stato un’occasione per fare il punto sul tema con dati, analisi e case history.
Partendo dalle sfide principali in ambito di digital marketing per l’e-commerce e il new retail emergono in particolare cinque punti:
- Gestione della nuova era cookieless, first party data e complessità di compliance e privacy.
- Sviluppo della capacità di produrre contenuti, dello storytelling, dell’upper funnel e ribilanciamento del media mix.
- Migrazione progressiva e inesorabile verso video e social.
- Definire priorità e modelli di adozione sul fronte data, intelligenza artificiale (IA) e martech.
- Individuazione delle competenze giuste, interne ed esterne, da aggiornare con continuità.
Parliamo, nel complesso, di un mercato in crescita, con alcuni elementi, tecnologie e formati particolarmente promettenti. Secondo i dati presentati da Netcomm, in Italia la spesa in digital advertising rappresenta il 47% degli investimenti totali, con un aumento costante che per il 2024 è stimato a +12% e il relativo raggiungimento dei 5,5 miliardi di euro. A dominare è il mobile (56% della spesa), mentre tra i segmenti in ascesa figurano la advanced/connected tv, il video adv e il retail media, in linea con la più ampia tendenza globale. Già oggi il 60% del tempo speso sulle app Meta è rappresentato dai video, conferma Roberto Acquaviva, director industries and ecosystem Meta.
Contenuti e creator: un binomio efficace
Al di là di canali e formati, però, «molti brand hanno capito che i contenuti di qualità sono centrali e si sono spostati da un performance marketing alla brand building», evidenzia Liscia, portando l’esempio del cambio di approccio di Nike, che per il 2025 ha deciso di concentrarsi meno sull’advertising e più sulla capacità di sviluppare contenuti d’ispirazione, orientati alla costruzione e al consolidamento della marca nel lungo termine. Una risorsa sempre più gettonata, su questo fronte, sono i creator, che a livello di immagine rappresentano una sorta di upgrade professionale degli influencer. I creator sono ad oggi i principali partner cui si fa ricorso per produrre contenuti brandizzati di qualità, in ottica non solo di vendite ma di coinvolgimento autentico. Questo, tra le varie ragioni, grazie al loro esperto uso del binomio social-video, alla possibilità di intercettare un target mirato e di misurare il rendimento delle collaborazioni. Il tutto seguendo le evoluzioni degli utenti a livello di preferenza stilistica ed estetica.
«Eravamo abituati a contenuti Instagram incasellati e perfetti, ora stiamo assistendo a un cambiamento in direzione di contenuti più grezzi, diretti e meno perfetti. Dobbiamo inoltre fare i conti con una soglia di attenzione sempre più bassa e riuscire a spiegare concetti anche complessi in poco tempo: è più facile se l’interazione avviene con una persona, a maggior ragione che già si conosce», conferma Carolina Bertini, digital marketing manager & content strategist Enel Group: «Non bisogna concentrarsi sul raccontare sé stessi, ma sul raccontare ciò che di noi agli utenti può servire».
A riprova della portata di questa tendenza, solo lo scorso anno le visualizzazioni dei contenuti brandizzati sono aumentate del 47% e TikTok ha registrato un incremento del 60% di creator attivi. Secondo l’ultimo Osservatorio Non Food 2024 di GS1 Italy, poi, negli ultimi due anni oltre un italiano su tre ha comprato un prodotto non food o un servizio perché lo ha visto sui social media.
Social media: quanto fanno vendere?
Risponde l’Osservatorio Non Food 2024 di GS1 Italy
L’IA fa la forza
In tema di contenuti e creatività, c’è un’altra alleanza in via di crescente diffusione: quella con l’intelligenza artificiale generativa. Nel 2024, ad esempio, MediaWorld ha lanciato la prima campagna fatta solo con l’IA (Intelligenza artificale) insieme all’agenzia Armando Testa e ad un prompter italo-canadese (una figura professionale “to watch”). Quest’ambito, però, è solo uno dei tanti di applicazione dell’IA, che promette di entrare a titolo diverso in tutte le dinamiche di business, compresi i processi produttivi, con impatto dall’online all’offline, nonché in tutti i settori. Guardando al futuro più anteriore, ad esempio, si profilano all’orizzonte agenti virtuali personali, che saranno molto più di generici eruditi, ma specialisti e consulenti sul fronte di strategia, redditività e non solo. Questo implicherà anche la capacità di operare in tempo reale con gli utenti, raggiungendo obiettivi ed eseguendo compiti complessi, con maggiore capacità di controllo sulle risposte da parte dell’azienda.
Tornando al presente, il caso di Yves Rocher con Indigo.ai mostra come già oggi l’assistenza di primo livello possa essere svolta efficacemente dalla sola IA, per un totale di 700 ore di lavoro umano risparmiate ogni anno a fronte di un 86% di richieste gestite con successo e una soddisfazione del cliente pari a 4.3 su 5. «Non si tratta solo di un’azione di risposta ma di miglioramento dei processi, come nella gestione delle code», spiega Gianluca Maruzzella Cei e co-founder di Indigo.ai. Nell’era dell’autenticità e della trasparenza come driver primari di fidelizzazione, invece, Trustpilot usa l’IA per «valutare l’integrità delle recensioni e trasformarle in informazioni utili alle aziende», esemplifica Giacomo Bettazzi, head of marketing Italy di Trustpilot, mentre eDreams Odigeo ne ha fatto la base del proprio programma in abbonamento Prime, il primo del settore travel. Gli esempi, insomma, potrebbero essere pressocché infiniti, perché come rileva in estrema sintesi Liscia: «L’IA è come l’elettricità, sta entrando in tutti i nostri processi produttivi e commerciali per migliorarli, creare contenuti, fare innovazione».