La rivincita degli over 55
l'opinione di
Valorizzare un target interessato alla qualità, italianità e incuriosito dall’innovazione: una nuova sfida per il largo consumo
Record in negativo di nascite, record in positivo di over 55 enni: siamo passati da più di un milione di nati del 1964 ai meno dei 400 mila del 2024 e abbiamo la quota maggiore di cittadini nella fascia 55-59 anni, mentre solo 20 anni fa erano preponderanti i 35-39enni. Un andamento demografico a cui non solo la società, la scuola e il mondo del lavoro, ma anche l’universo del largo consumo è chiamato a fare i conti. Anche perché avrà pesanti effetti sui consumi.
Partiamo da un dato di fatto: secondo l’Istat, oggi in Italia l’aspettativa di vita è arrivata a 83 anni e ci sono 193 anziani ogni 100 giovani. È da un ventennio che l’indice di vecchiaia continua a crescere ed è difficile pensare che possa cambiare direzione nel breve termine. Anzi, la distanza tra le generazioni è destinata ad accentuarsi drasticamente nell’arco di 5-10 anni.
A calare non è solo il numero dei giovani ma anche la loro capacità di spesa. Le analisi sul rapporto tra disponibilità di reddito e consumi condotte da NielsenIQ rivelano che dal 2019 a oggi a tagliare gli acquisti sono state soprattutto le famiglie più giovani e con figli e che a spendere di più sono state le famiglie con un responsabile acquisto di almeno 55 anni. In cifre, nel largo consumo le prime spendono in media 3.900 euro l’anno e le seconde 4.700 euro, rivela una ricerca di YouGov. Inoltre, oltre quattro famiglie senior su dieci supportano economicamente figli e nipoti, anche se non vivono nella stessa casa.
Cosa significa per le aziende di produzione e i retailer questa polarizzazione tra giovani e anziani, e tra famiglie con o senza figli? E cosa provocherà l’accentuazione (prevista) di questo fenomeno?
I primi effetti si vedono già oggi e vanno dalla crisi dell’ipermercato classico al successo dei drugstore (negozi e le insegne specializzate nel comparto cura casa e igiene della persona, ndr), dalle crescenti difficoltà dell’abbigliamento all’andamento positivo dei negozi di bricolage e fai da te. In Gran Bretagna, sottolinea KPMG, ambulatori medici, servizi sanitari e negozi di ottica hanno cominciato a comparire anche nelle strade dello shopping, facendosi spazio tra minimarket e farmacie.
In Italia è soprattutto il commercio di prossimità a subire l’impatto dell’invecchiamento della popolazione a causa della sua diffusione capillare sul territorio e della concentrazione nei centri storici e nelle aree residenziali. Un canale spesso considerato superato o “perdente” ma che, invece, sta rivelando anche una grande capacità di restare sulla stessa frequenza d’onda dei suoi clienti. Come? Strutturando meglio l’offerta in nome della distintività e della specializzazione, rinunciando ad assortimenti eccessivi ma a bassa rotazione, e puntando sui prodotti giusti per un pubblico più maturo, orientato alla qualità e all’italianità, affezionato ai prodotti locali e interessato anche al contenuto di servizio. E tutt’altro che impermeabile alle novità e alle innovazioni, che, invece, sono quasi sempre concepite per un target più giovane che magari le prova, ma poi non le ricompra. E che, numericamente, è sempre meno rilevante. Soprattutto nel caso dell’imminente “generazione beta”, quella dei nati tra 2025 al 2039. Sarà la ottava dacché, a fine Ottocento, è stato introdotto questo sistema di classificazione. E, probabilmente, sarà la meno numerosa di sempre.