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Il valore di fare sistema

Quali sono il ruolo e la forza di GS1 (e GS1 Italy): nell’ultimo appuntamento di “50 volte il primo barcode”, l'opinione di Bruno Aceto

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D: Buongiorno Bruno. Benvenuto a questo che è l'ultimo appuntamento di “50 volte il primo barcode”.

R: Buongiorno a te. È un piacere per me avere la possibilità, come dire, di chiudere un cerchio che ci ha fatto così tanta compagnia.

D: Ti conosciamo come il ceo di GS1 Italy, ma questo rappresenta soltanto ciò che fai. Inizierei questa chiacchierata chiedendoti invece di raccontarci meglio chi sei. Chi è Bruno Aceto?
R: Subito con una domanda difficile. Essere il ceo di GS1 Italy, prima di tutto, credo mi rappresenti molto anche come persona, oltre che come professionista, come manager. La mia esperienza e la mia formazione sono strettamente connesse al mondo retail. C’è nel mio percorso una parentesi di natura finanziaria che però è comunque inerente all’ambito della distribuzione: mi riferisco alla fase di start-up di una società captive che lavorava appunto a supporto della distribuzione. Ho avuto anche una parentesi imprenditoriale: nel 2000 ho lanciato il primo supermercato elettronico italiano, che si chiamava spesaonline.com. È stata un'esperienza molto importante, forse prematura per i tempi ma molto formativa, tant’è che ha influenzato iniziative e attività che ho svolto successivamente. Questo è, in breve, quello che sono. Penso di essere una persona con un buon grado di imprenditorialità, a cui piace lavorare su progetti nuovi. Mi sento un po' uno startupper, diciamo.

D: Da quanti anni sei in GS1 Italy?
R: 22 anni esatti, dal luglio del 2002.

D: E sei ceo da?
R: Dall’ottobre del 2007.

D: Noi oggi, come detto, chiudiamo la rubrica “50 volte il primo barcode” che ha accompagnato per più di un anno le celebrazioni per il cinquantesimo compleanno del barcode. Ti sei ritrovato nelle parole dei colleghi che prima di te hanno condiviso la propria storia? C'è qualcosa che ti ha colpito in particolare?
R: Mi hanno colpito le molte riflessioni sul ruolo unico di questa organizzazione, che si posiziona in un ambito apparentemente difficile da definire ma che al tempo stesso, una volta che lo si ha colto, riesce a spiegare molto bene l’impatto che GS1 ha sul sistema. Quindi, anche quando si descrive la crescita che abbiamo avuto come organizzazione, sviluppando attività e iniziative, mi piace leggere nelle parole dei miei colleghi - mi viene in mente quello che raccontava Lucia Nepi per esempio - il riflesso dell'apprezzamento che il nostro sistema di riferimento, cioè le aziende, ha per il nostro lavoro. Ci aiuta a comprendere il valore della nostra organizzazione. Io penso che quello che facciamo abbia un riflesso concreto sulla vita delle persone e sull'operatività delle aziende, ed è giusto sottolinearlo.

Il codice a barre non sparirà

D: Sempre in tema di celebrazioni, abbiamo appena festeggiato lo “scanniversary”, cioè il cinquantesimo anniversario della prima scansione di un barcode alla cassa. Ti aspettavi che questa ricorrenza avrebbe avuto un’eco simile sui mezzi di informazione?
R: L’eco è stata molto forte, è vero, però poi riflettendoci va detto che il barcode è diventato nel tempo una vera e propria icona, qualcosa che rappresenta visivamente la globalizzazione e la digitalizzazione. Non solo: il codice a barre è stato utilizzato spesso come metafora del mondo moderno, e di conseguenza non stupisce che il fatto che stia andando incontro a un cambiamento - ipotizzandone addirittura la scomparsa - abbia avuto una certa eco mediatica. Parliamo di un simbolo che non risiede semplicemente nell'immaginario delle persone ma vive proprio nell'esperienza quotidiana di ciascuno di noi. In questo senso, era plausibile che la notizia suscitasse interesse.

D: Ecco, in mezzo a tutto ciò che abbiamo letto e ascoltato è passata qualche informazione fuorviante. Per esempio, si è appunto detto da più parti che il barcode scomparirà. È davvero così? Facciamo un po' di chiarezza.
R: Certamente, chiariamolo subito: no, il codice a barre non scomparirà, ma continuerà a rimanere un elemento grafico estremamente utile per veicolare informazioni digitali. È certamente possibile che lo vedremo meno sul prodotto destinato al consumatore, ma continuerà senz’altro a esistere su quei prodotti che non hanno bisogno di integrare informazioni aggiuntive verso il consumatore. I prodotti più basici, insomma. Certo, penso che sempre più aziende coglieranno nel tempo l'opportunità di integrare gli identificativi GS1 con le potenzialità del QR code. La cosa importante è non confondere la scomparsa del simbolo, cioè dell’elemento grafico che chiamiamo codice a barre, con la scomparsa degli identificativi GS1.

Il ruolo di GS1 nel contesto globale

D: GS1, oggi, è molto di più del semplice codice a barre. A tuo parere, dove sta andando GS1? Qual è, secondo te, l'ambito in cui nei prossimi anni giocherà  un ruolo decisivo?
R: GS1 è stata quasi da subito più del barcode, nel senso che la codifica dei prodotti è stata proprio il primissimo elemento che ha valorizzato l'identificazione per automatizzare il processo alle casse. Il passaggio immediatamente successivo andò già oltre il barcode, con la creazione di standard per automatizzare molte altre operazioni inerenti alla gestione della logistica e allo scambio delle informazioni. Oggi, per esempio, ci rendiamo conto dell'assoluta rilevanza degli standard GS1 nel mondo marketplace, e quindi in tutto l’ambito e-commerce.
Registriamo anche un’importanza crescente degli standard nella più recente evoluzione tecnologica che stiamo vivendo, quella cioè che prevede la possibilità di istruire le macchine attraverso i dati. Il machine learning (cioè quella parte delle attività legate all'intelligenza artificiale che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano, ndr) mette di nuovo GS1 in una posizione estremamente centrale perché per fare machine learning bisogna raccogliere dati di qualità. Se pensiamo al mondo della logistica, per dire, molti dei dati che transitano tra le imprese sono veicolati proprio dagli standard e dalle soluzioni GS1. Quindi, se vogliamo, GS1 è anche un abilitatore in questo processo di trasformazione e dell'adozione anche delle nuove tecnologie. Il livello di digitalizzazione abilitato da GS1, insomma, è anche un prerequisito per poi passare all’implementazione di un'innovazione tecnologica ancora più avanzata, basata sull'intelligenza artificiale.

Di conseguenza, notiamo una rilevanza crescente degli standard e non certo un loro superamento. Si rafforza la necessità di standard nell’ambito dello scambio di dati e dell’integrazione delle informazioni di filiera. Le aziende, verticalmente, sono già estremamente sviluppate dal punto di vista tecnologico. Le difficoltà, di norma, si incontrano quando sistemi tecnologici diversi devono dialogare tra loro. I nostri standard lavorano proprio in quello spazio e oggi è nella digitalizzazione della relazione che sta la possibilità di implementare soluzioni di filiera più avanzate che possono portare all'uso di strumenti fortemente innovativi, come, ad esempio, di logistica predittiva.

D: In che modo GS1, a tuo avviso, si sta adattando a un contesto internazionale come quello attuale, che è complesso, conflittuale, e che cambia molto velocemente? GS1 riuscirà a confermare il proprio ruolo di organizzazione che facilita e armonizza? Con quali strumenti?
R: Parto dalla fine: lo strumento è quello della relazione tra le persone. Stiamo parlando di un'organizzazione internazionale presente in 118 paesi e che, a livello internazionale GS1, ha sempre significato un coordinamento della gestione degli standard che abilitasse lo scambio globale delle merci. Questo aspetto non è mai venuto meno.
Per quanto riguarda la geopolitica in senso stretto, noi naturalmente non abbiamo influenza sulle aree di tensione, però il nostro ruolo è sempre quello di facilitare lo scambio e questo lo abbiamo sempre fatto anche in presenza di situazioni conflittuali. L'uso dei nostri strumenti facilita i processi di sdoganamento e di attraversamento delle frontiere, il movimento delle merci e la condivisione delle informazioni. Non a caso gli enti governativi hanno un interesse crescente per l’ecosistema GS1: questo vale per la Commissione europea come per il governo cinese. I nostri standard sono riconosciuti come strumenti che aiutano e abilitano il commercio globale e vengono usati in questa direzione anche dalle istituzioni locali o regionali.

Il valore di un’esperienza internazionale

D: Torniamo un po' a te, invece. Tu hai ricoperto e ricopri anche posizioni internazionali dentro GS1, giusto? Quali sono state e quali sono oggi?
R: A livello internazionale, già dal 2008 io sono entrato nel Regional Committee di GS1 Europe (l’organizzazione che raggruppa le GS1 europee, ndr) e nell'Advisory Council globale. All’interno della governance di GS1 Europe, lo spiego per chi non è pratico della nostra organizzazione, il Regional Committee è un board composto da tutti i direttori generali delle 49 MO europee. L’Advisory Council, invece, è un board in cui sono presenti i 30 amministratori delegati delle 30 organizzazioni più importanti di GS1. L’Advisory Council svolge il ruolo di advisor del ceo globale, che per molti anni è stato Miguel Angel Lopera e oggi è Renaud De Barbuat.

Tornando a me, per tre anni, poi, dal 2014 al 2017, sono stato presidente di GS1 Europe. È stata un'esperienza interessante, importante, molto formativa. Da qualche anno, dal 2016 mi sembra, sono anche membro del Management Board globale, un ruolo in cui sono stato confermato quest'anno nel corso della General Assembly GS1 che abbiamo organizzato a Roma. Sono infine membro dell'Executive Committee e sono presidente dell'Internal Compliance Committee.

Un coinvolgimento a livello internazionale abbastanza intenso, insomma.

D: Di queste esperienze, che cosa senti di aver riportato in Italia, dentro GS1 Italy, e cosa al contrario pensi di aver portato della tua esperienza italiana nel contesto internazionale?
R:
Credo innanzitutto che, da quando sono diventato direttore generale, GS1 Italy abbia incrementato moltissimo la propria interazione con il livello internazionale in GS1.
Prima del 2007, la nostra partecipazione era molto scarna, solo il ceo aveva un ruolo internazionale. Il resto dell'organizzazione non era particolarmente coinvolto, con la sola eccezione forse di Massimo Bolchini che allora si occupava più prettamente di standard. Oggi abbiamo allargato tantissimo il coinvolgimento: GS1 Italy partecipa a tanti gruppi di lavoro internazionali, soprattutto per quanto riguarda le community dei nuovi settori, come per esempio l’healthcare. Questa partecipazione coinvolge tutte le aree di GS1 Italy: credo, in questo senso, di aver trasmesso un benchmark, cioè di avere riportato in Italia l’importanza di capire cosa fanno gli altri, come lo fanno, in cosa sono impegnati eccetera.
Un altro tema in cui l’esperienza internazionale ha portato benefici è quello dei servizi. In Italia, fino al 2008 non abbiamo avuto un'attività legata ai servizi, ma c’erano paesi, invece, che li avevano sviluppati già da tempo. Abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portati a diventare noi un punto di riferimento, nel senso che in questo momento noi siamo una delle organizzazioni più strutturate da questo punto di vista, con una legal entity separata (GS1 Italy Servizi, ndr) e con un’offerta di servizi consolidata e molto nota. Insomma, adesso sono gli altri paesi a osservare noi, siamo noi a essere diventati un benchmark, soprattutto sul servizio Immagino, e questo dà grande soddisfazione.
Oggi possediamo una certa capacità di influenza e lo vediamo in tante cose, anche banalmente dagli eventi internazionali che abbiamo organizzato, a partire dal GS1 in Europe Regional Forum del 2019. Il nostro stile è molto apprezzato, sappiamo distinguerci nel modo in cui lavoriamo, in cui facciamo le cose.

Un altro ambito in cui secondo me siamo d’esempio è il modo in cui lavoriamo con le imprese. La nostra capacità di coinvolgere le aziende nel lavorare con noi. Qui forse c’entra anche ECR (l’associazione che al’interno di GS1 Italy raggruppa le maggiori imprese di produzione, distribuzione e logistica, ndr), che è qualcosa che ci viene abbastanza invidiato all’estero, così come ci viene invidiato, in senso buono, il livello di competenza molto alto del nostro board. Sono tutti elementi a cui, da fuori, si guarda con grande curiosità e grande interesse.

D: Rimanendo nell'ambito dei valori, qual è secondo te il valore di GS1 che ti rende da un lato orgoglioso del passato e dall'altro fiducioso nel futuro?
R: Io credo molto al contributo che GS1 dà all'automazione dei processi e in generale alla digitalizzazione. Parliamo in questo caso di un valore legato al business: sono convinto che in questo ambito noi facciamo un lavoro che ha un valore inestimabile. Il ruolo di GS1 nell'abilitare l'automazione dei processi ha un valore pratico, economico, che è valutabile nell'ordine di miliardi di euro. E non a livello internazionale, intendo a livello nazionale.
Dall'automazione dei processi si riesce a estrarre un valore economico incredibile, che peraltro ha ancora ampi margini di crescita, è una miniera ancora molto ricca che può dare di più, e quindi c'è ancora molto lavoro da fare. Dobbiamo continuare a lavorare con le aziende e vedo nel futuro la necessità di attrezzarci con maggiori risorse per stare più vicini alle imprese, per accompagnarle ancora meglio in questo processo di digitalizzazione e di automazione.
La cosa interessante è che questo processo di digitalizzazione e di automazione è assolutamente necessario anche per affrontare le sfide legate alla sostenibilità. La sostenibilità va di passo con la digitalizzazione: oggi per un'impresa è impossibile fare dei piani di riduzione delle emissioni di anidride carbonica senza avere a disposizione strumenti di misurazione estremamente accurati che ti consentano, per esempio, di selezionare nella tua catena di fornitura i fornitori più efficienti da un punto di vista energetico. Quindi questa efficienza che una volta era soltanto economica oggi è un'efficienza che si misura anche in termini di riduzione delle emissioni e diventa una discriminante anche nella selezione dei propri fornitori: noi abbiamo un ruolo, in questo. Noi possiamo aiutare le imprese a essere efficaci in questa misurazione e lo vediamo anche negli strumenti che stiamo sviluppando. Il lancio imminente di Ecogentra, per esempio, che è una piattaforma many to many per la misurazione della CO2 equivalente, è un esempio che è solo parzialmente legato al ruolo che abbiamo di organizzazione che fornisce standard ma che è invece strettamente legato al ruolo di organizzazione riconosciuta nel sistema italiano come facilitatrice dello scambio di informazioni e di dati.

I numeri “parlano”

D: Parliamo di numeri, adesso. È uscito da poco il nostro Annual report, che riassume ciò che facciamo proprio attraverso i numeri. Fra questi, ce n'è uno che ti piace citare con soddisfazione?
R: Ce ne sono due. Il primo è il numero delle persone che lavorano in GS1 Italy. Nel 2007 ho preso in mano un’organizzazione che non arrivava a 15 dipendenti. Oggi, complessivamente, tra GS1 Italy e GS1 Italy Servizi, ci stiamo avvicinando a 90 e la prospettiva è quella di un’ulteriore crescita. Questo per me è un numero straordinario: è una testimonianza molto esplicita del fatto che siamo cresciuti e l'abbiamo fatto in maniera sostanziale. Sono le persone che consentono a GS1 Italy di generare valore per il sistema. Questo è il numero a cui tengo di più.
L'altro numero è il numero che non conosciamo, quello di cui parlavo prima, e cioè il numero che rappresenta il valore che noi generiamo per il sistema. Io ribadisco che secondo me questo numero è esprimibile nell'ordine dei miliardi di euro per il solo sistema italiano, e anche se è un numero difficilmente misurabile sono certo che sia quella la scala di riferimento. Questo numero rappresenta il reale valore della nostra organizzazione. Il valore di GS1 Italy non si misura nel valore del turnover, nel valore economico che esprimiamo con il fatturato di GS1 Italy Servizi o con gli introiti delle quote associative, ma nel valore che consegniamo alle imprese grazie all'efficienza che abilitiamo.
Quindi, ecco, due numeri. Un numero ben noto e un numero sconosciuto, ma di cui conosciamo soltanto la scala, che è una scala molto grande.

D: E invece c’è un numero su cui sei consapevole che dobbiamo lavorare ancora?
R: Domanda difficile. Allora, sì, in realtà ne ho uno in mente che possiamo mettere in questi termini: io penso che le nostre persone valgano tanto e spero che saremo in grado di valorizzarle sempre di più. È peraltro un ragionamento che dovrebbe fare tutto il sistema paese, secondo me.

Il futuro di GS1 Italy

D: Stiamo andando verso la fine. Qual è, da ceo di GS1 Italy, la tua ambizione, il tuo sogno per il prossimo futuro?
R: Possiamo dire che il mio sogno è quello di vedere riconosciuto il valore di GS1. Lo è già per la verità, soprattutto da chi ci sta vicino, e lo è sempre di più. Però ecco il mio sogno è che questo porti il riconoscimento di quello che siamo e di quello che facciamo verso un livello più alto. Istituzionale, diciamo.

D: Ed eccoci all'ultima domanda di questa rubrica, che si ricollega a qualcosa di cui abbiamo già parlato. Negli ultimi anni GS1 Italy è cresciuta molto, in termini di persone, e al tempo stesso ha abbassato molto la sua età media, dimostrando di credere nei giovani. Hai un consiglio che ti senti di dare ai nostri nuovi colleghi?
R: Anzitutto vorrei che chi lavora con noi potesse riconoscere il valore della nostra organizzazione, perché credo che è da lì che si trae una delle prime soddisfazioni legate al lavoro. Lavorare in un contesto che apprezzi e di cui condividi lo scopo, un lavoro che è connesso a elementi positivi anche dal punto di vista etico, credo sia una cosa bella. Non scontata. Spero quindi che ci sia questa condivisione dei valori GS1 da parte di chi lavora con noi.
Il secondo aspetto riguarda il contributo che ciascuno di noi dà rispetto alle cose che sa fare. Mi piacerebbe che ognuno potesse trovare soddisfazione nel lavorare con noi, facendo le cose che non solo che gli piacciono ma che veramente fanno parte della propria capacità di fare. Questa secondo me è un’altra soddisfazione enorme che si può trarre dal proprio lavoro. Se sai fare bene qualcosa e lo fai qui dentro, sono sicuro che ne beneficerai tu e ne beneficerà anche l’organizzazione. È una dinamica win-win che genera valore per tutti.

D: Grazie Bruno per aver condiviso la tua esperienza e le tue riflessioni con noi.

R: Grazie e buon lavoro!

Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy, è stato intervistato da Francesco Fracassi

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