E alla fine arrivò la disinflazione*
Negli ultimi mesi l’andamento delle dinamiche inflazionistiche dell’area dell’euro è nettamente rallentato. La possibilità di una fase di bassa inflazione supera oggi quella di una nuova fiammata inflazionistica. La Bce dovrebbe invertire la rotta
Tratto dal sito lavoce.info
Rapida salita e rapida discesa
L’episodio inflazionistico degli ultimi due anni in Europa non ha precedenti recenti sia per la rapidità con cui si è sviluppato sia per l’entità. Altrettanto notevole è tuttavia la velocità con cui l’inflazione sta calando. Dopo aver toccato un picco pari al 10,6% su base annua a ottobre 2022, l’inflazione al consumo armonizzata per l’area dell’euro si è dimezzata (al 5,3%) a luglio del 2023 ed è ulteriormente scesa al 2,4% a novembre, per poi risalire leggermente a dicembre (2,9%). L’inflazione di fondo, al netto di beni energetici e alimentari, dopo il picco del 5,7% a marzo dello scorso anno, si è attestata al 3,4% a dicembre. In Italia, dal dato del dicembre 2022 (11,6%), ha registrato lo 0,6% a dicembre.
È probabilmente ancora presto per trarre conclusioni sulle cause e sulla natura della fiammata inflazionistica. Tuttavia, come discusso qui da Ugo Arrigo e Giacomo Di Foggia, gli addetti ai lavori sono sempre più concordi su una maggiore rilevanza di fattori globali di offerta, sia nella fase ascendente che in quella discendente, rispetto a quelli di domanda interna. Detto altrimenti, è plausibile ipotizzare che l’incremento generalizzato dei prezzi del paniere di consumo sia ascrivibile, direttamente e indirettamente, al forte shock energetico registrato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma al netto delle possibili spiegazioni, ciò che emerge in maniera sempre più evidente nei dati è la transitorietà dell’episodio, che sembra ormai destinato a riassorbirsi completamente nel corso dei prossimi mesi. E se la Banca centrale europea nell’ultimo Consiglio direttivo di dicembre ha continuato a sottolineare la persistenza di rischi al rialzo per l’inflazione, i dati più recenti indicano come la possibilità di entrare in una nuova fase di bassa inflazione sia ormai ben più concreta di quella quelli di una nuova fiammata inflazionistica.
La misura tendenziale e quella congiunturale
A questa affermazione si arriva guardando ai tassi di crescita congiunturali, mese su mese, dell’indice dei prezzi armonizzati dell’area dell’euro. Va forse qui fatto un inciso di natura tecnica: in Europa è prassi riferirsi al tasso di inflazione tendenziale, che si ottiene calcolando il tasso di crescita dei prezzi in un dato mese rispetto a quello corrispondente dell’anno precedente. La misura tendenziale fornisce un dato non influenzato da fattori stagionali. Il suo svantaggio è però che dipende inevitabilmente dal livello dei prezzi dell’anno precedente e pertanto non coglie adeguatamente le dinamiche inflattive più recenti, che in un contesto come quello attuale possono risultare fondamentali per la corretta intonazione della politica monetaria. Per questo, è forse più appropriato guardare al tasso di inflazione congiunturale, mese su mese, utilizzando le serie storiche destagionalizzate (ossia depurate da fattori stagionali) dei principali aggregati del paniere dei prezzi fornite mensilmente dalla Bce.
Se di tali serie calcoliamo i tassi di crescita mensili (convertiti per facilità di esposizione in tassi annualizzati), notiamo come l’inflazione negli ultimi mesi (almeno da settembre) abbia rallentato notevolmente, collocandosi intorno al target Bce – e nel caso di novembre ben al di sotto (Figura 1). Addirittura, a novembre, per quanto il dato sia stato probabilmente influenzato da un significativo calo dei prezzi dei trasporti aerei, l’inflazione di fondo è stata negativa sia per i beni che per i servizi. Secondo la stima preliminare di dicembre, invece, l’inflazione sarebbe risalita lievemente, collocandosi poco sopra il 2% annualizzato, sebbene anche in questo caso il dato potrebbe essere in parte da attribuire a un rimbalzo fisiologico di alcuni prezzi dopo il brusco calo di novembre.
Figura 1 – Inflazione di fondo per l’area dell’euro (tasso di crescita mensile annualizzato)Fonte: Bce, elaborazioni dell’autore
Nonostante l’inevitabile volatilità dei tassi di crescita tra un mese e l’altro, il quadro complessivo risulta dunque chiaro: nel corso del 2023 l’inflazione, su base congiunturale, ha rallentato notevolmente e si è recentemente attestata intorno all’obiettivo Bce.
Col passare dei mesi, le dinamiche di bassa inflazione si rifletteranno sempre più anche sulla misura di inflazione tendenziale (ovvero rispetto a un anno fa). Ipotizzando che nei prossimi mesi il tasso di crescita congiunturale si attesti intorno alla media degli ultimi tre mesi, l’inflazione di fondo su base tendenziale toccherebbe il 2% già ad aprile, per collocarsi poco sopra l’1% nel corso dell’estate.
Le implicazioni per la politica monetaria sono evidenti: se i dati indicano che l’inflazione si colloca già da alcuni mesi intorno o al di sotto dell’obiettivo di stabilità dei prezzi, la Bce farà bene a invertire rapidamente la rotta e allentare la stretta monetaria, per evitare che una intonazione troppo restrittiva contribuisca a deprimere ulteriormente l’inflazione al consumo.
A cura di Mario Pietrunti - economista
* Le opinioni espresse in questo articolo sono strettamente personali e riflettono esclusivamente il punto di vista individuale dell’autore.