Human & Green, come comunicare le due anime della sostenibilità
Alla 13a edizione del forum organizzato da Plef, GS1 Italy riflette su come le aziende del largo consumo raccontano in etichetta il proprio impegno green e su quali sono le informazioni in etichetta di maggiore interesse per il consumatore
La transizione sostenibile implica due elementi: quello umano e quello ambientale. È per questo motivo che nella sua 13a edizione, il Green retail forum di Plef (Planet life economy foundation), diventa Human & Green retail forum. Non solo un puntiglio terminologico, ma la necessità di sottolineare un’esigenza impellente di prendersi cura delle persone e del pianeta, come osserva Paolo Mamo, presidente di Plef: «Umanità è l'irrinunciabile bisogno e la capacità di prendersi cura, lo stare in relazione, la sensibilità di capire tempi e modi in cui l'altro ha bisogno, che sia esso una persona, un animale, una cosa o il pianeta intero. La sostenibilità è scegliere di prendersi cura dei bisogni del pianeta e delle persone con la consapevolezza che è il modo migliore per prenderci cura di noi stessi».
Fatta questa premessa, ci si è domandati perciò quale percorso devono percorrere le aziende del retail e del largo consumo. Larry Fink, presidente di BlackRock, ha affermato che presto le amministrazioni del mondo non avranno più risorse sufficienti per rispondere ai bisogni dei cittadini e le persone si troveranno sempre più spinte verso le imprese per risolvere i propri problemi. Quindi, anche le imprese del largo consumo potranno esercitare ancora più un ruolo sociale e prendersi cura dei cittadini.
La comunicazione nell’epoca della sostenibilità
Nella costruzione di questo rapporto di relazione tra aziende e persone, la comunicazione dell’agire sostenibile deve essere veritiera e riscontrabile e va spogliata dal greenwashing che oggi riguarda l’80% della comunicazione ambientale. Anche perché, come ha osservato Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy, le generazioni più giovani, e non solo loro, non comprano più marche ma informazioni: «Il boom delle informazioni di prodotto sulle etichette è stato spinto dal legislatore, ma Industria e Distribuzione hanno capito che le etichette sono i nuovi media». Dall’Osservatorio Immagino, lo studio semestrale di GS1 Italy frutto dell’incrocio del contenuto delle etichette di 133 mila prodotti del largo consumo con le vendite registrate da NielsenIQ, emerge un incremento delle indicazioni in etichetta legate alla sostenibilità del prodotto e del packaging.
Analizzando i quattro elementi con cui GS1 Italy identifica la sostenibilità in etichetta (responsabilità sociale, management sostenibile delle risorse, rispetto degli animali e agricoltura e allevamento sostenibili), possiamo dire che la responsabilità sociale non è ancora protagonista delle nostre etichette; il management sostenibile delle risorse vede invece incrementi a doppia cifra con i claim più dinamici che sono "ok compost", "biodegradabile", "con materiale riciclato", "senza fosfati", "vegetale" e "riciclabile". In agricoltura e allevamento sostenibile si è molto diffuso il claim "senza antibiotici" e restano leve sensibili "filiera corta", "filiera controllata" e "senza ogm".
Nel packaging, i prodotti che indicano la riciclabilità della confezione pesano il 66,7% sul totale venduto. I soli prodotti a marca del distributore sono concentrati soprattutto nel cluster di agricoltura e allevamento sostenibili, nel quale rientrano tutti i prodotti bio.
Il consumatore di fronte alle etichette
Di fronte a tutte queste informazioni come si comporta il consumatore? Cosa legge? Dalla ricerca realizzata da GS1 Italy in collaborazione con Ipsos emerge che i consumatori leggono le etichette soprattutto per:
- Capire il corretto uso e smaltimento del prodotto (82%).
- Verificare ingredienti e valori nutrizionali (57%).
- Verificare la provenienza e l’origine (52%).
Il 75% delle persone intervistate ha deciso almeno una volta di non acquistare un prodotto leggendo l’etichetta.
In fase d’acquisto, i cinque principali motivi di consultazione delle etichette sono:
- Controllare la scadenza (63%).
- Verificare la provenienza (44%).
- Capire le modalità d’uso (33%).
- Controllare il contenuto di grassi e zuccheri (33%), la propria salute in generale (27%).
- Verificare i valori nutrizionali (27%).
Il 38% dei consumatori non le consulta perché acquista sempre gli stessi prodotti, il 19% perché quando fa spesa non ha tempo e il 16% trova che le informazioni non aggiungano nulla a ciò che già sa.
«Una riflessione sulle integrazioni che Industria e Retail devono mettere in campo nel prossimo futuro – ha concluso Cuppini – arriva dalle informazioni che secondo i consumatori sono più difficili da trovare ovvero: assenza di prodotti inquinanti, provenienza, che siano prodotti salutari e la modalità di riciclo e di smaltimento della confezione».
La misurazione della circolarità
Come si è già ricordato, a spingere per un’accelerazione della transizione sostenibile è il legislatore europeo. A tal proposito Carolina Gomez, project manager di GS1 Italy è stata invitata allo Human &Green retail forum per presentare Circol-UP, il tool di self-assessment per la misurazione del livello di circolarità aziendale pensato per i settori del food & beverage, home & personal care e retail proprio per supportarli nel raggiungimento degli obiettivi delle norme europee.
«Questo strumento – ha spiegato Gomez – disponibile dal 2019, restituisce due indicatori: uno di circolarità complessivo e uno per ogni fase del ciclo di vita del prodotto che facilita l’individuazione delle aree su cui lavorare per migliorarsi. Inoltre, dal 2022, Circol-UP fornisce un elenco di buone pratiche che l’azienda può intraprendere per aumentare il proprio livello di circolarità frutto dell’identificazione di case history di economia circolare attuate nel mondo».
I dati raccolti dalla compilazione del questionario di autovalutazione da parte di alcune aziende sono stati elaborati nella pubblicazione “Stato dell’arte dell’economia circolare nelle aziende del largo consumo”, nella quale si possono trovare dei benchmark per valutare il proprio livello di circolarità e dei casi di studio concreti per ogni fase del ciclo di vita del prodotto e per ogni settore, che possono essere di ispirazione alle aziende che stanno iniziando questo percorso.
A cura di Jessika Pini