I solution partner e il valore degli standard
L’evento di GS1 Italy dedicato alla community dei solution partner, un’occasione per ribadire il loro ruolo nella diffusione degli standard globali tra le aziende
Una community che crea valore. È quella che si è recentemente incontrata nel primo evento del Solution Partner Program organizzato da GS1 Italy, un’occasione importante per dare corpo alla collaborazione con chi rappresenta «un elemento essenziale per il successo nell’adozione degli standard globali e per dare concretezza al loro valore presso le aziende utilizzatrici», nelle parole di Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy.
Il programma, infatti, prevede l’accreditamento dei solution partner che accompagnano le imprese nell’utilizzo degli standard globali con soluzioni GS1 compliant, poggiando su tre pilastri:
- La community, di cui l’incontro è il primo di una lunga serie.
- La formazione.
- La visibilità.
«Attualmente sono previsti corsi di formazione base – illustra Paolo Cibien, industry engagement director di GS1 Italy – ma sono in programma dei corsi avanzati dedicati all’approfondimento dei singoli standard, fruibili on demand». Quanto alla visibilità, «nel 2024 il programma prevede un maggiore coinvolgimento dei partner stessi attraverso la divulgazione di case study e la partecipazione a webinar incentrati su soluzioni di valore realizzate per gli end-user con l’impiego degli standard GS1. Che oggi sono al centro dell’attenzione per il loro effetto sul business», anticipa Alessandra Piras, industry engagement specialist di GS1 Italy.
GLI STANDARD E IL BUSINESS
«In verità abbiamo visto nel corso del tempo utilizzare standard proprietari per cercare di dominare il mercato (come il caso Betamax della Sony) o standard condivisi per ampliare il mercato e per cooperare – spiega Tommaso Buganza, ordinario di Leadership & Innovazione al Politecnico di Milano – o ancora standard super partes, adottati solo successivamente dal mercato, come per esempio il Gsm per la telefonia mobile».
Gli standard aperti sono fondamentali perché si realizza quella che si definisce esternalità di rete, vale a dire che quante più persone adottano un certo tipo di soluzione, maggiore valore si genera per chi l’adotterà successivamente. Uno standard, poi, non viene adottato solo per il suo valore intrinseco (è bello, funziona) ma si guarda a chi altri ce l’ha e lo usa. In sostanza l’interoperabilità è ciò che determina il grande valore degli standard aperti e accessibili a tutti.
Gli standard inoltre assumono un ruolo determinante nel corpus legislativo europeo all’interno del Green Deal e del Circular economy action plan. «Se vogliamo passare da un’economia lineare a una circolare – afferma Francesca Poggiali, chief public officer Europe di GS1 – non possiamo prescindere dalla circolarità dei dati e gli standard aperti sono determinanti. È importante quindi operare su una piattaforma comune per un quadro regolatorio condiviso dalle aziende. Un esempio: per i prossimi cinque-dieci anni il Digital Product Passport (lo strumento per condividere i dati su origine, composizione e corretto smaltimento del prodotto, ndr) sarà al centro delle nuove iniziative legislative europee e il Dpp prevede che il prodotto sia identificato in maniera univoca con una visione B2C e B2B. Ma per assicurarne l’operatività e l’affidabilità la Commissione sta valutandone le caratteristiche, i requisiti e gli standard. L’attuale regolamento del Dpp dovrà contenere precise regole per l’uso del GTIN e del GS1 Digital Link e degli standard GS1 per garantire l’interoperabilità e la portabilità dei dati. Osserviamo un ampio dinamismo a livello europeo sulle tematiche dell’economia circolare e il Dpp si conferma un potente motore di innovazione».
L’ECOSISTEMA GS1
Da cinquant’anni il codice a barre accompagna i prodotti lungo il loro cammino dalla produzione agli scaffali dei supermercati alle case dei consumatori. Ma le informazioni relative al prodotto presenti sul packaging si sono moltiplicate (altre ne arriveranno con il Dpp) e il consumatore vuole accedervi rapidamente. Senza considerare che le aziende possono gestire nuove opportunità di business traendo beneficio da un numero maggiore di dati. «Per questo i codici a barre a una dimensione, che contengono pochi dati, dovranno lasciare il passo ai codici bidimensonali», spiega Andrea Ausili, standard innovation director di GS1 Italy. Con il codice a due dimensioni le nuove opportunità sono numerose grazie al numero di informazioni in esso contenute, relative per esempio alla sostenibilità, alla sicurezza e alla tracciabilità, al coinvolgimento del consumatore e alla gestione dell’inventario. «Il codice a due dimensioni, nello specifico il QR code (ma potrebbe essere anche il GS1 DataMatrix secondo necessità), – prosegue Ausili – è già abbastanza diffuso tra le aziende: su un campione di 13.873 prodotti di bevande, grocery e cura persona, il QR code è presente nel 9%. E nel vino addirittura nel 19%. Inoltre l’89% dei consumatori sa che cos’è, il 65% l’ha già usato e il 96% sa che si legge con lo smartphone (fonte: Ipsos). Per contro la tecnologia per la generazione dei codici, per la loro stampa veloce e di qualità, per la loro scansione veloce è ampiamente a disposizione delle aziende».
Già oggi il QR code è utilizzato nell’etichetta ambientale per dare informazioni online collegate al prodotto, come previsto dalla normativa da gennaio 2023, e nelle etichette di vini ed alcolici per fornire le informazioni nutrizionali online distinte da quelle di marketing (obbligatorie dal dicembre prossimo).
Ma il QR code da solo non basta. Per questo è nato lo standard GS1 Digital Link, con il quale il QR code viene sempre associato al sito web dell’azienda e al GTIN del prodotto che lo identifica univocamente. «Questo standard consente di inserire informazioni dinamiche che abilitano l’automazione dei processi, non consentita dai codici bidimensionali presenti oggi sui prodotti. Per dare sostanza alla transizione, è previsto un periodo di affiancamento del Digital Link al codice a barre e dal 2027 l’uso esclusivo del codice bidimensionale o del codice a barre per chi non ha attivato processi automatici».
Nello sforzo di traguardare gli anni a venire, GS1 Italy intende anche accelerare e rilanciare la crescita dell’EDI puntando sull’integrazione dei dati attualmente utilizzati per il Monitoraggio EDI con un nuovo approccio per completare il quadro del mercato e sulla valorizzazione della certificazione Euritmo affinché i solution partner possano sfruttarla per attrarre più soggetti e operatori. «Sono due essenzialmente le sfide che ci attendono: portare le prime mille aziende del largo consumo a massimizzare il numero di relazioni in EDI e ampliare la platea di utenti in settori strategici come la logistica e il Foodservice», puntualizza Ausili
In quest’ultimo ambito rientra anche il servizio di generazione e condivisione della prova di consegna digitale (DPOD) che sfrutta gli standard EDI rilasciati e mantenuti da GS1 Italy. Il servizio permette alle aziende fornitrici (e ai loro operatori logistici) di digitalizzare i processi di consegna merce, così da raccogliere in tempo reale le accettazioni finali del cliente rendendo più efficienti i processi successivi come la fatturazione. «L’obiettivo è quello di evitare il più possibile soluzioni proprietarie con una soluzione interoperabile», commenta Ausili.
I campi di intervento per i solution partner accreditati riguardano anche l’identificazione in radiofrequenza RFID, in fase di rilancio da parte di GS1 Italy, perché, annota Linda Vezzani, senior standards specialist di GS1 Italy: «Vi è ancora una scarsa percezione dell’importanza di usare standard di identificazione globali, ma bisogna ricordare che in un sistema globale solo con lo standard EPC-RFID, che identifica in modo univoco e inequivocabile i singoli prodotti, cattura le informazioni importanti per la movimentazione delle merci lungo la supply chain e le rende disponibili grazie alla radiofrequenza, si realizza un boost di efficienza di network e si colgono tutti i benefici dell’identificazione in radiofrequenza. Lo standard EPC-RFID è infatti una soluzione di sistema che garantisce flussi più veloci, accurati e performanti: si possono infatti gestire i processi in parallelo (anche l’EDI) garantendo l’allineamento del flusso fisico e informativo per intervenire subito. Per questo motivo trova già applicazione in molti settori diversi come le costruzioni, il retail, il foodservice, il fashion/luxury».
Anche l’healthcare è un settore coinvolto dall’uso degli standard globali GS1 che, in particolare nella tracciabilità dei farmaci, sono un potente abilitatore della fiducia, dell’interoperabilità e della trasparenza. «Per quanto riguarda l’healthcare – spiega Giada Necci, industry engagement senior specialist di GS1 Italy – le attività di GS1 Italy si sviluppano in quattro direzioni: supportare l’introduzione della direttiva europea anticontraffazione del farmaco (FMD) con soluzioni standard; supportare l’implementazione dell’identificazione UDI dei dispositivi medici nell’identificazione del prodotto, nella tracciabilità e nella registrazione sul database europeo dei dispositivi medici Eudamed; allargare la community di GS1 Italy agli ospedali e infine lavorare sui temi dell’e-commerce e dei servizi aggiunti con le farmacie».
Quello che si presenta ai solution provider è quindi un vero e proprio ecosistema in cui il comune denominatore è l’uso di un linguaggio comune con tutti i clienti, in grado di semplificare le soluzioni focalizzando l’attenzione sul loro valore invece che sulla traduzione di linguaggi proprietari e di abilitare le aziende per una scalabilità totale. «In buona sostanza realizza una sinergia tra aziende, partner e GS1 Italy che crea valore di sistema», conclude Vezzali.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab