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L’e-commerce e la sostenibilità economica

Il rallentamento della crescita degli acquisti online dei prodotti mette di fronte i player alla necessità di rivedere i modelli che ne hanno guidato l’espansione nell’ultimo biennio. I servizi, invece, hanno ripreso a crescere, grazie al turismo

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Il bicchiere mezzo pieno è che anche quest’anno il mercato italiano dell’e-commerce cresce. Il bicchiere mezzo vuoto è che, abituati a un biennio di risultati straordinari, il 2022 si dovrebbe chiudere con un complessivo rallentamento del tasso di crescita degli acquisti online dei prodotti ed è arrivato anche qui il momento di ripensare alla catena del valore e rivedere il meccanismo basato sull’aumento del fatturato a favore di una maggiore attenzione ai margini e alla redditività. È in estrema sintesi il messaggio dell’ultima edizione dell’Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, giunto alla ventiduesima edizione, realizzato con il contributo anche di GS1 Italy.

Il mercato internazionale

Dopo avere svolto un ruolo trainante per la crescita e l’innovazione del retail, anche fisico, nel 2022 l’e-commerce soprattutto di prodotto, sta attraversando un momento di incertezza a livello internazionale, dovuto in primo luogo alle conseguenze economiche delle tensioni socio-politiche. L’inflazione, poi, è arrivata, anche se in misura più contenuta di altri settori, a incidere sulla domanda e sui costi che non sono stati ancora scaricati sui prezzi di vendita, ma pongono i merchant nella condizione di dovere ottimizzare i processi per garantire sostenibilità economica (e non solo) nello scenario instabile e complesso. Due esempi su tutti: la gratuità della consegna e la gestione dei resi che stanno diventando dei macigni sulla struttura dei costi di tanti operatori.

I numeri del mercato rimangono però positivi. Nel 2022 si stima che il valore degli acquisti online (prodotti più servizi) nel mondo continui a crescere e raggiunga circa 4.500 miliardi di euro (+15% rispetto al 2021). «Per quanto riguarda i prodotti, il cui valore assomma a 3.790 miliardi di euro (+10%), la Cina è il mercato più ampio con il 40% del totale e con una penetrazione dell’online sui consumi totali del 27%. Europa e Stati Uniti sono entrambi al 22% di quota di mercato con una penetrazione rispettivamente del 17% e del 20%», osserva Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio eCommerce B2c. «In Europa, poi, si registra un rallentamento generalizzato del tasso di crescita con una penetrazione stabile o che aumenta leggermente. Dal 2017 al 2022 in tutti i mercati l’andamento è simile, tranne che nel Regno Unito che ha avuto un incremento del 50% nel 2020 perché, pur essendo il mercato più evoluto e maturo, è sembrato pronto dal punto di vista strutturale a far fronte all’improvviso aumento della domanda. Meno negli altri Paesi, come l’Italia dove c’è stata la rincorsa agli investimenti per assorbire la domanda».

Fig1_OsservatorioEcommerce_ott22.jpgFigura 1 – Il trend dell’e-commerce di prodotto in Europa (2017-2022) (valori in miliardi di euro)Fonte: School of Management del Politecnico di Milano “Osservatorio eCommerce B2c” 2022

Italia, i servizi fanno meglio

Venendo all’Italia, nel 2022 (ricordiamo che è una previsione di chiusura) gli acquisti online valgono 48,1 miliardi di euro (+20% rispetto al 2021), ma con due dinamiche differenti. Gli acquisti di prodotto continuano a crescere, sebbene con un ritmo più contenuto (+8%) rispetto a quello dello scorso anno (+18%), e toccano i 33,2 miliardi di euro. Gli acquisti di servizi, invece, portano a termine il percorso di ripresa (+59%) e raggiungono 14,9 miliardi di euro. Grazie alla crescita del comparto turismo e trasporti (+74%) si compensano le perdite generate durante l’emergenza sanitaria, con +900 milioni di euro rispetto al 2019.

Fig2_OsservatorioEcommerce_ott22.jpgFigura 2 – L’e-commerce di prodotti e servizi in Italia (2017-2022) Fonte: School of Management del Politecnico di Milano, “Osservatorio eCommerce B2c”, 2022

La frenata degli acquisti online dei prodotti non giunge certo inaspettata e le previsioni non sono rosee se un merchant su due aveva rivisto già ad aprile le stime di chiusura del conto economico con modifiche, al ribasso, del proprio fatturato e, al rialzo, delle spese.

Tutti i comparti di prodotto crescono a una cifra, con l’eccezione dell’arredamento (+12%) e del food & grocery (+15%). Ma va detto che proprio in questo comparto i ricercatori rilevano un rallentamento di alcuni progetti. La frenata del mercato è comunque più evidente se confrontata con il tasso di crescita annuale composto (CAGR) dal 2017 al 2021. Proseguendo nell’analisi, altro elemento di attenzione è il valore assoluto: escludendo il biennio precedente, negli anni scorsi il mercato cresceva di circa 3 miliardi, mentre quest’anno dovrebbe aumentare di poco più di 2 miliardi.

«Dopo due anni di crescita “straordinaria” quindi – afferma Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio eCommerce B2c – l’e-commerce di prodotto si trova in una fase di evoluzione più strutturata e controllata. La penetrazione vale l’11% nel 2022 (stabile rispetto al 2021). Nel 2022 aumenta invece la penetrazione della componente di servizi, che passa dal 12% al 14%. Al di là di queste variazioni, oggi quel che conta è la rilevanza dell’online nel sistema del commercio e da parte dei merchant c’è uno sforzo congiunto per sfumare i confini tra online e offline e di utilizzare i canali in modo strumentale per avere crescita sostenibile, valorizzando i singoli punti di forza: la velocità e la comodità dell’e-commerce e l’aspetto relazionale e sociale del negozio fisico».

Fig3_OsservatorioEcommerce_ott22.jpgFigura 3 – Gli acquisti online di prodotto per compartoFonte: School of Management del Politecnico di Milano, Osservatorio eCommerce B2c, 2022

Un consumatore, un commercio

Concorda con questa considerazione Roberto Liscia, presidente di Netcomm: «Vi è la necessità di cambiare paradigma: serve abbandonare la visione tipicamente dualistica che vede in contrasto online e fisico; grandi piattaforme e piccole e medie imprese. Il commercio digitale è un ecosistema a tutti gli effetti e come tale va concepito, in un’ottica di sinergia e collaborazione tra gli attori che operano in questo mercato. Solo in questo modo le piccole e medie imprese italiane potranno essere competitive, non solo nel nostro paese, ma anche all’estero. Per questo motivo – prosegue Liscia – i modelli di business delle aziende devono rispondere con prontezza alle esigenze dei consumatori digitali italiani, che chiedono un’esperienza di acquisto multicanale e su misura e che non sono più disposti a tornare indietro. Quindi tutte le realtà, dalle imprese produttrici agli intermediari, fino alle aziende distributrici, si troveranno a dover rivedere necessariamente il loro modo di fare impresa e le loro relazioni lungo la filiera, mettendo in discussione le attuali logiche produttive, commerciali e di operations».

Secondo Liscia i modelli di reazione a questa evoluzione sono i più disparati: i grandi operatori cercano il consolidamento, lavorando di più sulla struttura dei costi. Dal canto loro i digital retailer (ma non solo, vedi il caso di Decathlon) rincorrono le economie di scala e ricercano i volumi, trasformandosi in marketplace. I retailer multicanale, nel food per esempio, rafforzano gli investimenti per rispondere alle aspettative di servizio dei clienti (per esempio l’accordo tra Esselunga e Deliveroo per le consegne rapide). I piccoli retailer si dividono tra chi ha prodotti di eccellenza che usa il digitale per raggiungere i clienti con i suoi prodotti, come Destination Gusto che ha in programma il servizio di quick commerce con consegne nello stesso giorno e l’inserimento per gestire i freschi da magazzino centrale) e chi invece ha bisogno di fare accordi con i grandi player per crescere. Infine ci sono merchant che cercano volumi nell’internazionalizzazione.

Ripensare alla catena del valore

Nel contesto incerto come quello attuale la cifra che accomuna è quella di una riprogettazione dei modelli di business e molti operatori sono al lavoro sull’intera catena del valore (marketing, customer care, pagamenti, logistica, tecnologia) per migliorare i ricavi, ma soprattutto per contenere i costi con obiettivi di breve, medio e lungo termine, a garanzia di un percorso di crescita sostenibile, soprattutto dal punto di vista economico.

Così nel marketing l’accento viene posto sulla comunicazione mirata e personalizzata attraverso l’utilizzo integrato dei vari canali e la sperimentazione di nuovi formati pubblicitari. Nel customer care la tecnologia diventa una valida alleata per seguire il consumatore durante l’intero percorso di relazione e interazione con i clienti. Nei pagamenti l’attenzione è volta a semplificare il processo di check-out, visto che i tassi di abbandono del carrello in questa fase sono sempre elevati, rendendo disponibili nuove modalità di pagamento (buy now, pay later, pay by link, pay by bank) oppure come Carrefour in Italia favorendo un’esperienza seamless, mettendo a disposizione tutte le modalità di pagamento nel fisico anche nell’online.

Infine nella logistica, con le spedizioni cresciute a 565 milioni da 337 milioni nel 2019 e i punti di ritiro arrivati a circa 60 mila dai 25 mila del 2020, il focus è nella revisione delle attività di magazzino e di distribuzione come il miglioramento delle infrastrutture logistiche (ancora Carrefour, ma in Belgio con un centro di distribuzione in grado di evadere fino a 5 mila ordini online al giorno), l’automazione dei magazzini (Tannico), l’integrazione della rete di punti di ritiro con altri retailer (Ikea con Tesco), fino al packaging con materiale riutilizzato (Zara).

Il ripensamento dei processi alla base della catena del valore dell’e-commerce diventa quindi fondamentale per garantire ai retailer un percorso di crescita sostenibile, soprattutto dal punto di vista economico.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab