Il Non Food alla ricerca dei nuovi clienti
Nuove abitudini di acquisto dei consumatori e tecnologie stanno cambiando profondamente le strategie e i modelli di business degli attori del retail Non Food verso l’equilibrio tra digitale e negozio fisico, per aumentare la base dei clienti e rispondere ai loro differenti bisogni
La sfida dell’omnicanalità e il nuovo consumatore. Ancora prima di essere il titolo della seconda edizione di Retail Non Food organizzato da Retail Institute Italy a fine gennaio 2022, rappresentano nella loro reciproca influenza la cifra di questi ultimi dieci anni. È stata l’omnicanalità, figlia della trasformazione digitale a cambiare il consumatore o, viceversa, sono stati i nuovi comportamenti dei consumatori, figli anch’essi del digitale, a spingere verso modelli di business omnicanale?
Di fatto, l’approdo alle strategie omnichannel dei retailer (ma anche dell’Industria e dei servizi) e il cambiamento dello scenario dei consumi sono il risultato di un trend di lungo periodo, come spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Dalla nascita dell’ipermercato all’omnicanalità la storia del Non Food è costellata di alcune pietre miliari, come la nascita delle grandi superfici specializzate, i famosi category killer caratterizzati da profondità di assortimento, massa critica, promozioni e servizio, lo sviluppo dei centri commerciali trainati dagli ipermercati stessi, i factory outlet, una scommessa vinta. Per arrivare poi alla crescita dei centri urbani in risposta alla domanda di prossimità e alla nascita e all’evoluzione dell’e-commerce verso l’omnicanalità. È un racconto che - prosegue Cuppini - l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy testimonia da venti anni indagando sia l’andamento dei consumi sia l’evoluzione dei canali, in un mix caratterizzato da elementi diversi, fino allo shock del lockdown, che ha determinato il calo del -9,5% dei consumi Non Food. Prosegue quindi la razionalizzazione dei punti vendita specializzati di grandi dimensioni, con l’eccezione di elettrodomestici, informatica, audio e video. Nella grande distribuzione continua a comprimersi la rete di vendita degli ipermercati, tanto che diversi retailer cominciano a interrogarsi sull’opportunità di mantenere questo formato distributivo. Soprattutto dove c’è la presenza di grandi superfici specializzate le quote Non Food delle grandi superfici alimentari sono decisamente contenute. Solo i settori cancelleria, giocattoli e piccoli elettrodomestici si difendono».
L'ultima edizione dell'Osservatorio Non Food di GS1 Italy rileva un possibile rallentamento delle visite ai centri commerciali per motivi legati ai timori sanitari: il 40% degli intervistati si esprime infatti in tal senso. A trarne vantaggio sono sia i contenitori all’aperto, come i factory outlet, sia il commercio urbano con un possibile recupero dei punti vendita nei centri storici.
Figura 1 – Le previsioni di visita dei centri commerciali (fine 2021-2022)
Fonte: GS1 Italy “Osservatorio Non Food” 2020
L’e-commerce ha ormai consolidato il proprio ruolo di punto fermo per gli acquisti Non Food, diventando per qualche settore, l’edutainment sopra tutti, il canale di acquisto fondamentale.
GfK calcola che i mercati Non Food dei suoi panel di indagine registrino un andamento positivo nel 2021 (gennaio-novembre) sia rispetto al 2020 sia al 2019 e che solo nel secondo e terzo trimestre di quest’anno il valore degli acquisti online delle principali categorie in Italia abbia raggiunto i 15,7 miliardi di euro.
Figura 2 – Le categorie acquistate con l’e-commerce (2° e 3° trimestre 2021)
Fonte: GfK "Retail Non Food" 2022
«Occorre però fare qualche riflessione supplementare analizzando i comportamenti delle diverse generazioni di acquirenti, in particolare quelle più giovani, presso le quali sta imponendosi l’uso di soluzioni di quick commerce (come Gorillas) grazie allo smartphone e alla rapidità di consegna. Credo che si debbano considerare anche gli utilizzi dell’e-commerce diversi dall’omicanalità tradizionale e chiederci se accanto alla prossimità territoriale e relazionale non sia arrivato il momento di considerare anche il tema della prossimità digitale», conclude Cuppini.
Nuovi target
La preoccupazione maggiore delle imprese è quella di allargare la base dei clienti, raggiungere nuovi target, gestirli e organizzarli sfruttando tutti gli strumenti dell’omnicanalità.
Lo fa per esempio Bialetti attraverso attività digitali e multimediali con il coinvolgimento di influencer. Ai quali si rivolge anche Hayer Europe per aprire un canale di dialogo con i consumatori, un compito reso più complesso per il diverso posizionamento dei tre brand europei: Candy per un target più giovane e smart, Hoover per chi si prende cura della casa, Hayer per il consumatore aspirazionale.
Sull’ampliamento del target dei clienti si focalizza anche l’attività di Mondo Convenienza, che degli 11 miliardi di euro di vendite nel settore arredamento rappresenta il 15% e che a partire dal 2017 ha creato una factory interna per dare impulso alla trasformazione digitale. «Grazie allo sviluppo delle attività digitali che coprono otto canali diversi, l’ultimo dei quali è Whatsapp, oggi ci rivolgiamo a una fascia ampia di clienti dai 25 ai 60 anni coinvolgendoli in maniera diversa – afferma Dario Carosi, chief innovation officer di Mondo Convenienza – con il comune denominatore di fornire un servizio “any time, any where, any device”, perché la velocità di reazione diventa un fattore di scelta. E se da un lato la logistica per noi retailer è la sfida del futuro, dall’altro il punto vendita fisico si trasforma sempre più in punto di esperienza».
Un concetto chiaro nella strategia di Flying Tiger Copenhagen. «Per noi lo store fisico è fondamentale, non solo per l’acquisto d’impulso, ma perché vendiamo un’esperienza d’acquisto. A partire dalla struttura del layout, un percorso a serpentone che rende i clienti liberi nei loro acquisti avendo però a disposizione il personale. Ci rendiamo conto che è un approccio difficile da replicare online, ma con Glovo abbiamo già cominciato durante la pandemia a spostare una piccola parte delle vendite verso il digitale», spiega Simona Milanesi, retail manager di Flying Tiger Copenhagen.
Omnicanalità collaborativa
«La tensione verso il digitale non può prescindere dal canale fisico», conferma Lorenzo Mian, country digital leader di Decathlon Italia. «Ma è un percorso sempre più complesso. Per questo motivo il rapporto tra digitale e negozio è sempre più stretto: da un lato offriamo la possibilità di acquistare online e di ritirare dopo un’ora nel punto vendita più vicino, dall’altro si può acquistare online in negozio con l’assistenza del nostro personale e ricevere il pacco a casa o ritirarlo in un altro momento. L’App, poi, completa l’esperienza d’acquisto vissuta nel punto vendita. Ci rendiamo però conto che dobbiamo diventare sempre più una piattaforma anche con l’offerta di altri partner per una maggiore soddisfazione dei clienti. Così abbiamo aperto il sito a fornitori selezionati con l’obiettivo di sfruttare l’effetto massa per acquisire nuovi clienti, aumentando anche la differenziazione dell’offerta tra punto vendita e digitale».
È una logica, quella della piattaforma, che guida anche Sky nell’ampliamento della prospettiva da fornitore di intrattenimento a media tech company». «Le media company sono in profonda trasformazione e di fronte a player globali bisogna essere player multipli», spiega Lucio Golinelli, retail & service senior director di Sky Italia. «Manca però un contenitore unico che renda meno complessa la vita per il consumatore. Noi ci proponiamo come distributori di contenuti anche dei nostri concorrenti».
Anche Euronics va in questa direzione con il progetto digital store, ampliando l’offerta del negozio con l’aggiunta di prodotti dell’e-commerce del gruppo e di fornitori esterni integrati. «Questo significa occupare meno spazio e ridurre le referenze, soprattutto dei grandi elettrodomestici. In termini più tecnici, aumentare le referenze senza aggravi sullo stock del negozio», afferma Francesco Butali, amministratore delegato di Butali-Euronics. Che aggiunge: «C’è però una difficoltà intrinseca con diversi fornitori: alcuni non sono organizzati, altri non hanno la struttura software adeguata».
Al contrario, Roberto Quadrelli, head of ecommerce di Lego, rileva una diversa velocità nell’approcciare le attività digitali da parte dei retailer. Lego si muove all’interno di un ecosistema basato sui famosi mattoncini che comprende attività retail con store proprietari ed entertainment con tv, applicazioni, parchi di divertimento: «La strategia omnichannel si basa su processi e persone per valorizzare l’ecosistema attraverso i dati per migliorare la conoscenza dei nostri clienti, creando una consistenza di brand in ogni touchpoint e dando continuità all’ecosistema. Naturalmente lavoriamo con i retailer per valorizzare l’esperienza anche sui loro siti», afferma il manager. «Non sempre però registriamo la sincronizzazione con i retailer. Ecco, l’omnicanalità dovrebbe essere terreno comune di collaborazione per esprimere il massimo delle potenzialità», conclude Quadrelli.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab