L’IoT: un alleato dell’economia circolare
Mettere in circolo le informazioni
L’economia circolare ha un alleato nell’Internet of Things. La capacità degli oggetti di comunicare e trasferire dati tra loro consente di mettere in circolo prima di tutto le informazioni, elemento fondamentale nel passaggio dal paradigma dell’economia lineare, produco-consumo-scarto, a quello circolare che ha nella riparabilità, durata e riciclabilità dei prodotti il suo fulcro. Ad abilitare l’Internet degli oggetti in ambito aziendale c’è la tecnologia RFID, Radio Frequency Identification, in grado di accelerare anche la transizione green rendendo smart merci e prodotti attraverso una semplice etichetta elettronica.
«Il tag in radiofrequenza, applicato all'inizio del ciclo di vita di un prodotto o asset, consente potenzialmente di monitorarne tutto il ciclo di vita, dalla sua creazione fino allo smaltimento, abilitando la trasmissione e la condivisione dell'identità di quello specifico pezzo», spiega Linda Vezzani, GS1 visibility and RFID standards specialist di GS1 Italy. Fondamentale in questo passaggio è la qualità, l’omogeneità e l’affidabilità dei dati trasmessi. «Se tale identità è espressa attraverso un linguaggio globale come lo standard GS1 EPC (Electronic Product Code), le informazioni, puntuali e univoche del pezzo, circolano di più e tra diversi attori della filiera. A questo punto una maggiore visibilità sulla storia del prodotto permette di individuare i processi migliorabili e intervenire per ottimizzarli - prosegue Vezzani - L’EPC supporta non solo prodotti e flussi fisici di merci, insieme alla tecnologia RFID, ma anche e soprattutto flussi di informazioni ad essi correlati».
Già, perché la circolazione delle informazioni, quando manca, è alla base di molte criticità ma è spesso la soluzione per ottimizzare i processi aziendali, come ha ricordato in una recente intervista il padre dell’IoT, Kevin Ashton: «Mi divenne chiaro che il problema non erano i prodotti ma erano le loro informazioni - ha detto spiegando la genesi dell’Internet of Thing - una conclusione inaspettata verso la fine degli anni Novanta, perché Internet era una cosa nuova». Oggi a distanza di oltre 20 anni, la possibilità di connettere gli oggetti attraverso una tecnologia come l’RFID, garantendo la circolazione di informazioni precise e univoche, non solo aumenta l’efficienza e l’efficacia aziendale ma può supportare la transizione green. I vantaggi sono diversi: «Sono vantaggi legati all'identificazione, classificazione e monitoraggio della storia di un singolo pezzo, con la possibilità di agire a livello di upstream, tracciando a monte le materie prime e/o i componenti (magari riciclati o a basso impatto ambientale) - spiega Linda Vezzani - fondamentale poi è il ruolo che l'RFID gioca nel monitorare il ciclo di vita del prodotto a valle, fino a, se parliamo di Technical Industries, manutenzione, riparazione, dismissione/ smaltimento. In generale la tecnologia RFID incrementa l'accuratezza di molteplici processi tra cui inventario e recall dei prodotti. Un inventario gestito con RFID, ad esempio, è condotto in maniera più frequente e puntuale. Questo permette di mantenere un livello adeguato di scorte senza eccedere né sprecare prodotti (a ridotta shelf life) o materiali, trasporti (e conseguenti emissioni) o spazio».
Ma le etichette in radiofrequenza consentono una interoperabilità anche tra più aziende «incrementando la visibilità sui processi e sulla loro ottimizzazione, quindi sull'impatto ambientale». La stessa economia circolare, considerato il paradigma più promettente per una economia a zero sprechi, per poter essere implementata a pieno, deve coinvolgere l’intera supply chain e richiede un approccio collaborativo lungo l’intera filiera. «In ottica collaborativa l'RFID può potenziare tutti quei processi condivisi tra più partner - sottolinea Linda Vezzani - parliamo di spedizione, ricevimento, trasferimento di proprietà (dove però l'identificativo del prodotto/asset non cambia, ma si porta dietro la sua storia pregressa) sostituzione o riparazione e smaltimento». In questo ambito la sfida è proprio quella di fare in modo che tutta la filiera adotti la tecnologia EPC/RFID. «In questo modo numerosi processi sarebbero più efficienti con una conseguente riduzione di tempi e costi di gestione, si raggiungerebbe una visibilità estesa del prodotto o dell’asset rendendo necessarie meno risorse di quelle attualmente usate per ottenerne una comparabile o minore. Infine - conclude l'esperta di GS1 Italy - vi sarebbe una maggior circolazione di informazioni, univocamente legate ad un codice EPC, con un impatto positivo sulla riduzione degli sprechi».
GS1 Italy insieme all’RFID Lab dell’Università di Parma racconta quali sono oggi le opportunità che l’RFID abilita alla luce della sua connotazione nell’ecosistema IoT.
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