Un futuro di servizi per la casa connessa
La riscoperta della casa non solo come luogo di vita e tempo libero ma anche come luogo di lavoro e di crescita digitale. Secondo l’Osservatorio Internet of Things, il mercato della smart home si sta evolvendo grazie agli incentivi per l’adeguamento tecnologico delle case e si sta orientando verso l’integrazione dei prodotti con l’offerta di servizi
Qual è stato l’impatto della pandemia sulla smart home, la casa connessa, di cui l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano segue il percorso ormai da cinque anni?
La risposta è che non si è confermato il trend di crescita degli scorsi anni (+52% nel 2018, +40% nel 2019), anche se il mercato ha complessivamente tenuto, facendo registrare nel 2020 solo una lieve flessione (-5%), assestandosi a quota 505 milioni di euro (8,4 €/abitante, contro gli 8,8 del 2019). In Europa meglio di noi hanno fatto Germania e Regno Unito, dove il mercato della smart home, peraltro già più maturo, è riuscito comunque a crescere a due cifre (+16% e +10% rispettivamente).
Ma al di là dell’aspetto quantitativo, la pandemia ha contribuito a rinnovare l’interesse degli italiani per la casa, diventato anche luogo di lavoro, e a far crescere la cultura digitale dell’utenza: due elementi che, secondo i ricercatori, traineranno il mercato nel 2021, unitamente alla disponibilità di incentivi governativi, come il “Superbonus 110%”, una misura che non ha avuto per il momento un impatto diretto sul mercato della smart home ma ha generato un effetto a cascata su altre misure, come l’Ecobonus o il Bonus Domotica, che hanno favorito soprattutto le vendite di caldaie, termostati e climatizzatori smart.
I canali di vendita
La pandemia ha avuto un impatto anche sui canali di vendita. Se infatti da un lato gli e-retailer hanno registrato un buon tasso di crescita raggiungendo 180 milioni di euro a fine 2020 (+20%, 36% del mercato), lo stesso non si può dire per i retailer multicanale, che hanno patito le restrizioni sulle aperture dei negozi fisici, e per la filiera “tradizionale”, che vede nell’installatore la figura chiave. In particolare, i primi hanno recuperato – anche grazie all’online – le vendite perse durante i mesi del lockdown, mantenendo un valore di fatturato di poco inferiore rispetto a quello registrato nel 2019 (95 milioni di euro, -5%), mentre la filiera “tradizionale”, pur continuando a svolgere un ruolo molto importante all’interno di questo mercato, ha osservato una significativa riduzione nel 2020 (-17%) attestandosi su 175 milioni di euro. Rimangono limitate per il momento le vendite di telco, utility e assicurazioni: per molte di queste aziende è stato un anno di ripensamento sul fronte delle nuove offerte integrate per la casa.
Figura 1 – La ripartizione del mercato per canali di vendita
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Internet of Things - Smart Home” 2021
Verso l’integrazione con i servizi
A ciò si aggiungono due trend che hanno caratterizzato il mercato nell’ultimo anno: l’ingresso di nuovi attori diversi dagli over the top (Google, Apple, Amazon) che vanno dai produttori di arredo (Scavolini ha integrato Alexa nelle cucine) alla GDO (il lancio di Lidl Home, linea di prodotti per la smart home) alle agenzie immobiliari (Gabetti con Resideo) ai produttori di auto (Mercedes con Bosch per il dialogo tra smart car e smart home). Il secondo trend riguarda l’aumento dell’offerta di servizi in abbonamento in aggiunta alla vendita di dispositivi, come la possibilità di attivare un pronto intervento in caso di pericolo per gli anziani che vivono soli in casa o la proposta di modelli pay per use e di rifornimento automatico di prodotti legato agli elettrodomestici dotati di intelligenza artificiale.
Altri esempi non mancano. Come il sistema di videosorveglianza as a service di Ezviz-Hikivision, che dopo avere integrato tutti i dispositivi ha posto le basi per l’inserimento di servizi, anche in partnership con altre aziende. «L’innovazione dei servizi è la chiave del successo dell’Internet of things – aggiunge poi Mario Salari, head of Italy Ariston Thermo –. In particolare la semplificazione dei servizi aumenta l’efficienza e consente un maggior risparmio energetico. In più l’utilizzo dell’intelligenza artificiale migliora l’esperienza d’uso delle persone. Infatti dalle migliaia di prodotti installati si ricavano milioni di informazioni che, grazie al deep machine learning, vengono messe a disposizione dei clienti. Con Ariston Net forniamo la programmazione automatica delle temperature, la valutazione dei consumi in kw ed euro, i suggerimenti per migliorare l’uso. E con Net Pro, rivolto agli installatori, utilizziamo algoritmi predittivi per prevenire i problemi e risolverli nell’immediato da remoto».
La valorizzazione dei dati è centrale anche per Filippo Naluzzi, ceo co-founder Homeero, che si occupa di servizi di manutenzione innovativi per il residenziale, ma anche per il retail, gli hotel, i centri commerciali: «I dispositivi connessi mettono a disposizione una gran mole di dati e la loro integrazione è fondamentale per spostare l’accento dal prodotto al servizio. Finché il prodotto è al centro dell’attenzione il mercato continuerà a restare una nicchia. Occorre mettere al centro il concetto di utilità per le persone: bisogna entrare nella vita delle famiglie, non solo nelle case».
I consumatori ci credono
Del resto, anche se il 92% non li ha ancora attivati, sono gli stessi consumatori a dichiararsi interessati ad acquistare in futuro servizi aggiuntivi (il 62%, di cui un terzo disposto a pagare di più), soprattutto quelli legati all’assistenza medica (35%) e al monitoraggio-ottimizzazione dei consumi energetici (31%).
Figura 2 – Quali servizi il consumatore italiano è disposto ad acquistare
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Internet of Things - Smart Home” 2021
In generale, oltre due terzi dei consumatori italiani hanno sentito parlare almeno una volta di casa intelligente (69%, +1%), con un livello di conoscenza più alto fra i 18-34enni (82%) e fra gli utenti che hanno più familiarità con le tecnologie (89%). Crescono anche la percentuale di utenti che possiede almeno un oggetto (43%, +1%) e l’uso delle funzionalità smart è aumentato nel 19% dei casi, ridotto nel 13%. Diminuiscono invece l’attenzione verso gli oggetti intelligenti, con il 14% del campione che li ritiene meno prioritari rispetto a prima della pandemia, e il budget da dedicare a queste soluzioni, che si è ridotto per un quarto dei consumatori mentre è cresciuto solo per il 5%.
Battuta di arresto per quanto riguarda la preoccupazione per la privacy: solo il 45% degli utenti manifestano preoccupazione contro il 54% del 2019. Ma il 48% ritiene invadente l’attivazione in autonomia dei dispositivi connessi basati sull’intelligenza artificiale, preferendo mantenerne il controllo.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab