Il grande balzo del digitale nel retail
L’effetto Covid ha messo il turbo agli investimenti digitali nella distribuzione, con l’e-commerce indubbio vincitore. Ma ha anche messo in luce l’importanza dei processi e la necessità di una loro integrazione per una strategia omnicanale. Con il negozio al centro dell’esperienza del cliente.
Con la pandemia la naturale e continua evoluzione del retail – determinata da cambiamenti del potere d’acquisto, degli stili di vita dei consumatori, dall’innovazione di prodotto e dall’uso delle tecnologie – ha subito una potente accelerazione. Principalmente in due direzioni: la crescita dell’e-commerce, con impatti nella logistica e nell’adeguamento dell’infrastruttura retail, e l’adozione di soluzioni tecnologiche nei punti vendita.
Parte da queste considerazioni generali la settima edizione dell’Osservatorio Innovazione digitale nel retail della School of management del Politecnico di Milano.
«A livello internazionale – afferma Elisabetta Puglielli, ricercatrice dell’Osservatorio – le vendite al dettaglio hanno subito una decisa contrazione, in parte compensata dal balzo in avanti delle vendite online, che con una penetrazione cresciuta al 13% in Europa, al 24% in Cina e al 20% negli Stati Uniti, è diventato sempre più centrale nelle strategie dei retailer. Contemporaneamente sono entrati in crisi i modelli tradizionali di retail, con importanti ricadute in termini di razionalizzazione dell’infrastruttura fisica e di revisione del ruolo del negozio». Si va dalla chiusura dei punti vendita, come Gap che abbandona l’Europa, al potenziamento del canale online (Zara, Tesco, Carrefour in Belgio) e delle iniziative di integrazione fisico-digitale (Whole Foods in Usa, con l’estensione del click & collect).
Tra risposte immediate all’emergenza con iniziative focalizzate su online e omnicanalità da un lato e dall’altro sul negozio per la semplificazione dell’esperienza in store e per nuove modalità di vendita con l’automazione di processi (pagamenti, videochiamate e impiego della realtà virtuale), per il retail si apre nel medio-lungo periodo un cantiere di lavoro per la ricerca di nuovi equilibri tra i canali e per il ridimensionamento degli spazi fisici, con un ripensamento della prossimità intesa come vicinanza al cliente, non solo geografica.
In Italia, digitale anche per le PMI
L’Italia non è stata da meno. Nei primi due mesi di lockdown, il 57% dei negozi e il 100% dei ristoranti è rimasto chiuso, con una riduzione della capillarità e una contrazione dei ricavi che sull’anno è del -12,6% (con un aumento dei costi per sanificazione del +3%). Per contro le vendite online dei prodotti sono lievitate del +31%. E la combinazione di minori ricavi offline e aumento della domanda online ha avuto un impatto sulla penetrazione dell’e-commerce sul totale retail che è passata dal 6% del 2019 all’8% del 2020. Soprattutto ha influito sugli investimenti nell’innovazione digitale, passati dall’1,5% sul fatturato nel 2019 al 2% nel 2020, non solo tra i top retailer italiani ma anche tra le PMI del commercio.
Figura 1 - Il contesto del retail legato all’emergenza sanitaria
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Innovazione digitale nel retail” 2021
All’avvento del lockdown i maggiori retailer italiani hanno immediatamente investito nello sviluppo di una propria progettualità e-commerce (come è stato anticipato in un articolo precedente). Chi invece era già presente online ha potenziato la propria iniziativa consolidando l’infrastruttura logistica, grazie all’apertura di nuovi magazzini e all’utilizzo dei punti vendita a supporto dell’online, mettendo in atto investimenti tecnologici e assumendo nuovo personale dedicato alle operatività e-commerce. Dopo il lockdown hanno lavorato per rafforzare l’offerta di innovativi metodi di pagamento e per digitalizzare, in senso più ampio, l’esperienza fisica di acquisto.
Da un’analisi condotta su 312 PMI invece è emerso che, a causa dei periodi di chiusura delle attività, il 64% ha lanciato almeno una nuova modalità di contatto e di vendita (come app di messaggistica, telefono, email). I benefici riscontrati (raggiungimento di un numero più ampio di consumatori e mantenimento di un dialogo attivo con i clienti più fedeli) hanno spinto l’84% del campione a mantenere attive tali modalità anche in fase di riapertura dei negozi.
Il digitale, dopo il lockdown, ha facilitato l’adeguamento dei punti vendita alle misure governative e alle nuove esigenze dei consumatori. Le soluzioni maggiormente adottate sono sistemi per il monitoraggio dello stato dei clienti (47% del campione), per il contingentamento degli ingressi (29%) e per il rispetto del distanziamento sociale in store (28%). Le PMI hanno lavorato anche sull’offerta di innovativi metodi di pagamento, contactless e mobile (67%) e sullo sviluppo di modelli omnicanale (42%).
Figura 2 – Il digitale fra le PMI del commercio
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Innovazione digitale nel retail” 2021
Tra back-end e front-end
Proprio con i sistemi di pagamento si è assistito a una forte accelerazione, in particolare nel fashion e anche nei piccoli negozi di prossimità, verso l’omnicanalità. «Sono stati introdotti un po’ in tutta Europa sistemi di pagamento più flessibili e offerte alternative di tutti i tipi», sostiene Danilo Arosio, business development director Pax Italia. «Le transazioni che partono in store, in modalità pay by link, per esempio, vengono conteggiate come transazioni online e anche i piccoli negozi sotto casa hanno adottato sistemi di pagamento più smart. Tanto che in prospettiva i confini tra le transazioni online e offline saranno sempre più sfumati».
Quello innescato dall’emergenza sanitaria nel retail è un cambio di rotta senza precedenti. «Nei momenti di grande pressione, come quelli che abbiamo vissuto, – rileva Andrea Ausili, data & innovation manager GS1 Italy – sono emerse grandi difficoltà tecnologiche, risolvibili, e difficoltà più strutturali, organizzative, di processo. È importante che questi aspetti vengano supportati da un back-end solido, robusto e si possa fare uso di best practices e di regole condivise per gestire la logistica e più in generale una collaborazione più ampia tra gli attori della filiera, in modo che il sistema possa reggere per concentrarsi sulle interazioni con i consumatori. Per esempio per la comunità del largo consumo è disponibile la piattaforma Immagino di immagini e informazioni di prodotto, che per chi si vuole cimentare con l’online consente di concentrarsi su altri aspetti del servizio più strutturali e che riguardano l’organizzazione dei processi».
Nella rincorsa al front-end, infatti, molti retailer hanno dovuto affrontare la difficoltà a scalare il business e a mantenersi efficienti. «Hanno fatto fronte alla domanda, a scapito però della marginalità», sostiene Laura Rescalli, business unit manager Tesisqure. «Oggi il mercato chiede soluzioni e strumenti per una gestione efficiente dell’e-commerce ma più in generale di una supply chain omnicanale. Almeno su due aspetti: la gestione evoluta della raccolta ordini con una visibilità sull’intera rete offline e online dello stock e della sua evoluzione fino alla consegna a domicilio e la preparazione degli ordini con l’emergere della creazione di darkstore dove utilizzare sistemi di preparazione evoluti in grado per esempio di gestire la preparazione multiordine e dove si possano sfruttare le tecnologie già consolidate come il picking vocale o l’automazione spinta dei magazzini. In sostanza c’è forte attenzione a una visibilità trasversale, cross canale per una supply chain unificata fino all’ottimizzazione della consegna e del pagamento in una modalità più fluida».
Adeguamento continuo
Sul versante del front-end l’innovazione digitale si è indirizzata anche verso il negozio fisico con diverse soluzioni in linea con le disposizioni governative e per consentire la maggiore autonomia dei clienti nel punto vendita. «Abbiamo affrontato un cambiamento che ha riguardato tutta la shopper experience – segnala Maniele Tasca, direttore generale Selex – con un’attenzione all’e-commerce, che nell’alimentare ha fatto un enorme balzo in avanti, e ai processi fisici in negozio, basti pensare all’implementazione delle soluzioni di self scanning e self checkout. Ormai le barriere all’ingresso dell’online sono state rotte e vedremo un consolidamento nei prossimi anni. Tuttavia occorre ricordare che i trend nel settore non hanno una crescita velocissima e per il futuro il punto vendita continuerà a essere un asset fondamentale, puntando sui freschissimi come driver principale di visita. Per altri prodotti ricorrenti ci potrà invece essere un incremento delle vendite online, come peraltro sta già accadendo. Ciò implicherà dei cambiamenti nel mix degli spazi, con un maggior ruolo ancora ai freschissimi, o alla ristorazione, che sarà destinata a riprendersi, o ancora ad aree di preparazione a supporto dell’online, in un processo di adeguamento continuo che è l’essenza stessa del fare commercio».
Al retail è richiesta, dunque, una trasformazione strutturale per recuperare efficienza su tutti i processi e trasferirla in attività ad alto valore aggiunto per i clienti. Il digitale, in tale contesto, può rappresentare un valido alleato, in grado di accompagnare i retailer lungo quattro principali linee di evoluzione: supportare la riprogettazione del punto vendita; garantire maggiore prossimità, fisica e funzionale, al consumatore; gestire importanti revisioni organizzative e garantire un’esperienza fluida grazie al paradigma dell’omniexperience. «Il servizio offerto ai clienti non è più una pura intermediazione commerciale, valutata prevalentemente in termini di risparmio di tempo e di costi, ma un’esperienza “phygital” capace di offrire interazioni autentiche con i brand ed i loro prodotti, valutata prevalentemente in termini di “time spending”, di qualità e profondità del tempo trascorso dal cliente sui diversi canali e nei diversi spazi fisici e virtuali», commenta Emilio Bellini, responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione digitale nel retail.
Se, come sembra, l’e-commerce sarà spinto in futuro più da ragioni di utilità (comodità nell’effettuazione dell’ordine, velocità del servizio, ampiezza della gamma offerta) che di convenienza, è la conclusione dell’Osservatorio, ci sarà più spazio a una distribuzione fisica capace di muoversi con intelligenza, giocando sul prezzo o, grazie al supporto delle tecnologie, sulla peculiarità dell’esperienza nel punto vendita.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab