Il non food alla sfida del ritorno a casa
Il cambiamento nelle abitudini di acquisto dei consumatori è uno degli effetti più evidenti della pandemia. Che cosa ha significato nel retail non food, costretto a confrontarsi con un competitor forzatamente in grande evidenza: la casa
Il cambiamento nelle abitudini di acquisto dei consumatori è uno degli effetti più evidenti della pandemia: il retail ha dovuto prima confrontarsi con esso in piena emergenza, poi, avendo preso le misure, reagire. E non v’è dubbio che il settore messo più a dura prova dal lockdown sia stato la distribuzione non alimentare.
A questo tema, un frullatore nel quale entrano le tecnologie, l’evoluzione del modello di business da parte delle aziende, l’innovazione e l’omnicanalità è stato dedicato il convegno in versione digitale Retail Non Food. L’impatto del “Back Home” sui consumi e sulla Customer Journey organizzato da Retail InstituteItalia.
Buona parte della riflessione ruota intorno alla casa come elemento centrale: luogo di lavoro, di studio, di attività domestiche moltiplicate dal Covid-19 (si pensi solo all’incremento delle vendite di ingredienti per preparare ricette varie), ma anche vero e proprio canale per gli acquisti, grazie all’e-commerce.
Marco Cuppini, research and communication director GS1 Italy, ripercorre le tappe dell’evoluzione del retail non food, messo sotto la lente da quasi vent’anni dall’Osservatorio Non Food dell’associazione delle imprese del largo consumo: «Dalla nascita degli ipermercati all’avvento dei category killer e delle grandi superfici specializzate, dai factory outlet al ritorno ai centri urbani e alla prossimità fino all’e-commerce, la proliferazione dei canali sta andando oltre, come attesta il fatto che il processo d’acquisto comincia dai social media.
Il lockdown ha poi spezzato tutte le certezze e l’impatto su consumi non food è stato devastante: per l’Osservatorio Non Food grandi catene e superfici specializzate sono state le più colpite e per quanto riguarda i comparti, alcuni hanno subito nel 2020 un calo delle vendite tra il 32 e il 40%. In controtendenza l’e-commerce, con l’aumento del numero di comparti non alimentari in cui supera il 10% di incidenza, grazie anche ai neofiti del web e agli utenti più anziani che hanno scoperto quanto sia semplice farsi portare la merce a casa, apprezzando in particolare la qualità dei prodotti, il prezzo e la rapidità di consegna. Tanto che dal 15% al 25% dei consumatori intervistati da Metrica per l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy dichiara di voler sostituire gli acquisti fatti nei negozi fisici con quelli realizzati via web. Oltre il 60% dei rispondenti, inoltre, sostiene che continuerà a effettuare acquisti tramite Internet anche in periodo post crisi e il 25% che sostituirebbe senza problemi gli acquisti in luogo fisico con l’e-commerce. Sempre il 68% degli intervistati ridurrà anche la frequentazione dei centri commerciali, principalmente per il timore di dover fare troppe file a causa dei protocolli di sicurezza».
Figura 1 – L’impatto del lockdown sui centri commerciali
Fonte: GS1 Italy “Osservatorio Non Food” 2020
La casa, luogo funzionale
È proprio nel rapporto tra “stiamo tutti a casa”, con ciò che significa in termini di acquisti online, e punto vendita che si sviluppa la ricerca di un equilibrio da parte dei retailer.
Così per Ikea la ripresa di interesse per la casa, dopo gli anni della preminenza dello stare fuori casa è un fatto misurabile, che ha cambiato anche l’idea di come si deve stare in casa. «Nelle nostre ricerche rileviamo che la maggior parte dei consumatori è passata da un’idea di cosmetica della casa a una necessità di funzionalità. Le persone parlano sempre più di bisogni, sono alla ricerca di soluzioni, per esempio come organizzare gli spazi domestici per lo smart working», spiega Luca Battistella, home furnishing direction leader Ikea. Persino Thun, che dell’emozionalità della casa ha fatto la cifra del successo, ha cominciato a inserire a catalogo anche prodotti funzionali. «Ma sempre nel segno dell’emozionalità», sottolinea Diletta Bortesi, head of marketing Thun. La stessa emozionalità verso cui tende il nuovo corso di Conad nel non food, che ha deciso di affidare a partner specialisti alcuni settori come la tecnologia e l’elettronica di consumo, per concentrarsi su alcuni mondi come la casa, che vale circa il 30% delle vendite non food nel canale ipermercato. «Ci focalizziamo su un’offerta distintiva – afferma Barbara Astolfi, direttore extralimentare acquisti e offerta Conad – per recuperare una logica di emozione all’interno di una superficie che di norma è razionale, contando anche sulle opportunità che hanno i fornitori per creare con noi esperienze ed emozioni, attraverso la teatralizzazione dell’esposizione, gli eventi, la stagionalità».
Umanizzare l’esperienza digitale
Il vero salto di paradigma è, però, come riproporre nella dimensione digitale la relazione e lo spirito che si vive nel negozio. Per Ikea è lo store virtuale, la proposta della visita nel punto vendita online collegata con la possibilità di acquistare. E per Thun il retail esperienziale ha preso la forma dello showroom virtuale B2B rivolto ai rivenditori indipendenti per raccontare le nuove collezioni ma anche, nel periodo natalizio, delle vendite telefoniche degli store manager rivolte al pubblico di affezionati clienti: sono 1,5 milioni i clienti fidelizzati, spesso collezionisti, e 100 mila gli iscritti al Thun club dalle numerose offerte esclusive.
Umanizzare l’esperienza d’acquisto è anche l’obiettivo di un retailer virtuale e multipiattaforma (tv, web, abb) come Qvc, che ogni giorno effettua 32 ore di diretta tv. «Umanità e relazione connotano il nostro modello di business – spiega Paolo Filipin, director of merchandising Qvc Italia – ed è per questo che le nostre trasmissioni sono impostate per favorire l’interazione con i clienti: un presenter e un rappresentante dell’azienda raccontano il prodotto e rispondono alle domande delle clienti. L’esperienza d’acquisto diventa così un momento di compagnia, di evasione dalla realtà per le persone che passano più tempo a casa. Perché per alimentare l’umanizzazione dello shopping serve una storia dai contenuti differenziali e alimentare una certa spettacolarizzazione».
Anche per Lorenzo Mian, area manager Decathlon Italia, umanizzare il rapporto con il cliente a distanza è una delle strade da perseguire per rendere fluida l’esperienza d’acquisto, anche se non è facile fare percepire i vantaggi dello store fisico nella modalità digitale.
Un passo in questa direzione è quello di ManoMano, piattaforma specializzata in home e gardening con un catalogo di 10 milioni di prodotti online, che accompagna i clienti nella selezione dei prodotti attraverso l’ausilio di un team di esperti nelle singole categorie che opera a livello decentralizzato nei singoli Paesi, che interagiscono via chat o telefonicamente. «La questione chiave – commenta Francesco Caravello, senior vice president sellers’partnership ManoMano – è riuscire a render questa relazione e questa prossimità al cliente scalabile e globale.
La libreria, un luogo per le persone
Lo stare forzatamente a casa si è dimostrato anche un potente motore per «le vendite dei libri che hanno chiuso un anno eccezionale, con un +3% a valore sul 2019 - come spiega Francesco Riganti, marketing director Mondadori Retail – grazie ovviamente all’online ma anche alle librerie di vicinato e prossimità, che hanno performato meglio di quelle nei centri commerciali e delle grandi superfici nei centri urbani. Un risultato importante perché dà atto che le persone hanno riscoperto nelle librerie di quartiere un punto di riferimento per la comunità».
Il legame tra digitale e fisico si ritrova anche nella strategia di Librerie Feltrinelli che se da un lato ha spostato sul canale online gli eventi di presentazione delle novità, guadagnando anche la possibilità di ospitare autori stranieri, e quelli dettati dall’attualità come le elezioni presidenziali americane utilizzando anche i social, dall’altro ha utilizzato il lockdown per ridisegnare completamente la libreria di Piazza Piemonte a Milano. «Non abbiamo voluto riprendere il concept del flagship store non ripetibile e non a misura di cliente – illustra Roberto Merlini, chief customer officer Librerie Feltrinelli – ma ci siamo concentrati su uno spazio dove le persone possono passare del tempo, consumare cibo e bevande al Red, dove è presente un’area verde, dove l’area eventi è stata ampliata anche con l’utilizzo del digitale. Poi c’è un’area ragazzi e un’area giochi ai piani superiori. Il canale online è ormai insostituibile, come hanno dimostrato i mesi scorsi, ma il fascino della libreria dove trascorrere del tempo rimane immutato».
Il ruolo dell’innovazione
Chi ha puntato molto sulla tecnologia sono i gestori degli shopping center, anello intermedio tra i negozi affittuari e i clienti finali. Come Grandi Stazioni Retail che ha visto interrompersi un flusso di 750 milioni di viaggiatori annui nelle stazioni ferroviarie delle principali città italiane. Racconta Cesare Salvini, chief marketing officer: «Dopo aver rassicurato i tenant sulla tenuta del business abbiamo sviluppato una app per prenotare i prodotti durante il viaggio e ritirarli al momento dell’arrivo o per sfruttare l’attesa con offerte mirate, abbiamo cominciato a utilizzare i media digitali per promuoverei prodotti acquistabili in stazione e stiamo concludendo un piano di qualificazione delle videocamere per trasformare in valore i flussi delle persone transitanti per fare delle stazioni un luogo in cui il digitale è legato sempre più al fisico».
Un altro esempio è quello di Scalomilano@casa, un servizio via whatsapp al quale hanno aderito 40 negozi sui 150 presenti in questo outlet alle porte di Milano: i clienti sfogliano il catalogo dell’azienda prescelta e ordina i prodotti preferiti, decidendo poi se riceverli a casa o andarli a ritirare a Scalo Milano.
Secondo Valeria Santoro, country manager Stocard l’innovazione ha difeso dalla pandemia e le aziende che non si sono allineate con la tendenza alla multicanalità del consumatore hanno perso un’importante occasione per le vendite: «Non si tratta di scegliere se essere innovativi o meno. La questione in gioco è la stessa sopravvivenza dell’azienda. La buona notizia è che l’innovazione ha penetrato le maglie anche dell’imprenditoria più piccola, che non avendo la possibilità di informarsi sui trend tecnologici ha fatto di necessità virtù. Ma il consumatore non vede l’ora di tornare in negozio».
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab
Scopri l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy