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L’Agrifood ha fame di trasformazione digitale

L’Agricoltura 4.0 continua la sua crescita sia sul fronte dell’agricoltura di precisione sia su quello delle soluzioni di filiera per la tracciabilità dei prodotti alimentari, dove domina la blockchain

In questo momento particolare, caratterizzato dall’emergenza sanitaria Covid-19, il digitale può aiutare il settore agroalimentare a garantire sicurezza – rispetto al cibo prodotto, ma anche alle persone impiegate – ed efficienza a tutti gli attori della filiera, e nelle imprese agricole che avevano già iniziato a digitalizzarsi i vantaggi sono numerosi.

Lo confermano gli ultimi risultati dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia.

Il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 continua a crescere, raggiungendo nel 2019 un valore di 450 milioni di euro (+22% rispetto al 2018, il 5% del mercato globale).

Risulta predominante l’agricoltura di precisione, con la maggior parte della spesa concentrata in sistemi di monitoraggio e controllo (il 39% della spesa), software gestionali (20%) e macchinari connessi (14%), seguiti da sistemi di monitoraggio da remoto dei terreni (10%), di mappatura (9%) e di supporto alle decisioni (5%).

Figura 1 – L’incidenza delle soluzioni tecnologiche nell’Agricoltura 4.0

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Fonte: School of Management Politecnico di Milano e Laboratorio Rise Università di Brescia, “Osservatorio Smart Agrifood” Aprile 2020

Secondo un sondaggio condotto su 288 imprese agricole, inoltre, le aziende del settore investono in soluzioni 4.0 principalmente per migliorare la sostenibilità ambientale delle proprie coltivazioni, aumentare la consapevolezza delle dinamiche in atto all’interno della propria azienda, ridurre i costi e semplificare il lavoro intellettuale.

«L’innovazione digitale ha quindi un ruolo sempre più importante e riconosciuto dagli operatori del settore nel rendere più efficienti le singole attività agricole e come leva strategica in grado di garantire maggiore competitività al comparto nello scenario internazionale», osserva Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood.

Anche l’offerta tecnologica è in decisa crescita. L’Osservatorio ha censito oltre 400 soluzioni di Agricoltura 4.0. Dall’analisi delle tecnologie utilizzate emerge la crescente importanza della gestione dei dati: il 72% delle soluzioni è legato a software per l’analisi avanzata dei dati, il 61% è costituito da piattaforme software capaci di ospitare dati provenienti da diverse fonti e il 50% riguarda strumenti che sfruttano l’Internet of Things (+6% sul 2018).

Lo conferma Giuseppe Elias, amministratore unico Gestione aziende Bianchini società agricola: «Non possiamo fare a meno dei dati da tradurre in risposte per gli agricoltori. Certo, occorrerà in futuro semplificare i sistemi di estrazione dei dati e dare un’adeguata formazione al personale per migliorare l’efficienza non solo nelle attività in campo, ma anche per le altre operazioni».

Tra le criticità e gli ostacoli al processo di trasformazione digitale in agricoltura segnalate dalle aziende intervistate, accanto alla mancanza di competenze tecnologiche e manageriali, la scarsa interoperabilità dei sistemi aziendali, la (ridotta) connettività, mentre non preoccupa il rientro dall’investimento.

«Il dinamismo del mercato è testimoniato dalla continua crescita dell’offerta tecnologica e del numero di imprese che propongono le soluzioni, ma per un definitivo salto di qualità è necessario puntare su “soluzioni di filiera” capaci di integrare due o più stadi dal campo allo scaffale, ancora marginali rispetto a soluzioni che insistono su una sola fase, in particolare quella agricola o del retail», puntualizza Renga

Oltre la tracciabilità

Per rispondere agli obblighi legislativi, per migliorare i processi di supply chain e per soddisfare le esigenze del consumatore di avere informazioni sul cibo che porta in tavola,il digitale può giocare un ruolo chiave nella tracciabilità dei prodotti alimentari grazie alla variegata offerta tecnologica a disposizione delle imprese.

Il mercato italiano delle soluzioni innovative per la tracciabilità alimentare è caratterizzato in primo luogo da una significativa presenza di piattaforme blockchain (43%), in forte crescita nell’ultimo anno (+111%). È invece ancora limitata l’offerta di soluzioni che sfruttano data analytics (34% del totale). Il mercato delle soluzioni basate su IoT (30%), ancora, è in forte crescita (+63% rispetto al 2018).

L’Osservatorio ha individuato, a livello internazionale, 82 progetti blockchain nell’agroalimentare, che hanno coinvolto soprattutto gli operatori attivi nelle fasi iniziali della filiera, come la produzione primaria (84%), mentre i principali promotori di queste iniziative sono le imprese che operano nella Distribuzione (26%) e trasformazione (21%) dei prodotti, seguite dai fornitori di tecnologia (13%).

“Nella maggior parte dei progetti analizzati (60%), le aziende stanno sperimentando l’utilizzo della tecnologia blockchain spinte dalla volontà di rendere più trasparente la filiera nei confronti del consumatore finale, permettendogli di avere accesso diretto alle informazioni raccolte, generalmente attraverso un QR Code o una mobile app. Nel 40% dei casi, viene ricercato un miglioramento dell’efficienza dei processi di supply chain. Crescente interesse assumono gli obiettivi legati alla sostenibilità ambientale e sociale. Solo nel 15% dei casi l’obiettivo dichiarato dalle aziende è strettamente legato alla sicurezza alimentare, e in particolare a rendere più efficaci le procedure di richiamo dei prodotti”, si legge nel rapporto.

Figura 2 - Gli obiettivi principali dei progetti blockchain agroalimentari nel mondo (base: 82 progetti)

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Fonte: School of Management Politecnico di Milano e Laboratorio Rise Università di Brescia, “Osservatorio Smart Agrifood” Aprile 2020

«L’innovazione digitale – afferma Federico Desimoni, direttore Consorzio tutela Aceto Balsamico di Modena Igp – ha permesso di rinnovare il sistema di controllo dei prodotti certificati trasformandolo in controllo di filiera. Non si traccia solo il prodotto ma anche l’autenticità della filiera attraverso le certificazioni intermedie. Ogni singola transazione viene cioè certificata in entrata e in uscita con un documento di idoneità, mentre tradizionalmente si certificava solo alla fine del processo. Ogni singolo operatore, in sostanza, non può fare la transazione in uscita se non esistono certificazioni precedenti: è una garanzia per chi fa la transazione e per chi la riceve ai fini dell’anticontraffazione. Applicato dal settembre scorso, dopo qualche impatto negativo iniziale ha mostrato i benefici organizzativi e gestionali, dall’eliminazione degli errori di trascrizione alla trasparenza all’interno delle imprese, aumentando la consapevolezza, il senso di responsabilità, la professionalità, al miglioramento della comunicazione interna alla filiera. Il prossimo passo sarà portare questa idea all’esterno, verso la Distribuzione e il consumatore».

Per una corretta applicazione e diffusione della blockchain sarà però necessario rafforzare l’integrazione con l’Internet of things, per rafforzare la veridicità del dato con l’automatizzazione della raccolta dei dati.

Lo sottolinea anche Bruno Bernardi, responsabile divisione IT Csqa, quando invita a distinguere tra qualità dei prodotti e qualità dei dati, ai fini della certificazione: «Vi è ancora una certa confusione tra la certificazione e la blockchain. Questa è una tecnologia informatica che consente l’affidabilità del dato e che può aiutare meglio l’audit di processo. Per la qualità dei prodotti ricordiamoci che il capitale umano e il valore dei nostri territori sono il fattore importante».

L’integrazione delle tecnologie, è la conclusione dell’Osservatorio, «si rende necessaria da un lato per poter legare assieme al meglio tutti i dati di filiera e arricchire così la “carta d’identitàdel prodotto, oltre che a consentire una migliore visibilità sui processi di supply chain. È inoltre essenziale per poter garantire la continuità del legame fra il bene fisico e il proprio “gemello digitale” sia in termini di identificazione sia in termini di acquisizione del dato. Rimane fondamentale l’attenzione che deve essere posta sull’analisi accurata della natura di ciascuna filiera: dovrà essere sempre questa a guidare l’adozione armonica della tecnologia e non invece il processo inverso, in cui l’obiettivo primario risulta l’adozione, al di là della reale necessità e applicabilità».

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab