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Mobile e retail, l’alleanza si consolida

La relazione tra brand e consumatore passa per i dispositivi mobili, aprendo così per le aziende grandi spazi per utilizzare lo smartphone nel processo d’acquisto

L’Osservatorio Mobile B2C Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, tira le somme di un anno di ricerca (il ventesimo di questo specifico Osservatorio) e fornisce alcune indicazioni per il futuro. Con la consapevolezza che nelle settimane del distanziamento sociale, delle chiusure di negozi, scuole e ristoranti, dello smartworking, della mobilità bloccata, non è mai stato così vera la pratica del “sempre connessi”. E lo smartphone è diventato l’elemento centrale, con il boom di app, da quelle per le videochiamate di gruppo come Houseparty a quelle per la segnalazione delle code ai supermercati della propria zona.

Tanto che Luca Panella, sales director di Ogury Italia, si chiede se, visto il cambiamento dei consumi e delle abitudini che ridisegnano il rapporto delle persone con il sistema dei consumi, le strategie fin qui messe in atto dalle imprese siano ancora attuali.

Prendendo i risultati di questa edizione dell’Osservatorio come tempo zero di un processo di attualizzazione delle strategie delle imprese per rispondere ai «nuovi comportamenti di vecchi consumatori» (Panella), la ricerca, di cui abbiamo già riassunto i numeri essenziali, si concentra in particolare sull’utilizzo dello smartphone nel processo di acquisto in un paradigma di omnicanalità, essendo ormai diventato un alleato del punto vendita con campagne di “drive to store” e utilizzo all’interno dei negozi fisici.

Diventato il mezzo principale dell’Internet advertising (sul mercato raggiunge, infatti, una quota del 52% contro il 48% della componente desktop più tablet), lo smartphone è sempre più centrale e rilevante anche nell’ambito della vendita online vera e propria, a differenza di qualche anno fa. Nel 2019, infatti, il valore degli acquisti online da questo dispositivo costituisce il 40% dell’e-commerce totale (era il 34% nel 2018 e il 26% nel 2017) per un valore assoluto di 12,48 miliardi di euro. La crescita è pari a 3,1 miliardi (+33%) e rappresenta il 75% di quella dell’e-commerce complessivo. E si prevede che diventerà il primo canale di acquisto per il commercio digitale nel suo complesso tra il 2020 e il 2021.

Misurare l’efficacia delle campagne

Vale quindi la pena soffermarsi sulle evidenze della ricerca per quanto riguarda il suo impiego per il “drive to store” e più in generale il supporto che può fornire al mondo del retail.

Attraverso lo smartphone, l’efficacia delle iniziative pubblicitarie che hanno come obiettivo quello di portare nuovi clienti e generare vendite in un negozio o punto di interesse può essere misurata attraverso KPI specifici, come l’impatto di una campagna mobile sulle visite.

Ma alcuni attori, con la collaborazione dei retailer, stanno però offrendo anche soluzioni per stimare o misurare puntualmente l’impatto sulle vendite, in altri termini l’effettivo acquisto da parte dell’utente. Sono soluzioni che prevedono, per esempio, la misurazione dell’incremento delle vendite in modalità probabilistica, incrociando alcuni dei KPI come il tempo di permanenza del punto vendita, l’incremento delle visite, la loro frequenza, il costo per visita incrementale, il giorno di maggiore affluenza, con i dati di vendita degli store che hanno attivato l’iniziativa o lavorando su un sistema di campionatura, cioè confrontando le vendite dei negozi coinvolti nella campagna con quelle nei negozi non coinvolti, e attribuendo le eventuali vendite incrementali a essa.

Altre soluzioni sono l’erogazione di survey in un momento successivo agli utenti individuati nel punto vendita, per chiedere se effettivamente hanno comprato il prodotto soggetto alla pubblicità in esame o la richiesta all’utente di una prova dell’acquisto realizzato, come ad esempio la fotografia dello scontrino, in cambio di ricompense (cashback e simili). O ancora l’utilizzo di strumenti che interagiscono con i sistemi di cassa (coupon, qr-code, wallet) così da rilevare effettivamente, quantomeno su un campione di utenti, l’acquisto.

«La misurazione dell’efficacia delle campagne con una tale granularità dei dati – commenta Marta Valsecchi, direttore dell’Osservatorio Mobile B2C strategy – non si ha con altri mezzi. Per questo il mobile consente di raggiungere obiettivi vicini all’acquisto e conoscere quanti utenti esposti alla campagna hanno effettivamente acquistato, per arrivare in definitiva al Roi della campagna pubblicitaria».

Figura 1 – Il mobile marketing drive to store

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Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2C strategy” marzo 2020

Il supporto al retail

Tra le attività che hanno come obiettivo avvicinare gli utenti al punto vendita, stanno riscuotendo un interesse crescente anche le iniziative legate ad applicazioni e aggregatori che dematerializzano il portafoglio, i volantini e/o i coupon. Questo, in particolare, per via delle audience raggiunte che in alcuni casi arrivano anche a svariati milioni di utenti ogni mese.

Dalla ricerca effettuata da Doxa emerge, infatti, che il 55% dei mobile surfer è interessato a ricevere promozioni, offerte e raccogliere i punti fedeltà dallo smartphone. Inoltre il 38% dichiara di aver già dematerializzato una o più carte fedeltà e il 20% buoni sconto. Anche la frequenza di utilizzo è elevata: ad esempio, il 62% di chi ha digitalizzato le carte fedeltà le utilizza almeno una volta a settimana dal proprio smartphone. 

Figura 2 – Mobile promo, loyalty e wallet

Fig 2 Mobile b2c strategy_rid.jpg

Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2C strategy” marzo 2020

Oltre a collaborazioni con applicazioni di terze parti, circa il 60% dei retailer tra i top player per fatturato ha sviluppato un’app proprietaria. Infine è interessante evidenziare come alcune realtà abbiano introdotto iniziative legate all’utilizzo dello smartphone all’interno del punto vendita, come Zara, che nel suo negozio in centro a Milano permette di ritirare gli ordini di click & collect scansionando un QR code presente sullo smartphone. Vi sono poi realtà come Nike (anche se solo nel punto vendita in centro a Milano) o Carrefour, che consentono di scansionare i prodotti in autonomia per poi pagare in una cassa dedicata o direttamente in app.

Esempi in tale direzione a livello italiano sono comunque ancora molto limitati rispetto a quanto accade nel contesto internazionale. 

Uno di questi è quello di Bennet. Spiega infatti il direttore marketing e comunicazione Simone Pescatore, che la centralità del cliente nelle strategie di business è fondamentale. E riporta alcuni dati di rilievo del cammino intrapreso nella «costruzione di un ecosistema mobile, composto da quattro pilastri ruotanti attorno allo store». Eccone alcuni: i 2 milioni gli utenti del sito corporate generano 4 milioni di sessioni, pari ai due terzi del totale. Sono circa 300 mila gli utenti m-commerce, con il 60% degli ordini chiusi da mobile, con uno scontrino medio inferiore, però, rispetto al desktop. Nell’attività social 150 mila fan danno origine a 130 mila interazioni e il canale facebook si configura come l’alleato più importante del servizio clienti. Per quanto riguarda il drive to store, il 70% dei clienti ha digitalizzato la carta e la comunicazione via mobile, anche sulle piattaforme partner, ha generato 1 milione di visite. «In queste settimane – dice Pescatore – lo smartphone si è dimostrato uno straordinario mezzo per la cura del cliente, per fare informazione, dare rassicurazioni sulla filiera, i processi di sanificazione dei negozi e così via. Si sta dimostrando uno strumento più flessibile di come l’abbiamo utilizzato fino a oggi.

È tempo di trasformare la relazione con l’Industria finora concentrata sugli aspetti puramente fisici (quanto spazio di facing sullo scaffale, la dimensione dell’immagine nel volantino) nella monetizzazione dell’audience qualificata».

Secondo Jason Boon, sales and strategic partner director Shopfully, i retailer che più avevano investito in tecnologia sono più veloci ad adattarsi al mercato che cambia, che peraltro sta facendo emergere l’importanza della territorialità e della regionalità di questo business, quanto sia importante cioè l’attività di comprensione delle dinamiche del punto vendita nel suo bacino di utenza.

Sulla stessa linea è Roberto Rocchi, country manager Toshiba global commerce solutions: «I retailer stanno comprendendo che l’integrazione del touch point mobile con le piattaforme digitali è strategica, perché lo smartphone è rilevante in molte attività (drive & collect, drive to store, redimere coupon), perché migliora la profilazione del consumatore e consente di effettuare promozioni in tempo reale sul punto vendita. Certo i retailer che avevano già investito precedentemente in attività digitali hanno continuato ad avere buona presa sul mercato».

User experience da migliorare

Deve però migliorare l’attenzione delle imprese alla user experience mobile: il giudizio sulla navigabilità dato ai siti e alle app frequentate è discreto (6,8/10 per i siti e 7,1/10 per le app) ma in calo rispetto all’anno scorso e circa la metà dei mobile surfer ha abbandonato, spesso o qualche volta, siti o app per problemi di usabilità. Questo dimostra che gli utenti mobile sono sempre più esigenti e che le aziende non corrono insieme. 

«L’utente cerca la massima velocità di interazione su questo canale e questo deve essere un fattore tenuto in debita considerazione in fase di progettazione della user experience», annota Antonio Filoni, head of digital offering, Doxa.

Inoltre, nel caso delle app, i malfunzionamenti ritenuti più fastidiosi sono: lentezza nel caricamento (segnalata dal 48% degli utenti mobile), chiusura improvvisa dell’app (42%), difficoltà nel trovare la funzione che si cerca (34%).

Infine, il rating medio delle app dei top brand per fatturato è 3,53/5; in particolare, un terzo delle app considerate ha una valutazione sotto la soglia di 3 punti su 5 e due terzi sotto la soglia dei 4 punti.

Figura 3 – La user experience mobile

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Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2C strategy” marzo 2020

«La semplicità di uso nei confronti di consumatori e retailer – afferma Valeria Santoro, country manager Stocard Italia, che con i suoi 7,3 milioni di utenti attivi in Italia rappresenta per il retail un’audience di valore e una piattaforma essenziale per acquisire nuovi clienti o mantenere quelli fedeli – è il suo punto di forza, mentre la discriminante è la velocità di adattamento dei retailer indipendentemente dalla loro dimensione. In Italia il retail è frammentato, ma anche aziende piccole che si muovono in maniera indipendente rispetto alle loro organizzazioni hanno capito che il mobile è il loro alleato. Il mobile non è più un’opzione, ma una parte preponderante delle attività di marketing».

«Tuttavia – conclude Marta Valsecchi – il retail fa ancora fatica nello sviluppo digitale. Ma la situazione contingente sta facendo comprendere le priorità e le opportunità, tracciando la direzione verso cui lavorare pur con le specificità dei singoli retailer, con un approccio più deciso e importante sugli investimenti digitali e mobile first, senza per questo sottovalutare le difficoltà che si vanno prefigurando».

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab