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Nella sanità arriva l’ordine elettronico

Dal primo ottobre scatta infatti l’obbligo per gli enti del sistema sanitario nazionale, di emettere l’ordine in formato elettronico. Attesi importanti benefici dalla digitalizzazione del ciclo dell’ordine.

Dopo la fatturazione elettronica, è il momento dell’ordine elettronico. Stiamo parlando degli ordini della pubblica amministrazione e in particolare di quelli delle strutture che fanno capo al sistema sanitario nazionale. L’argomento è stato affrontato nel corso di un convegno organizzato dal Consorzio Dafne, che dal 1991 promuove e supporta il passaggio al digitale nella gestione del ciclo dell’ordine tra gli attori di tutta la filiera healthcare.

Più trasparenza, più efficienza

Dal primo ottobre scatta infatti l’obbligo per gli enti del sistema sanitario nazionale, di emettere l’ordine in formato elettronico per tutte le forniture sanitarie, non sanitarie (anche i prodotti di largo consumo) e per i servizi, attraverso il Nodo Smistamento Ordini (NSO), un sistema che lavora con gli stessi strumenti di informazione della fattura elettronica ed è integrato nella banca dati dei contratti pubblici. Sono previsti tre tipi di processi per l’ordinazione: semplice, completa (che prevede lo scambio di messaggi tra ente e fornitore) e preconcordata, quando è il fornitore a emettere direttamente un ordine periodico per il reintegro delle scorte o stabilito con l’ente ordinane.

Figura 1 – L’ordine elettronico nel sistema sanitario

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Fonte: Mef

«L’ordine elettronico è un passaggio importante per la digitalizzazione della chiusura del ciclo dell’ordine-fattura-pagamenti nella pubblica amministrazione, che consente non solo di aumentare la trasparenza dell’amministrazione pubblica, di migliorare l’efficienza e di ridurre i costi e i contenziosi, ma anche di avvicinare i tempi medi di pagamento a quelli dell’Unione europea. Dal 2014 a oggi si sono dimezzati e sono destinati ad allinearsi in futuro. Con il DDT-Documento di trasporto in formato elettronico di prossima introduzione la digitalizzazione di questi processi sarà completata», afferma Pietro Paolo Trimarchi, dirigente del Ministero economia e finanze.

Europa e standard

La digitalizzazione del ciclo dell’ordine della pubblica amministrazione è al centro della visione europea. Già oggi la spesa pubblica è il 19% del Pil dell’Unione europea e la Banca mondiale stima che l’innovazione digitale dei contratti pubblici produrrà risparmi compresi tra il 6% e il 13,5% sul totale della spesa pubblica.

«In un mercato aperto e integrato le soluzioni interoperabili per la digitalizzazione dei contratti pubblici sono un fattore abilitante», sintetizza Fabio Massimi, direzione tecnologie e sicurezza AgID. Infatti il Nodo Smistamento Ordini fa un passo avanti significativo rispetto al Sistema d’interscambio per la fatturazione elettronica: utilizza standard internazionali assicurando l’interoperabilità con Peppol (Pan-european public procurement online), l’infrastruttura europea che interconnette i soggetti che si scambiano documenti in una delle fasi dell’e-procurement. Già oggi ne fanno parte 287 access points certificati in 28 paesi e 13 Peppol Authorities (AgID per l’Italia). Recentemente è stato siglato un protocollo d’intesa con GS1 per l’utilizzo degli standard GTIN e GLN all’interno della rete Peppol.

«Peppol sta cercando di implementare il più possibile il tema degli standard e va sottolineato che l’accesso alle gare di altri stati membri è un’opportunità importante per l’Italia in quanto paese trasformatore», aggiunge Massimi.

Tra gli sviluppi futuri sui quali è impegnata l’Agenzia per l’Italia digitale vi è il progetto Scales, che ha l'obiettivo di sviluppare un'architettura orientata ai servizi basata su blockchain e repository distribuiti che consentirà l'integrazione dei sistemi coinvolti nel processo di esecuzione della fornitura, concentrandosi sull'evoluzione del modello architettonico centralizzato ora implementato da SdI e Nso.

«Oggi viaggia molta carta, rallentando i tempi. La dematerializzazione aiuta le organizzazioni a migliorare i processi interni. L’uniformazione dei processi aziendali, la tracciabilità delle informazioni sono le opportunità maggiori della dematerializzazione, cui fanno fronte dei rischi iniziali determinati da una diversa organizzazione dei processi e delle procedure», commenta Elena Tropiano, dirigente struttura bilanci Regione Lombardia.

Molteplici benefici

L’ordine elettronico, infatti, è più complesso della fatturazione elettronica perché coinvolge un maggior numero di funzioni all'interno dell’azienda fornitrice: magazzino, commerciale, ufficio tecnico, produzione, amministrazione. «Ma i benefici osservabili – spiega Paola Olivares, ricercatrice senior Osservatorio Fatturazione elettronica & eCommerce B2B del Politecnico di Milano –  sono molteplici. Possiamo indicarli: possibilità di avere dati strutturati, riduzione delle attività di data entry manuale, riduzione degli errori e dei tempi di processo, ottimizzazione dei processi aziendali e della gestione amministrativa/contabile, monitoraggio puntuale del proprio business».

La regione Emilia Romagna ha già adottato la digitalizzazione del ciclo dell’ordine, anche se non in misura completa. Allo stato attuale, ha calcolato l’Osservatorio del Politecnico, si hanno benefici nel risparmio di materiali, nell’aumento della produttività e nel risparmio di archiviazione quantificabili in 1,1 milioni di euro all’anno per singola azienda sanitaria e in 3 milioni di euro per il sistema sanitario regionale. Nello scenario di completa digitalizzazione i risparmi aumentano rispettivamente a 1,5 milioni e a 4,2 milioni di euro all’anno.

Risparmi che, su scala nazionale, hanno una certa consistenza. «Per adeguarsi al cambiamento innescato dalla trasformazione digitale è però necessario rivedere i processi e non limitarsi a dematerializzare singoli documenti o a digitalizzare processi cartacei e passare da una gestione per singola azienda a una gestione integrata e collaborativa con i partner di business estendendo questo ragionamento anche a livello di supply chain e di ecosistema complessivo», conclude Olivares.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab