Siamo vicini alla fine della cash society?
Per i pagamenti digitali proprio il caso di dire “allacciate le cinture” come fa l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano: le operazioni aumentano, l’infrastruttura c’è, il gradimento dei clienti anche, i player si posizionano. Ma ci sono ancora delle resistenze che in Italia frenano il decollo.
Gli strumenti di pagamento sono al centro di una profonda trasformazione spinta dall’aumento della competizione, dalle innovazioni introdotte in termini di tecnologie, processi e tipologie di servizio e dall’evoluzione della normativa. In tutto il mondo si stanno diffondendo in un numero crescente di paesi i sistemi di pagamento via smartphone proposti dai produttori degli stessi o dei loro sistemi operativi. Hanno successo alcuni sistemi di pagamento proposti dalle grandi imprese distributive, come Walmart o Amazon. Nel frattempo cercano di espandersi le startup dedicate. E le banche cercano di reagire a questa invasione di campo proponendo soluzioni alternative o innovative. Siamo vicini alla fine della cash society? E in Italia il contante ha i giorni contati?
Non è proprio così, anche se ci sono tutti i presupposti affinché l’uso degli strumenti innovativi di pagamento (mobile in primis) negli acquisti effettuati fisicamente nei negozi e nella grande distribuzione finalmente cresca a tassi elevati.
Lo si rileva dagli ultimi dati dell’Osservatorio Mobile Payment e Commerce della School of management del Politecnico di Milano, secondo il quale i pagamenti digitali con carta nel 2017 sono cresciuti dell’11% arrivando a 220 miliardi di euro, pari al 28% dei consumi delle famiglie, per complessivi 3,5 miliardi di transazioni (+14% sul 2016) con uno scontrino medio di 62,6 euro. Tutto ciò porta l’Italia al 24mo posto su 28 in Europa (dove mediamente le transazioni sono 117,8) in una classifica guidata da Danimarca, Svezia, Finlandia, rispettivamente con 328 transazioni, 317 e 279.
Campanello d’allarme
In paesi come Romania, Ungheria, Grecia, Polonia sono in atto misure dei governi volte a sviluppare velocemente la demonetizzazione, con tassi di crescita doppi e tripli rispetto a quelli italiani. Lo riferisce Luciano Cavazzana, Evp Emea & Global sales Ingenico, che aggiunge: «In Italia il supporto dal governo è sul tavolo da sempre, con ripetute delusioni. Se le spinte giungeranno dai diversi attori coinvolti registreremo tassi di crescita elevati. Altrimenti con un aumento dell’11% all’anno presto saremo ultimi in Europa».
Focalizzando l’attenzione sui nuovi pagamenti digitali – cioè le modalità più innovative come e-commerce, e-payment, mobile payment & commerce, pagamenti contactless e mobile pos – il trend cambia decisamente. L’insieme dei new digital payment raggiunge i 46 miliardi di euro (+50% sul 2016), vale il 21% di tutti i pagamenti digitali con carta (il 15% nel 2016) e l’Osservatorio prevede che potrà valere tra i 100 e i 140 miliardi di euro nel 2020. All’interno di questa macrocategoria, si osservano alcune differenze.
- I pagamenti contactless con carta crescono di oltre 150% e sfiorano i 18 miliardi di euro e i 400 milioni di transazioni, confermando di aver imboccato definitivamente una curva di crescita esponenziale. Nel 2020 varranno tra i 50 e i 90 miliardi di euro.
- I mobile pos attivi sono circa 90.000 (+6% rispetto al 2016) per 900 milioni di euro di transazioni (+9% rispetto al 2016). Nel 2020, se l’offerta evolverà, varranno tra tra gli 1,1 e gli 1,3 miliardi di euro.
- Il mobile remote commerce supera i 5,8 miliardi di euro (+65% rispetto al 2016) e rappresenta il 25% del totale e-commerce. Nel 2020 varrà tra i 13 e i 16 miliardi di euro.
- Il mobile remote payment rallenta un po’ nella sua crescita (+35%) e vale quasi 800 milioni di euro, dimostrando di aver raggiunto la sua maturità. Continuano a trainarlo i servizi di mobilità, che complessivamente valgono oltre 120 milioni di euro (+33% rispetto al 2016).
- Il mobile proximity payment registra operazioni per oltre 70 milioni di euro dai 10 scarsi del 2016, trainate dalla crescita dei servizi basati sul conto corrente e dall’arrivo di Apple Pay con circa 500 mila utenti attivi, del cui tam tam mediatico hanno beneficiato anche gli altri player che adottano la tecnologia Nfc. Nel 2020 il valore delle transazioni in prossimità con lo smartphone potrebbe crescere fino a 3,2-6,5 miliardi di euro.
«La sensazione è che il 2017 sia stato il primo anno di quella che potrebbe essere una curva di crescita esponenziale. Visti insieme, le carte contactless e i pagamenti con smartphone sono gli strumenti che contribuiranno maggiormente alla crescita dei nuovi pagamenti digitali, a scapito di quelli più inefficienti come il contante e, in parte, gli old digital payment (essenzialmente quelli con carta in pos tradizionali)», commenta Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce.
Fig. 1 – Proximity payment oggi e tra 3 anni
Fonte: Osservatorio Mobile Payment & Commerce, 2018 – School of management Politecnico di Milano
Vi sono però ancora alcuni ostacoli che possono frenare questo decollo.
Secondo Enrico Susa, amministratore delegato di Easy Nolo (Banca Sella), «sarà l’offerta a spingere la domanda: in particolare la PSD2 (la direttiva europea sui servizi di pagamento) metterà a disposizione degli operatori nuovi modelli di business in cui i pagamenti arrivano alla fine di un’esperienza complessivamente positiva, con un effetto di trascinamento. Bisognerà sviluppare l’interoperabilità, anche a livello europeo e favorire il dialogo tra i vari strumenti di pagamento. La sfida si sposta quindi sul merchant che dovrà accettarli tutti».
Anche per Cavazzana si tratta di «Lasciare la scelta al consumatore. Da parte nostra dobbiamo fornire le soluzioni che accettino tuti i tipi di pagamento, cercando di integrare tuti i sistemi di pagamento in uno smart pos».
La cautela dei retailer
Proprio in questo sta l’ostacolo maggiore, da parte dei retailer, consapevoli che il punto di arrivo sarà la dematerializzazione dei pagamenti. Ma sono ancora numerosi i fattori di freno. Claudia Bruschi, IT engineer-cashing and payment Decathlon, che registra il 50% delle transazioni in contanti, li enumera così: «Con la frammentazione del mercato, da Bolzano a Catania, si fa fatica a trovare la soluzione più adottata dai clienti. Vi è poi un problema con l’integrazione nell’hardware e nel software interno: in una battuta, le casse hanno esaurito i pulsanti disponibili. Occorre calcolare l’investimento economico e di tempo necessario a implementare un nuovo servizio di pagamento su tutta la rete. Infine vi è un problema di formazione del personale di cassa e, non ultimo per importanza, c’è sempre un punto interrogativo sul ritorno dell’investimento. Con il contacless è facile: per ogni pagamento c’è un risparmio di sei secondi».
Anche Carrefour, che pur è stato il primo ad adottare Apple Pay, va con i piedi di piombo. Afferma infatti il direttore finanza e servizi finanziari Tiziano Depaoli: «Con incassi da decine di fonti diverse aumenta la complessità del sistema di riconciliazione, tanto che la difficoltà maggiore è individuare il sistema di pagamento su cui puntare. Detto questo, è pensabile che nel lungo periodo i pagamenti elettronici sostituiranno le casse come le conosciamo oggi».
Diversa l’opinione di Marco Apollonio, business innovation manager Cigierre (nota per i suoi ristoranti Old Wild West): «I clienti apprezzano lo sforzo dell’esercente in tema di innovazione per una nuova user experience. Il mobile wallet diventa un’opportunità di ritorno sull’investimento e un canale promozionale: un sistema di cashback crescente per fidelizzare i clienti con Satispay ha generato l’anno scorso un milione di incassi».
Comodità di utilizzo
E proprio la user experience è al centro dell’analisi condotta da Kantar Tns sugli utenti di mobile wallet. «Dall’indagine su più di 7.000 utilizzatori dei mobile wallet emerge che gli utenti apprezzano l’esperienza d’uso» commenta Leda Riva, director customer experience dell’istituto di ricerca. «Su una scala a 10 passi, i wallet analizzati hanno registrato un voto tra 7,2 e 8,5. Gli elementi chiave che portano ad attivare questi servizi riguardano aspetti della user experience legati all'immediata accessibilità, alla flessibilità e alla velocità. La fonte di conoscenza più importante è ovviamente il sito web degli operatori, seguito dal passaparola di amici e conoscenti, mentre solo nel caso degli utenti di un mobile wallet su otto l'utilizzo dei social network ha contribuito maggiormente alla conoscenza di questi servizi. Si evidenzia ancora una volta la propensione a trasformare lo smartphone in un vero e proprio portafoglio in grado di contenere, oltre alle carte di pagamento, tutta una serie di servizi accessori come l'accesso a sconti e promozioni e a programmi di incentivi e di rewarding. A supportare le potenzialità di sviluppo del mercato in futuro si registra anche la propensione degli utenti a diventare ambassador del servizio: sono ancora molti quest'anno, infatti, gli intervistati che dichiarano di voler consigliare l’utilizzo del mobile wallet».
Ciò che manca, secondo i diversi operatori è, tuttavia, un accordo precompetitivo tra operatori che porti a una user experience condivisa, tenendo presente che la user experience vincente si può sintetizzare in una parola: comodità per l’utente.
Anche in questo caso il mobile wallet è quello che integra pagamento digitale e carta fedeltà, con autorizzazione dei pagamenti attraverso la biometria, che consente i pagamenti istantanei con lo smartphone. «Uno strumento semplice, immediato, veloce, che attraverso chatbot non lasci da solo il cliente, che fornisca una percezione di sicurezza superiore e che possa fidelizzare il cliente sulla base della convenienza», afferma Alessia Luisi, direttore marketing e digital PosteMobile. Il tutto per consentire quella che chiama «digital wow experience», un’esperienza cioè basata sulla smaterializzazione delle carte con un effetto wow dato da un’attività di couponing e di cashback istantaneo. Ma proprio a questo proposito Depaoli mette in guardia: «Attenti alle promozioni. Una volta intrapresa questa strada, non si può tornare indietro».
A cura di Fabrizio Gomarasca