Multicanalità: tra frammentazione e personalizzazione
I risultati dell’Osservatorio Multicanalità della School of management del Politecnico di Milano.
La frammentazione dei processi d’acquisto e del consumo mediatico generata dalla multicanalità pone una serie di interrogativi e sfide a chi si confronta quotidianamente con l’universo degli shopper in continua trasformazione, e con la necessità di mantenere valore per le aziende, senza soccombere inevitabilmente alla pressione sui margini.
Il tema affrontato dall’edizione 2017 dell’Osservatorio Multicanalità della School of management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Nielsen e Zenith Italy, è proprio quello della frammentazione dello shopping e della fruizione mediale nel contesto della popolazione italiana, con il 40% di persone non connesse a Internet (in totale 21 milioni) e i 31.7 milioni che hanno adottato un processo d’acquisto multicanale. Nella realtà dei fatti, però, come sottolinea Christian Centonze, business solution manager Nielsen, questo segmento è frammentato al suo interno con comportamenti e processi decisamente diversi, con un rafforzamento della quota di individui che accedono a internet in logica anywhere, anytime e da qualsiasi dispositivo.
La prima differenziazione è tra gli 11,1 milioni di info shopper (21% della popolazione italiana) che utilizzano i touchpoint digitali nella fase di pre-acquisto e i 20,6 milioni di e-shopper (39% della popolazione) che utilizzano la rete in tutte le fasi del processo di acquisto.
Fig 1 – La popolazione italiana e la multicanalità
Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità 2017
Quattro comportamenti d’acquisto digitale
La seconda riguarda proprio questi ultimi. Già nell’edizione 2016 erano stati individuati quattro cluster in cui si dividono gli e-shopper in base a specifici comportamenti: gli Everywhere shopper, i Money saver, i Cherry picker e i Pragmatic, gruppi che dallo scorso anno sono sensibilmente cambiati.
In forte crescita sono gli Everywhere shopper (+14%, pari a 6,3 milioni di individui), i consumatori più “evoluti” in termini di multicanalità, coloro che accedono alla rete in logica anytime e everywhere, e in decisa anche se meno importante espansione sono i Money saver (+7%, circa 5,5 milioni). Questi cluster costituiscono anche la parte degli e-shopper più “social” in termini di condivisione di feedback online. Al contrario, sono in calo i Cherry picker (-16%, oggi 4,3 milioni), coloro che preferiscono acquistare nei negozi tradizionali e usano poco internet per condividere e dare feedback, mentre i Pragmatic, che utilizzano la rete in chiave di efficienza e risparmio di tempo, rimangono sostanzialmente costanti e pari a 4,5 milioni (-3%).
Fig 2 – La variazione dei cluster. Aumenta la percentuale di e-shopper che utilizza internet per condividere/dare feedback (Base: e-shopper)
Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità 2017
«Ciò che va sottolineato – afferma Centonze – è che la crescita dell’e-commerce ha aperto la seconda fase della multicanalità: si comprano più prodotti che servizi, con una maggiore rilevanza della logistica. Non solo, ma il primo acquisto online innesca un vero e proprio effetto a catena sugli acquisti successivi, tanto che nel 2017 aumenta la frequenza degli acquisti online: in un anno passano dal 31 al 51% gli e-shopper che acquistano online mensilmente o settimanalmente».
Fig 3 – La frequenza d’acquisto online (Base: e-shopper)
Fonte: Osservatorio Multicanalità 2017-10-15
Frammentata è anche la fruizione dei media, con la televisione che continua a rimanere forte, pur trasformandosi con la crescita della TV on demand. Ma è il consumo di internet ad aumentare in intensità, in particolare da dispositivi mobili.
Bisogni di nicchia e consumi trasversali
Diverse le implicazioni nel processo d’acquisto. Si usa di più internet per confrontare i prezzi, mettendo sotto pressione i margini (l’81% confronta i prezzi su internet dei prodotti che ha deciso di acquistare); aumenta l’uso delle recensioni online, con il cliente che si trasforma in media; diventa sempre più decisiva la raccolta delle informazioni in mobilità e nel punto vendita. «Si evidenzia così una più stretta complementarietà – chiosa Centonze – tra e-commerce e punto vendita. Ognuno con specifiche attitudini: ampliare le occasioni d’acquisto, puntando all’impulso per il primo, creare valore sottraendosi alla pressione sui margini per il secondo».
Le tecnologie digitali e il social web non hanno impattato solo il customer journey, hanno anche frammentato la domanda, creando sempre più bisogni di nicchia e favorendo consumi trasversali, motivo per cui oggi non si parla più di “segmenti di consumatori”, ma di pubblici, tribù e stili di vita. Tanto che raggiungere nuovi clienti è più complesso: il 54% degli Everywhere shopper conferma che i messaggi pubblicitari che arrivano da diverse fonti sono troppi e se per raggiungere il target degli Infoshopper sono sufficienti due canali TV, per raggiungere il segmento degli Everywhere shopper ne occorrono cinque.
La sfida della personalizzazione
Le sfide per le aziende sono molteplici ma hanno un termine che le riunisce tutte: personalizzazione. E secondo Luca Cavalli, Ceo Zenith Italy, si articolano su tre dimensioni: «La prima è quella di passare da un sistema product-driven a uno consumer-driven che ponga il consumatore come origine del pensiero aziendale. La seconda è quella di passare da un’economia della gestione a un’economia dell’innovazione costante, per stare al passo con l’evoluzione del mercato e delle sue componenti. È la capacità che abbiamo di fornire servizi e prodotti personalizzati ai nostri clienti e ai clienti dei nostri clienti. La terza è la dimensione tecnologica, che abilita le prime due e permette l’incontro tra aziende e consumatori a livello potenzialmente individuale e l’erogazione di prodotti e servizi profilati. E qui entriamo nel mondo dell’intelligenza artificiale. Siamo in una nuova economia con nuove metriche. Oggi possiamo parlare di attention economy ma anche di expectation economy per sintetizzare il cambio strategico che ci vede protagonisti nel raggiungere in maniera davvero efficace dei consumatori sempre più volatili ed esigenti. In un percorso che porta alla personalizzazione».
Le aziende si trovano quindi di fronte alla sfida di sviluppare strategie e iniziative in grado di costruire relazioni profonde, sia in termini di comunicazione sia di punti di contatto, con macro-categorie di consumatori che non solo hanno comportamenti fortemente differenti, ma che sempre più si allontanano e cristallizzano le proprie caratteristiche.
«La multicanalità è ormai un obiettivo ineludibile per le imprese – commenta Giuliano Noci, ordinario di strategia di marketing al Politecnico di Milano e Direttore scientifico dell’Osservatorio Multicanalità – ma bisogna fare attenzione perché i comportamenti sono diversi e alle aziende è richiesto di scoprirli, analizzarli e costruire esperienze consistenti, altrimenti rischiano, stando nel mezzo, di non raggiungere nessuno. Il primo passo è scontato, ma spesso trascurato: bisogna studiare il proprio consumatore, soprattutto nel dipanarsi del suo sistema di interazioni, in modo da capire che ruolo può giocare ogni punto di contatto, dalla mail, al banner, ai call center. Si può cominciare gradualmente, ma già una prima fase qualitativa di studio è molto importante, perché aiuta a progettare. Poi semmai arriveranno i big data».
Attenzione, però, a non dimenticare i 21 milioni di italiani non connessi.
A cura di Fabrizio Gomarasca