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Che cosa offrono in più i negozi, che il web non può fare

Esperienza e soluzione sono le due parole chiave che sottendono alla Shopping Map, la ricerca di Marketing & Trade effettuata anche quest’anno dalla divisione Sign sui comportamenti dei consumatori.

Sono due fattori che non sono certo una novità nelle rilevazioni e nelle ricerche che hanno come oggetto il mondo del retail, ma, secondo Daniela Ostidich, presidente di Marketing&Trade, hanno una connotazione precisa, applicate ai punti vendita: «Lo si individua chiaramente in tutti i cluster che abbiamo individuato: finito il wow effect, nella proposizione in store esperienza e soluzione sono intese in senso fortemente individualistico e in stretto rapporto tra di loro. Voglio dire che l’esperienza si trasforma in una soluzione rispondente a specifici bisogni dei consumatori, diversa per ciascuno di loro, e la soluzione proposta deve avere una carica valoriale sufficiente per diventare esperienza. Nel primo caso gli aspetti edonistici ed estetici dello shopping si legano alla ricerca di esperienze legate a prodotti nuovi, marche capaci di esprimere la personalità di chi le acquista e tempo in grado di soddisfare bisogni e desideri. La soluzione è invece correlata all’aspetto funzionale dello shopping: dove si acquista nei modi e nei tempi necessari per risolvere i problemi e soddisfare i bisogni dei consumatori».

L’edizione di quest’anno della Shopping map, condotta come di consueto attraverso un migliaio di interviste face to face in nove città e in cinque luoghi di consumo (centri commerciali, discount, supermercati di quartiere, mercati e centri storici), riserva qualche sorpresa interessante e rende conto di una grande variabilità dei comportamenti di consumo nella società contemporanea.

Sei gruppi di consumatori

La novità più rilevante, con inevitabili ripercussioni sulle pratiche di consumo nel prossimo futuro è il balzo in avanti del gruppo denominato iFamily, che in un anno passa dal 25,5% al 29%. «Sono i rappresentanti del consumo intelligente – spiega Ostidich – che allocano le spesa in maniera consapevole ma non settaria, quelli per i quali anche la decisione di non acquistare è una scelta di consumo. Sono quelli che si muovono senza preclusioni nei diversi canali con atteggiamento positivo verso tutte le soluzioni moderne di shopping. Sono anche i consumatori che vogliono essere informati, che leggono le etichette, che analizzano criticamente le promesse dei brand. La cosa interessante e dalla quale non si può prescindere è che questo gruppo di consumatori sta diventando mainstream: rappresentano un terzo della popolazione».

Fig. 1 - I sei cluster della Shopping Map 2017

Fig 1 Shopping Map.jpeg

Fonte: Marketing&Trade

All’opposto degli iFamily troviamo il gruppo OK il prezzo è giusto, il 7,8% in leggera regressione, per i quali la convenienza è il fattore chiave di scelta: sono anziani, quelli che faticano di più ad arrivare a fine mese che trovano nel volantino la loro guida agli acquisti.

In caduta libera sono i Territoriali, che passano dal 19,5% al 12,5%. Questo cluster è caratterizzato da anni di esperienza nel mondo del consumo, enorme sicurezza nelle scelte d’acquisto e una profonda attenzione ai rapporti umani. Per loro la relazione personale è tutto.

Diverso è il comportamento degli Hasta il web (16,5%), per la maggioranza donne quarantenni, con ottimo reddito, che acquistano sul web a 360 gradi.

Ci sono poi i Supermario (11,3%), per i due terzi uomini, campioni dell’acquisto funzionale sul web e in negozio, senza perdite di tempo e senza stress eccessivi, sempre alla ricerca della massima efficacia e in quanto tali estremamente attenti alle marche.

Infine gli appartenenti al gruppo Wow shop (22,9% in crescita dal 17,8%), sono i rappresentanti del consumo esperienziale, per i quali il negozio è fonte di ispirazione dove vedere le novità, ma anche dove farsi vedere. Ma comprano poco.

Centrale è il punto vendita attrattivo

I ricercatori, attenti a comprendere i meccanismi comportamentali all’interno dei negozi, si sono chiesti quali siano i fattori determinanti, in particolare per i paladini dell’e-commerce, a vivere l’esperienza nei negozi reali. La risposta è che l’attrattività dell’assortimento e l’ambiente del punto vendita risultano ai primi due posti, seguiti dal fattore umano (la gentilezza dei commessi), dalla disponibilità di maggiori informazioni e dall’esperienza sensoriale. «L’attrattivitò, la facilità di lettura delle proposte, la novità, l’impulso, il racconto di cose nuove e con reali significati fanno della visita in negozio una fonte di emozioni», afferma Ostidich, che aggiunge: «Il processo d’acquisto, l’atto stesso è un’esperienza cognitiva e razionale, ma anche umana, ricca di sensazioni, di emozioni, di stimoli, di sorprese che nessuna piattaforma web è in grado di offrire su acquisti non programmati. Per questo il tema centrale è per i retailer di tornare a fare i commercianti, proponendo prodotti interessanti vestiti di relazioni con offerte di valore».

Beninteso l’uso delle tecnologie dallo smartphone all’intelligenza artificiale, dai beacon per il marketing di prossimità, dalla realtà virtuale a quella aumentata giocheranno un ruolo significativo. «Il coinvolgimento sarà sempre importante, ma bisogna considerare tre aspetti. Primo, le fasce di età più anziane ne saranno tagliate fuori. Secondo, ricordiamoci che un terzo degli italiani (e forse è un segmento destinato a crescere) comincia a mettere dei paletti alla pervasività delle tecnologie. Le utilizza solo per necessità e rifiuta la pressione del marketing perché fa del non consumo una opzione davalutare nelle scelte di consumo. Infine, non va sottovalutato il tema della privacy: si comincia a non accettare con leggerezza che qualsiasi azione sia tracciata e sia fonte di informazioni che possono essere usate proprio per operazioni di spinta verso il consumo. Da parte delle aziende – conclude Daniela Ostidich – sarebbe opportuno pensare a interventi di più lungo periodo, con strategie mirate non a prendere informazioni dai consumatori, ma a fornirle in modo da alimentare decisioni mirate e consapevoli». Per stringere un patto duraturo con i propri acquirenti.

A cura di Fabrizio Gomarasca - @gomafab