Pensiamo insieme a nuove relazioni commerciali
l'opinione di
Dal discorso del presidente di Ibc (Associazione delle Industrie dei Beni di Consumo) all’assemblea del 2 marzo, estrapoliamo la parte di analisi della situazione economica in Italia e le riflessioni sulle possibilità di avviare diverse dinamiche nelle relazioni commerciali tra Industria e Distribuzione.
Nell’ultimo anno, è cresciuta la turbolenza su scala globale. Sviluppi spesso imprevedibili sul piano delle evoluzioni politiche nei diversi paesi, delle prospettive protezionistiche nel commercio mondiale, delle crisi diplomatiche nelle zone calde del mondo moltiplicano le aree di instabilità e le preoccupazioni rispetto al futuro.
Un’età dell’incertezza così radicale non si presentava da anni: la sensazione diffusa è che manchino punti di riferimento e leadership capaci di indicare vie di uscita alle profonde difficoltà in cui il sistema globale appare intrappolato.
Lo scenario italiano
Guardando all’Italia, il contesto politico è confuso e la spinta riformista che aveva fatto sperare in una svolta non trova ora condizioni favorevoli.
Il sistema economico ha mostrato una faticosa tenuta, mentre neanche una delle nostre fragilità è venuta meno: la crescita è bassa, gli investimenti battono il passo, l’occupazione non riprende.
L’esaurimento della politica monetaria espansiva da parte della BCE e il timore di una manovra di finanza pubblica di enorme portata contribuiscono al senso d’incertezza di questo periodo.
È uno scenario caotico che genera insicurezza e precarietà. Ne discendono atteggiamenti prudenziali e conservativi. Con ricadute pesanti sulle previsioni economiche: meno investimenti, meno consumi, meno crescita.
In questo contesto, ci preoccupa in particolare che abbiano ripreso forza le voci di un possibile aumento dell’IVA. Se questo dovesse verificarsi, avremmo svantaggi netti per i consumi e per il reddito disponibile delle famiglie, senza peraltro garantire il gettito atteso.
Siamo contrari a qualunque inasprimento della fiscalità sui consumi. È una posizione che abbiamo sostenuto in passato e che ha contribuito ad evitare che le clausole di salvaguardia fossero attivate.
Al contempo, continueremo a segnalare che sono prioritarie politiche a favore degli investimenti e della produttività delle imprese, strada maestra per la crescita strutturale dell’occupazione e del reddito disponibile.
Su queste posizioni, sono certo che troveremo ancora al nostro fianco le associazioni dell’Industria dei beni di consumo e quelle della Distribuzione.
Il mercato è stabile, ma il consumatore si muove
Per quanto riguarda il nostro settore, nel 2016 i risultati di mercato si sono sostanzialmente allineati all’anno precedente.
Un risultato non facile, che è arrivato grazie anche alla tenacia con cui le nostre imprese hanno continuato a puntare alla crescita, nonostante la volatilità dei trend e il rapido cambiamento strutturale del contesto.
Assistiamo in primo luogo ad una profonda trasformazione degli atteggiamenti e delle preferenze dei consumatori.
L’attenzione alla salute ed al benessere spinge consumi orientati ad un’alimentazione selettiva e di qualità. La cura della forma fisica ed estetica incide sulla quota di spesa che le famiglie destinano alle varie categorie di prodotto. Queste nuove priorità prendono gradualmente il sopravvento sulla richiesta di convenienza e risparmio, che è stata predominante negli anni più bui della crisi economica.
Nuovi equilibri si affermano nello shopping, resi più rapidi dalla velocità di diffusione del digitale. Cresce a dismisura la possibilità di informarsi, si indebolisce il confine tra i settori, cade il limite tra fisico e virtuale nelle attività retail.
Trasformazioni così profonde e veloci stanno lasciando traccia nel panorama distributivo italiano.
Superare la spirale promozionale
Gradualmente, tutti i nostri grandi clienti si stanno impegnando nella ridefinizione delle loro strategie commerciali. Con diversi gradi di profondità, implementano azioni che hanno l’obiettivo di intercettare le nuove tendenze di consumo, rinnovano le loro reti di vendita, sperimentano politiche di pricing che non fanno leva sulle tradizionali spinte promozionali.
I più innovativi puntano a costruire la loro identità con investimenti importanti sui media classici e facendo rotta gradualmente anche su quelli digitali. Insegne distributive differenziate e con posizionamenti distintivi avranno meno bisogno di appiattire la sfida competitiva sulla concorrenza di prezzo.
Questa prospettiva interessa noi industriali del largo consumo, che abbiamo sempre puntato alla competizione di valore e all’attrattività complessiva dell’offerta al consumatore.
È una tendenza auspicabile e che possiamo rafforzare con i nostri comportamenti.
Ci richiede di guardare alle prestazioni e ai valori dei nostri prodotti nel contesto delle politiche di differenziazione delle singole imprese distributive.
Ci richiede una più razionale allocazione delle risorse ed il superamento della attuale spirale promozionale per puntare a modalità che indirizzino gli investimenti dove i ritorni sono più rilevanti.
Sappiamo tutti che nel sistema di relazioni che si è stratificato negli ultimi 20 anni, questa prospettiva non è facile. Ciascuna impresa dovrà considerare come praticarla in coerenza con la propria forza competitiva e con la propria storia.
Una nuova consapevolezza, diffusa in un universo vasto di aziende, è il primo passo verso un sistema che torni a remunerare gli enormi sforzi che le nostre imprese destinano alla creazione dei prodotti, all’innovazione, alla comunicazione.