GS1 Europe, dagli standard ai servizi per le imprese
Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy è stato da poco riconfermato per il secondo biennio come chairman di GS1 Europe ed è proprio del ruolo dell’organizzazione europea cui fanno riferimento quarantasette organizzazioni nazionali, in rappresentanza di oltre un milione di imprese, che gli abbiamo chiesto di parlarci. Per capire come sta cambiando e dove sta andando l’associazione un tempo nota come “quella del codice a barre”.
«Storicamente GS1 Europe - spiega Aceto - ha avuto funzioni di coordinamento, allineamento, scambio di esperienze, distribuzione di informazioni, ricerca di linee di sviluppo comuni rispetto all’attività di supporto alle imprese erogate a livello nazionale. Nell’ultimo biennio abbiamo lavorato essenzialmente in due direzioni: nei confronti delle istituzioni e verso un maggiore coinvolgimento delle imprese.
Partiamo dalle istituzioni.
Nel mondo GS1 ci sono quattro macro regioni: Europa, Nord America (Canada, Usa, Messico), Latin America e Asia Pacific. Ecco, GS1 Europe è l’unica a essere diventata, proprio nell’ultimo biennio una legal identity. Prima era solo un’associazione informale.
Che cosa significa questa trasformazione?
Aver assunto lo status di associazione di diritto belga assicura un rango di rappresentanza nei confronti degli interlocutori istituzionali, segnatamente della Commissione europea, dove siamo accreditati come ente che si occupa degli standard di rifermento, non solo per i tre principali settori che rappresentiamo: il largo consumo, l’healthcare, i trasporti & logistica. Nel rapporto con le istituzioni, abbiamo compiuto dei passi importanti per consolidare questa posizione e questa reputazione presso la Commissione europea.
Nello specifico di che cosa vi siete occupati?
Siamo diventati membri del Jis-Joint initiative of standardisation l’iniziativa della Commissione europea per lo sviluppo del sistema di standardizzazione europeo attraverso la cooperazione tra pubblico e privato che si occupa della razionalizzazione dei processi di standardizzazione. Siamo stati ammessi in quanto stakeholder riconosciuti.
Tra le altre iniziative in corso, abbiamo partecipato ai lavori per la riduzione del commercio illegale del tabacco secondo quanto previsto da una direttiva dell’Oms. L’obiettivo è che tutta la produzione di tabacco sia tracciata con l’impiego di standard di identificazione seriale.
A questa iniziativa portiamo tutta la nostra esperienza nella gestione di standard articolati e complessi.
Veniamo ora al coinvolgimento delle imprese. Come si realizza?
Da qualche tempo abbiamo cominciato a guardare a utenti di dimensione regionale (retailer e produttori), multinazionali con quartier generale in Europa, e abbiamo coinvolto le aziende in attività di livello regionale, soprattutto nell’ambito del data management, la gestione e lo scambio di informazioni della filiera, che è diventata la principale linea di sviluppo delle attività di GS1 in generale, legata anche all’aumentata diffusione e importanza dei nuovi canali digitali.
Il ruolo di GS1 nella gestione dello scambio delle informazioni è centrale e contemporaneamente la nostra grande ambizione è di diventare una digital data platform, per fornire alle imprese non solo gli standard ma anche un servizio di gestione delle informazioni. A livello europeo significa stare più vicini alle imprese. A questo scopo abbiamo inglobato nell’advisory board anche rappresentanti delle imprese dell’industria e della distribuzione.
Nello stesso filone si colloca anche il potenziamento delle relazioni con le associazioni europee dell’industria e della distribuzione, tra i quali Eurocommerce, Aim (European brands association), e-Commerce Europe, Food Drink Europe. L’idea è quella di coinvolgere di più gli utenti a livello europeo, con il riconoscimento reciproco dei propri ruoli. È un lavoro in stretto coordinamento con le associazioni delle imprese, recependo le loro interpretazioni delle norme.
Con quarantasette organizzazioni che fanno parte di GS1 Europe, si travalicano però i confini europei…
Certo, non abbiamo rappresentanza solo nell’Unione Europea, ma rappresentiamo anche paesi che non sono nell’Unione o nell’Euro, dall’Azerbaijan a Israele, dalla Lettonia alla Svizzera. Anzi proprio alcuni membri lo sono diventati cogliendo lo spirito di cooperazione e di pragmatismo che guida la nostra organizzazione: anche i paesi più piccoli e più distanti hanno qualche interesse da condividere con l’Europa perché esportano (da qui l’enorme interesse per il regolamento 1169 sull’etichettatura) o perché dei retailer europei vi sono presenti. Ed è uno spirito di cooperazione che si sostanzia in numerosi incontri periodici ai vari livelli dove è facile scambiare esperienze e informazioni.
Tanto è vero che in questa nostra organizzazione che “parla il linguaggio globale del business” i fenomeni politici che stanno in questi mesi attraversando e scuotendo l’Europa, dalla Brexit al montare dei nazionalismi, rimangono sullo sfondo, coinvolgendo semmai storie di persone, di colleghi, più che i temi che si affacciano sui media.
Qual è il livello di interoperabilità tra le varie organizzazioni presenti in GS1 Europe?
Da quando abbiamo aperto il capitolo servizi ed è cominciata una certa attività cross border, è aumentato sensibilmente il livello di scambio. Ciò che viene proposto in un paese ad aziende di dimensioni internazionali, viene richiesto man mano dalle stesse negli altri paesi dove sono presenti. Si è reso così necessario stabilire delle norme di comportamento quando a un’organizzazione nazionale è richiesto di trasferire servizi in altri paesi.
Quali sono le linee di azione per il prossimo biennio?
Noi oggi siamo consolidati sugli standard. Sui servizi, proprio a partire dalle riflessioni in ambito europeo, si è cominciato a ragionare a livello globale.
Le linee di sviluppo per il futuro guardano al consolidamento di questo ruolo, con una struttura definita in grado di abilitare tutte le organizzazioni GS1 ad aprire un capitolo servizi offerti globalmente alle imprese.
Immagino, il servizio di digitalizzazione delle immagini e delle informazioni di prodotto sviluppato in Italia, è stata una risposta efficace, diventata subito la testimonianza che non ci si deve limitare a raccontare solo regole e standard, ma che si può entrare nelle aziende associate con delle soluzioni. Così il data capture diventerà un capitolo globale. Stiamo lavorando nella costruzione di questa prospettiva stimolati anche dai nuovi digital player globali. Amazon, Google, e-Bay, AliBaba operano sulla scena internazionale con i loro marketplace e vogliono utilizzare strumenti globali. Ma dobbiamo essere bravi a non farceli scappare. Il fattore tempo è determinante.
Oltre a largo consumo, healthcare, logistica, i settori sui quali gli standard possono intervenire sono ancora numerosi. A quali guardate con maggiore attenzione? E quali sono le aree di intervento più importanti nei progetti futuri?
Del settore del tabacco abbiamo già detto. Il fai da te è un settore che necessiterebbe certamente di maggiore attenzione. Ma un’importante area di sviluppo è quella tecnica, della sensoristica utilizzata nei sistemi di produzione e del controllo a distanza nei processi produttivi e nell’erogazione dei servizi che si sintetizza con l’identificazione seriale degli oggetti, con un evidente sconfinamento nell’Internet of Things. Alcune organizzazioni GS1 nazionali stanno facendo da pionieri, riuscendo a cogliere per primi questa grande opportunità. Ma le esperienze vengono messe a sistema e condivise con tutti i membri di GS1 Europe.
Intervista di Fabrizio Gomarasca