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Lo stabilimento di produzione, un must per la tracciabilità, torna in etichetta

La legge di delegazione europea entrata in vigore il 16 settembre sancisce un ulteriore passo avanti per il ripristino dell’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione sui prodotti alimentari. Una battaglia che ha visto in prima linea la distribuzione e molti produttori italiani con l’azione concreta del ministro delle Politiche agricole.

Dopo circa due anni di dibattiti, prese di posizione, appelli, raccolte di firme, interventi parlamentari, il 16 settembre è entrata in vigore la legge di delegazione europea 170/2016 per ristabilire l’obbligo di indicazione dello stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta o sugli imballaggi dei prodotti alimentari.

tracciabilità_info_etichetta.pngSi tratta di un ulteriore passo avanti in questa vicenda che era cominciata a dicembre 2014 con l’entrata in vigore del Regolamento UE 1169/2011 relativo alle informazioni sulle etichette alimentari che aveva cancellato, a livello europeo, l’obbligo di questa indicazione fino ad allora vigente nel nostro paese. Un pasticcio che era subito stato segnalato, con evidente preoccupazione, da parte di imprenditori illuminati, secondo il quale il regolamento UE faceva perdere valore al made in Italy, riduceva il lavoro in Italia e toglieva la libertà di scelta ai consumatori. I quali erano scesi in campo con decine di migliaia di firme di adesione alla petizione lanciata dal sito ioleggoletichetta.it, volte al ristabilimento dell’indicazione del luogo di produzione in etichetta. Anche la distribuzione italiana aveva preso posizione al riguardo, dichiarando di mantenere a titolo volontario le informazioni relative allo stabilimento di produzione sui prodotti a marchio, fino ad arrivare, da parte di alcuni operatori a impegnarsi per la raccolta di firme nei propri punti vendita per il ritorno dell’indicazione obbligatoria in etichetta. Senza contare interventi di molti produttori e altri stackeholders contrari alla norma prevista dal Regolamento UE.

A sua volta il ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina si era fatto carico della questione e grazie al lavoro congiunto con le associazioni della distribuzione, dell’industria e degli agricoltori era riuscito a mettere a punto uno schema di disegno di legge di delegazione europea per il ripristino dell’obbligo di indicare lo stabilimento in etichetta e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE, successivamente approvato dal Parlamento. È questa legge di delegazione europea che è entrata in vigore il 16 settembre.

Ancora un anno

Un passo avanti importante, quindi, ma la vicenda, sebbene salutata con soddisfazione da più parti in rete e fuori dalla rete, non è ancora conclusa. Lo stesso ministro Martina, al quale va dato atto di aver operato con molta efficacia e convinzione, ha scritto in una nota che si tratta di “una risposta concreta che ci spinge a proseguire il percorso intrapreso, anche a livello europeo, per valorizzare la distintività del nostro modello agroalimentare, unico al mondo”.

Infatti, come segnala l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare internazionale citando il testo di legge, il Governo ha 12 mesi di tempo per adottare “uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (…)” e per “prevedere, previo svolgimento della procedura di notifica prevista dalla vigente normativa europea, l'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, al fine di garantire una corretta e completa informazione al consumatore e una migliore e immediata rintracciabilità dell'alimento da parte degli organi di controllo, anche per una più efficace tutela della salute, nonché gli eventuali casi in cui tale indicazione possa essere alternativamente fornita mediante diciture, marchi o codici equivalenti, che consentano comunque di risalire agevolmente alla sede e all'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento”, come spiega il comma 5 dell’art.3.

Già da agosto il Ministero delle politiche agricole e forestali ha predisposto uno schema di decreto legislativo in attuazione della legge di delegazione europea, ma per il completamento dell’iter e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale saranno necessari i pareri dei dicasteri coinvolti e delle Commissioni parlamentari competenti.

Ciò significa che prima che sia definitivamente obbligatoria l’indicazione dello stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta sarà necessario ancora del tempo. Anche se ormai praticamente tutta la distribuzione operante in Italia e gran parte dell’industria alimentare italiana ha ormai fatta propria questa misura a salvaguardia della produzione alimentare italiana e nel rispetto del patto con i consumatori.

La capacità di reazione del largo consumo a una questione potenzialmente devastante per garantire la rintracciabilità dei prodotti ai consumatori e per il sistema di valori che regge quello che, con felice sintesi, è stato definito Fare meglio italiano (cui GS1 Italy ha dedicato l’anno scorso un convegno all’interno di Expo Milano 2015), è stata di gran lunga più veloce ed efficace dei tempi della politica. Così come è stato subito chiaro alla distribuzione italiana che con l’entrata in vigore del Regolamento UE 1169, la qualità delle informazioni di prodotto in etichetta doveva trovare uno strumento semplice e facilmente utilizzabile nelle varie piattaforme omnicanale con le quali opera, a completa garanzia della trasparenza delle informazioni stesse. GS1 Italy ha messo a punto così Immagino, il servizio per la produzione e distribuzione di fotografie di prodotto di alta qualità, per il marketing e la gestione degli spazi commerciali, oltre alla cattura di tutti i dati presenti sul packaging e delle sue dimensioni fisiche (misure e peso). Immagino, oggi utilizzato da più di mille aziende, diventa anche il complemento ideale di Allineo, il servizio basato sugli standard GS1 GDSN® per lo scambio e l’allineamento delle anagrafiche di prodotto tra produttori e distributori.

Rimane però ancora aperta la questione dei prodotti provenienti da altri paesi venduti in Italia, ai quali non si applica il suddetto obbligo, come chiaramente indicato nello schema di decreto legislativo previsto a completamento della legge appena entrata in vigore. Da qui il richiamo di Martina a proseguire l’opera in Europa.

A cura di Fabrizio Gomarasca