Bitcoin e banche, il patto tra nemici
Il movimento dietro ai Bitcoin è contrario al sistema bancario. Ma ci sono contatti in corso. Il fondatore Giacomo Zucco: «Il nostro è un lavoro per facilitare un patto tra potenziali nemici»
Immaginate un incontro, qualche anno fa, tra i rappresentanti di Blockbuster e i gestori di una piattaforma di BitTorrent. Da una parte una catena di negozi fisici che vende prodotti fisici, i dvd, e dall’altra un sistema di scambio dati peer to peer. Da una parte gli accordi con le case cinematografiche, dall’altra l’indifferenza per il diritto d’autore. Da una parte una realtà fallita, con innumerevoli negozi chiusi e personale mandato a casa, e dall’altra una delle realtà che hanno cambiato il modo di fruire di film, serie tv e musica. Che cosa avrebbero potuto trovare in comune i due mondi?
Una qualche forma di accordo avrebbe potuto salvare il vecchio mondo fisico e traghettarlo nella nuova era? È la domanda che ci si pone oggi, quando nel mondo sono in corso contatti tra due galassie lontanissime: le banche e gli esponenti del mondo Bitcoin e della blockchain, ossia della tecnologia che sta alla base dei Bitcoin e che promette applicazioni dirompenti in molti settori. Si tratta essenzialmente di sistemi distribuiti di verifica di informazioni, assicurati dalla messa in comune di hardware di numerosissimi utenti. Potenzialmente potrebbero automatizzare tutto quello che richiede una certificazione, dai passaggi di proprietà ai contratti. Questi incontri stanno cominciando ad avvenire anche in Italia, e non sono chiacchiere nei convegni. Sono accordi economici, che si basano su soldi (delle banche e di altri istituti finanziari) in cambio di informazioni. La posta in gioco è alta: per le banche si va dal trovare il sacro graal per tagliare i costi di funzionamento alla loro stessa sopravvivenza.
Giacomo Zucco, ceo di BlockchainLab (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)
«Puoi venire domani, ma prima delle 16. A quell’ora arrivano i partner di Intesa Sanpaolo». Al telefono è Giacomo Zucco, un imprenditore dai tratti geniali. Con poca sregolatezza e molto coraggio. Classe 1983, studi in fisica, nel pieno di una carriera nella società di consulenza Accenture lascia tutto e fonda una serie di startup. «Mi sembrava tutto vecchio e tutto troppo specializzato», spiega. Negli anni segue tutti gli hype del momento, dalle stampanti 3D ai chip Nfc. Poi decide di concentrare gli sforzi sul mondo dei Bitcoin, la moneta virtuale nata nel 2009 che ha oscillato nella considerazione dell’opinione pubblica con variazioni paragonabili solo al valore degli stessi bitcoin: da pochi centesimi di dollaro a oltre mille, fino all’attuale valore di circa 420 dollari. Anche in questo caso le startup si moltiplicano, come una “farm” per estrarre bitcoin in Svizzera. Che significa? Ci arriveremo. Un anno fa contribuisce a creare una sorta di associazione di categoria, Assob.it, che raccoglie sì esponenti delle varie startup del mondo Bitcoin ma anche del mondo della finanza, come Banca Sella, e professori universitari.
Un distributore di Bitcoin nella sede di BlockchainLab (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)
Il link non è banale, perché è una premessa di quello che succederà dopo. Nel frattempo Zucco fonda BlockchainLab, un misto di centro di ricerca e acceleratore di startup, con sede a Milano, nel centro di co-working e spazi di lavoro innovativi di via Copernico. Con sé, in uffici a vetrate nuovi di pacca, porta una ventina di ragazzi, tra cui «tre delle 200 persone in tutto il mondo che sanno veramente padroneggiare i bitcoin». Negli spazi ci sono un altro fisico, una musicologa, un ingegnere informatico, un laureato in economia. C’è anche Franco Cimatti, 31 anni, noto come Hostfat, presidente di Bitcoin Foundation Italia e primo italiano ad avere “minato” bitcoin, nel 2010. Felpa Decathlon, ritrosia a parlare con la stampa, si dice che abbia accumulato una piccola fortuna (la cui entità non è nota) nelle fasi iniziali del fenomeno.
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