Meno spreco, più guadagno: la ricetta per la combinazione ideale
La risposta viene da uno studio dell’Università tecnologica di Eindhoven che parte da un presupposto rivoluzionario: riposizionare gli obiettivi di riduzione degli sprechi e di aumento della disponibilità a scaffale come variabili in trade off di uno stesso problema. Un approccio integrato inedito cui le singole performance sono valutate in funzione del costo indotto.
Sprecare meno e vendere di più, arrivando alla perfetta combinazione di prodotti da posizionare sugli scaffali. È un obiettivo molto importante per i negozi, perché le possibilità di miglioramento sono consistenti: come spiega una ricerca dell’Università tecnologica di Eindhoven (TU/e), si può arrivare a una riduzione dello spreco fino all’80% in confronto a valori medi di riferimento.
La stessa ricerca, disponibile sul sito di Ecr, spiega come arrivarci. In primo luogo una formula matematica, riportata su un semplice tool su excel (chiamato Sell more, waste less), permette di individuare il mix ideale tra la disponibilità di prodotti sugli scaffali (OSA: on-shell aviability) e la percentuale di prodotti sprecata. Il risultato dell’equazione tiene conto di tre variabili: la domanda media quotidiana di un prodotto, il numero di prodotti per confezione, la durata di vita di un prodotto a scaffale (dall’arrivo in negozio alla data di scadenza). I dati si combinano con altri parametri, tenuti fissi, come il margine sul prezzo di vendita e il costo di riordino in rapporto al prezzo finale. Non sempre meno spreco equivale a costi minori: in un esempio fornito nella presentazione, la combinazione migliore, e quindi il costo più basso (0,10 euro per euro di spesa) si ottiene con una disponibilità a scaffale del 94,72% e una percentuale di spreco dell’11%. Se si portasse lo spreco al 6,8%, il costo sarebbe di tre centesimi più alto. Mentre se si portasse al 100% la probabilità che gli scaffali fossero sempre pieni, il costo triplicherebbe.
Lo strumento permette di fare però anche dei passi avanti, ossia simulare gli effetti di un cambio di politica di rifornimento. Se, per esempio, si trovasse il modo di aumentare la durata della vita di un prodotto sugli scaffali (nel caso, da 11 a 12 giorni), il costo scenderebbe da 10 a 8 centesimi. Se invece si decidesse di spacchettare completamente i prodotti, ad esempio vendendo delle mele singolarmente invece che in pacchetti da quattro, il costo scenderebbe a 5 centesimi, con una disponibilità maggiore e uno spreco minore. Tra le altre leve possibili ci sono la riduzione della disponibilità a scaffale dei prodotti con ricambio più lento e l’aumento di quella dei prodotti con ricambio rapido. Oppure l’eliminazione dagli scaffali del 10% dei prodotti in assortimento, a partire da quelli con ricambio minore.
La simulazione permette, sulla base di questi risultati, di dare priorità ai progetti di riduzione dello spreco e di creare un confronto tra i negozi all’interno di una catena retail. L’analisi di benchmarking permette di trovare quello che non funziona in uno dei negozi della catena. Per esempio, se in alcuni punti vendita non si fanno riordini con la necessaria velocità o se si vendono prodotti oltre la data di scadenza.
La visualizzazione dei dati avviene anche attraverso dei grafici, come la “frontiera efficiente”, che mostra quanto spreco si ottiene per percentuale di OSA (disponibilità a scaffale) e viceversa. Molto utile è anche la curva “cost trade off”, il cui scopo è illustrare quando si spende di meno in base alla’OSA.
La ricerca si basa su una combinazione di assunti presi dalla letteratura e di dati reali ottenuti da 27 negozi di tre catene. Tra i punti di forza degli strumenti messi a punto c’è la possibilità di differenziare tra le diverse categorie di prodotti (frutta e verdura, carne fresca, convenience). Tra i suoi limiti, dichiarati, c’è l’assenza degli effetti sulle vendite delle promozioni e degli sconti nella gestione delle merci in scadenza.
Per più informazioni è possibile contattare:
giuseppe.luscia@gs1it.org - Ecr Project Manager
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