Per cambiare modalità ci vuole un cambio di mentalità
La necessità di spostare grossi volumi di trasporto merci dalla strada alla ferrovia, per rispondere alla direttiva europea sulla riduzione delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti, costituisce una sfida per un paese come l’Italia dove la quota modale della rotaia risultava nel 2012 al 10,5% (dati CNIT 2011-2012), leggermente in ripresa dall’8,5% del 2009 e 2010. Per confronto, ricordiamo che in Germania la ferrovia raggiunge una quota del 17,5% (dati su base Destatis; secondo altre fonti è superiore al 20%); per la UE 27, Eurostat indica nel 2011 il 18,4%. Si stima che per centrare il primo traguardo posto dall’Europa al 2030 (30% dei trasporti oltre 300 km da affidare a ferrovia o navigazione) il volume complessivo portato dai treni a livello UE dovrà praticamente raddoppiare.
Da un punto di vista tecnico, l’adeguamento dell’infrastruttura ferroviaria a questo obiettivo è possibile. I lavori più importanti per la realizzazione di nuovi tratti di linee, nelle zone più sature o con caratteristiche prestazionali insufficienti, sono già avviati e in alcuni casi conclusi. La introduzione di nuove tecnologie per il distanziamento dei treni in sicurezza aumentando la capacità delle linee è in pieno sviluppo e in Italia ha raggiunto le fasi di certificazione. Il miglior utilizzo delle tracce orarie (che finiranno per essere una risorsa scarsa) potrà avvenire con l’impiego di treni più lunghi e pesanti, già in corso di sperimentazione in vari Paesi europei.
I corridoi internazionali individuati nel progetto di Rete Europea per il trasporto ferroviario competitivo di merci (Regolamento UE n.913/2010) hanno lo scopo di semplificare le procedure, ridurre i costi e aumentare la capacità, e anche se nell’attuale fase di avvio mostrano qualche problema di flessibilità gestionale, entro pochi anni potranno raggiungere gli obiettivi loro assegnati. Ma non è soltanto migliorando la prestazione del sistema ferroviario che il traffico di merci potrà aumentare fino ai livelli fissati. È l’intero sistema del trasporto che va ripensato, in un processo di evoluzione che deve coinvolgere tutti gli attori attraverso la definizione di un obiettivo comune: realizzare le condizioni favorevoli per stimolare e, in seguito, consolidare il recupero della modalità ferroviaria nel trasporto delle merci, agendo sulla formazione di una domanda e di un’offerta convergenti sul piano di soluzioni intermodali innovative, efficaci ed economicamente competitive.
Dal lato dell’offerta, la crescita della quota modale della ferrovia non deve peraltro essere vista come una sottrazione di affari al trasporto stradale. Una integrazione intelligente con la modalità ferroviaria permetterebbe agli stessi autotrasportatori di ottenere redditi migliori con minori investimenti e tempi di lavoro più equilibrati.
Dalla parte della domanda, conosciamo in linea di principio le riserve che spesso i potenziali clienti fanno sul mezzo ferroviario: poca affidabilità, poca flessibilità, maggiori tempi di resa, comunicazione difficile, assenza di tracciabilità sicura, rischi per la merce durante i trasbordi, complessità organizzativa, maggior costo; spesso anche cocenti delusioni patite in passato. Ma molte di queste obiezioni possono facilmente essere superate lavorando insieme sulla definizione di servizi su misura per ogni esigenza del cliente, come è possibile ottenere oggi con la struttura liberalizzata del mercato ferroviario e con l’intermodalità basata sull’uso di unità di carico intercambiabili. Credo che in questo momento sia necessario costruire occasioni di dialogo in cui i vari componenti della supply chain – produttori, logistici, trasportatori stradali, operatori ferroviari – si mettano in gioco per raggiungere in modo condiviso nuovi modelli di intesa, liberandosi dai preconcetti e aprendosi ai necessari reciproci adattamenti, ognuno disposto da un lato a proporre le proprie esigenze ma anche a riconoscere quelle dell’altro, nella prospettiva di ottenere un risultato complessivamente migliore per tutti. Allo stesso modo, coinvolgendo anche i decisori politici, si dovrebbe affrontare la questione della internalizzazione dei costi esterni: evidenziare il costo reale della componente trasporto nella catena logistica, che deve essere pagato in modo trasparente dal cliente, ed eliminare l’onere occulto dei costi esterni in modo che l’insieme complessivo dei costi di produzione a livello di sistema industriale non cambi o addirittura migliori grazie ad un aumento dell’efficienza.
Si tratta di un processo non breve né semplice, perché alla fine dovrà portare ad un effettivo cambio di mentalità nei confronti del trasporto, con un approccio più sistemico, una visione più globale, una maggior attenzione al risultato, forse l’introduzione di nuovi soggetti e nuove funzioni.
La ricerca Intermodability™ di Ecr Italia è uno dei primi esempi di messa in atto di tale dialogo operativo, mirato ad accordare la domanda espressa dal settore del largo consumo all’offerta integrata strada-rotaia sulla base di un quadro condiviso di prestazioni. L’evidenza della possibilità di coordinare il consolidamento dei flussi di traffico fra più origini/destinazioni e diversi clienti per ottenere economie globali e per garantire l’affidabilità della componente ferroviaria è un primo risultato rilevante della ricerca, valido al di là dell’occasione specifica. Un indicatore della nuova mentalità necessaria al cambio di modalità.
A cura di Fulvio Quattroccolo - intermodale24-rail