Luciano Canova
L’opinione di Luciano Canova

Le prospettive dell’economia italiana: il biennio 2025-2026 secondo Istat

Immaginate di entrare a teatro, come fossimo alla prima de La Scala: la sala è quasi piena, le luci sono accese, ma sul palco lo spettacolo procede al rallentatore

Economia e consumi

Questa è l’immagine che arriva dall’ultimo rapporto Istat sulle prospettive dell’economia italiana per il 2025-2026.

La trama è la seguente: il Pil crescerà poco, lo 0,5% nel 2025 e lo 0,8% nel 2026, dopo lo 0,7% del 2024. Lato lavoro, invece, le comparse non mancano: l’occupazione (misurata in unità di lavoro) è attesa in aumento dell’1,3% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026, con la disoccupazione che dovrebbe scendere al 6,2% e poi al 6,1%.

È come se si chiamassero sul palco sempre più attori, ma lo spettacolo nel complesso non diventasse davvero più ricco.

Da dove arriva quel poco di crescita? Quasi tutta da ciò che facciamo “in casa”: consumi, investimenti, spesa pubblica. La domanda interna, al netto delle scorte, dà un contributo positivo di 1,1 punti percentuali sia nel 2025 sia nel 2026, mentre la domanda estera netta toglie crescita (-0,6 punti nel 2025 e -0,2 nel 2026).

In altre parole, non è la domanda globale a spingere l’economia italiana, ma il motore domestico.

E dentro questo motore i consumi delle famiglie riprendono lentamente fiato: +0,8% nel 2025 e +0,9% nel 2026, aiutati da salari che crescono un po’ (sempre al rallentatore, ma con un piccolo segnale di ripresa) e da più persone al lavoro, mentre l’inflazione si raffredda intorno all’1,7% nel 2025 e all’1,4% nel 2026.

È un bene, sicuramente: più buste paga e prezzi sotto controllo vuol dire qualche margine in più nel portafoglio, anche se non parliamo di un boom degli acquisti, tanto che la lepre Spagna ci guarda dall’alto di tassi di crescita degni di questo nome.

Molto più vivace è la scena degli investimenti: dopo un 2024 quasi fermo, nel 2025 sono attesi in aumento del 2,8%, e nel 2026 del 2,7%. A spingere sono soprattutto le opere legate al PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) e le infrastrutture: cantieri, macchinari, fabbricati non residenziali (e attenzione, perché questo sarà l’ultimo anno!).

È come se si stessero cambiando le scenografie, sostituendo pezzi vecchi con impianti più moderni. Il punto è capire se questi nuovi fondali basteranno a far recitare meglio gli attori.

Ed eccoci, fuor di metafora, al cuore del paradosso: se il Pil cresce meno dell’occupazione, significa che, in media, ogni lavoratore sta producendo solo un po’ di più, o addirittura uguale, rispetto a prima. La torta aumenta di poco, ma viene divisa tra più persone. È qui che entra la grande protagonista nascosta della storia economica italiana: la produttività, cioè quanto valore riusciamo a creare per ora lavorata. Da lì passa la possibilità di aumentare stabilmente i salari, reggere il peso del debito pubblico, finanziare welfare e transizione ecologica.

Perché la produttività è così piatta? Le diagnosi sono note:

  • Imprese spesso piccole e poco capitalizzate.
  • Ritardi nella digitalizzazione e nell’adozione delle nuove tecnologie.
  • Burocrazia lenta.
  • Giustizia civile che scoraggia gli investimenti.
  • Divari territoriali enormi nelle infrastrutture e nella qualità dei servizi, a partire da scuola e sanità.

È un groviglio di micro ostacoli che, messi insieme, rallentano lo svolgersi dello spettacolo.

Il biennio 2025-2026, nel copione Istat, non è un film catastrofico ma neanche una commedia: è un’Italia che continua a reggere, con più lavoro e prezzi sotto controllo, ma che rischia di restare intrappolata in una crescita di puro galleggiamento.

La vera sfida è usare questa fase di palco stabile ma poco brillante per mettere mano alla sceneggiatura: investire davvero in competenze, innovazione, organizzazione del lavoro, servizi pubblici efficienti.

Perché se chiamiamo in scena nuovi attori ma non alziamo la qualità dello spettacolo, prima o poi il pubblico (famiglie, imprese, investitori) smetterà di applaudire. E allora non basterà più aggiungere posti in platea: servirà riscrivere la pièce Italia.

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