Il platform thinking: leva strategica per la crescita
Le aziende italiane stanno adottando modelli di business a piattaforma per favorire l'innovazione? La ricerca dell'Osservatorio Platform Thinking HUB del Politecnico di Milano identifica tre approcci chiave per integrare il platform thinking nelle strategie aziendali, trasformando i processi e creando nuovi ecosistemi di valore
Giunta alla sua seconda edizione, la ricerca dell'Osservatorio Platform Thinking HUB del Politecnico di Milano si è concentrata quest’anno sull'evoluzione del platform thinking come paradigma di innovazione, analizzando come sia possibile adottare modelli di business a piattaforma, facendone una vera e propria leva di crescita e sviluppo.
L'idea di base è che il platform thinking non sia riservato solo alle startup tecnologiche della Silicon Valley, ma possa essere applicato a qualsiasi tipo di azienda per creare nuovi ecosistemi di valore, cercando nel contempo di comprenderne come questi modelli permettano di innovare e trasformare le dinamiche aziendali tradizionali.
Quali modelli per il platform thinking
La premessa necessaria, prima di analizzare i risultati della ricerca, è che non basta dire “piattaforma”. È necessario per prima cosa comprendere quali siano le diverse declinazioni che il termine può assumere, a seconda del modello operativo adottato.
La ricerca dell’Osservatorio analizza cinque categorie principali: transazionali, ortogonali (nelle due accezioni client-as-a-target - cliente come obiettivo - e client-as-a-source - cliente come fonte), ibride e di innovazione.
- Le piattaforme transazionali connettono gruppi di utenti per facilitare scambi diretti di beni o servizi, come avviene per Airbnb.
- Le piattaforme ortogonali sfruttano una grande base di utenti per offrire valore a un secondo gruppo, spesso inserzionisti, come nel caso di Google, oppure per raccogliere dati utili per altre aziende, come fa Strava.
- Le piattaforme ibride combinano elementi transazionali e ortogonali.
- Le piattaforme di innovazione forniscono una base su cui terze parti possono costruire nuovi prodotti o servizi, come fa ad esempio Apple con il suo sistema operativo iOS.
Queste piattaforme condividono una struttura comune: gruppi di utenti interdipendenti che creano valore attraverso gli effetti di rete, aumentando l'utilità della piattaforma man mano che uno dei gruppi cresce.
La metodologia della ricerca
Uno dei primi obiettivi che si è posta la ricerca è stato quello di confrontare la situazione italiana rispetto a quella statunitense, esaminando 107 iniziative di 35 aziende italiane del FTSE MIB (il principale indice di benchmark dei mercati azionari italiani, ndr) su un totale di 40, e 798 iniziative di 445 aziende dell’S&P 500 (Standard and Poor’s 500, il più importante indice azionario statunitense, ndr) su un totale di 500, classificando ogni iniziativa secondo le tipologie di piattaforma sopra descritte.
L'analisi dei risultati evidenzia che il platform thinking non è un fenomeno limitato a startup tecnologiche, ma è ampiamente adottato anche da aziende consolidate, sia in Italia che negli Stati Uniti. Dopo aver escluso le aziende "nate come piattaforme" (come Google, Meta oppure Apple), lo studio ha confermato la presenza di iniziative legate al modello a piattaforma nell'88% delle aziende italiane e nel 92% delle aziende statunitensi.
Figura 1 - Iniziative di piattaforma attivate da aziende italiane e statunitensiFonte: Politecnico di Milano “Osservatorio Platform Thinking HUB” 2024
Serve fare chiarezza
C’è un punto sul quale però i ricercatori dell’Osservatorio richiamano l’attenzione.
Dall’analisi delle iniziative etichettate come piattaforme da parte delle aziende del FTSE MIB e dell’S&P 500 emerge una significativa confusione sul concetto di "piattaforma". Molte aziende, sia in Italia che negli Stati Uniti, tendono a etichettare erroneamente i servizi digitali come piattaforme, senza considerare gli elementi chiave come la presenza di gruppi di clienti multipli e gli effetti di rete.
Così riparametrati, i numeri si ridimensionano significativamente: solo il 46% delle aziende italiane del FTSE MIB e il 30% delle aziende della S&P 500 hanno sviluppato vere e proprie piattaforme. Questo evidenzia come le strategie di piattaforma siano ancora poco comprese e applicate. Le piattaforme, infatti, ridisegnano in modo fondamentale la creazione e la cattura del valore, ma molte aziende faticano a coglierne appieno le dinamiche.
E anche se a livello numerico l’Italia sembra aver sviluppato un numero maggiore di iniziative, resta, secondo gli analisti, la necessità di maggiore alfabetizzazione sul concetto di piattaforma, per poter sviluppare pienamente il potenziale del platform thinking.
Tre approcci per il platform thinking
Ma qual è dunque l’approccio giusto per fare del platform thinking una vera e propria strategia aziendale?
L’Osservatorio ne ha identificati in realtà tre:
- Piattaforma come nuovo servizio: riguarda l’introduzione di nuovi servizi o l'espansione di quelli esistenti, incluso il supporto a iniziative di sostenibilità.
- Piattaforma per innovare un’attività primaria: si concentra sulla trasformazione dei processi fondamentali, attraverso l'estensione dell'offerta o l'adozione di modelli digitali avanzati.
- Piattaforma per innovare un’attività di supporto: riguarda la raccolta e gestione di dati, piattaforme di open innovation e progetti di sostenibilità interna.
Tutti e tre rappresentano di fatto un framework strategico per sfruttare il potenziale delle piattaforme, consentendo loro di rivoluzionare i propri processi e generare valore in modo scalabile.
A cura di Maria Teresa della Mura