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Brand extension: opportunità e rischi

l'opinione di

Stefania Boleso

La brand extension è una strategia di marketing che consiste nello sfruttare la forza del proprio brand per lanciare nuovi prodotti o servizi in mercati diversi da quello di origine (dalla definizione di Kevin L. Keller nel libro “Strategic Brand Management”).

Abbiamo visto questa strategia applicata molte volte: quando un brand gode di elevata notorietà - awareness - e di un'immagine positiva - brand image -, la scelta più immediata per un’azienda che desidera espandersi è sfruttare la forza del cosiddetto “parent brand” (il marchio principale, ovvero il  marchio che supporta una o più società secondarie, spesso all'interno di una categoria di prodotti o di un segmento di mercato simile, ndr), risparmiando così sugli investimenti in comunicazione necessari per creare notorietà di marca.

In altre parole, in una brand extension, le attività di comunicazione non devono concentrarsi sull’informare i consumatori dell’esistenza del brand, quanto piuttosto focalizzarsi sul fatto che quel brand è ora presente in una nuova categoria, stimolando così l’acquisto.

Se ben pianificata ed eseguita, la brand extension può generare sinergie di valore, pur presentando alcuni rischi.

Quando funziona?

  1. Quando è coerente con il posizionamento di marca, vale a dire i consumatori percepiscono una forte coerenza tra il brand principale e il nuovo prodotto. Se invece la brand extension risulta distante dalle aspettative legate alla marca, si rischiano confusione e scetticismo. Qualcuno si ricorderà di Colgate, che nasce come brand di dentifrici e che, coerente con il suo posizionamento legato al concetto di “igiene orale”, decise di entrare con successo nella categoria degli spazzolini da denti e poi dei collutori, salvo poi fallire quando tentò di entrare anche nella categoria dei pasti surgelati già pronti, proprio a causa della scarsa coerenza percepita dai consumatori. Dyson, che negli anni ha praticato con successo la brand extension in categorie merceologiche molto diverse (dagli aspirapolveri ai purificatori, fino ai phon), ha recentemente introdotto una linea di prodotti per la cura dei capelli, scelta che personalmente trovo lontana dal posizionamento originario del brand. L’obiettivo evidente è quello di fare cross-selling (strategia di vendita che mira ad aumentare il valore totale dell’acquisto proponendo prodotti complementari); sono però curiosa di vedere come si evolveranno le vendite.
  2. Quando la nuova categoria in cui l’azienda decide di entrare è interessante per dimensioni del mercato e tasso di crescita. Se, ad esempio, il mercato dei gelati confezionati è in crescita, è chiaro che un brand che produce snack potrebbe decidere di entrarci, commercializzando una versione gelato del proprio prodotto (e di esempi ne abbiamo visti molti in questi anni).

Qual è il rischio maggiore?

Il principale rischio è invece la cosiddetta “cannibalizzazione” che si verifica quando il nuovo prodotto finisce per sottrarre vendite al prodotto esistente, anziché attrarre nuovi clienti o creare un reale incremento delle vendite complessive.Questo rischio è frequente quando l’estensione avviene in una categoria troppo vicina a quella del prodotto già esistente, portando i consumatori a preferire la novità, senza ampliare il mercato.

E nel caso in cui la brand extension proprio non dovesse funzionare?

Nonostante i rischi, un brand forte e consolidato quasi mai subisce danni irreparabili se l’estensione fallisce.

Ce lo dimostra Colgate, ma anche Harley Davidson: tempo fa mise in commercio un profumo che ebbe davvero poco successo e infatti venne ritirato dal mercato dopo pochi anni.

La brand extension fallimentare non ha però compromesso la relazione con la sua community né l’immagine di Harley come simbolo di uno stile di vita.


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