marketing

La P di Place

l'opinione di

Stefania Boleso

Il punto vendita (anche) come strumento di comunicazione

Una volta comunicare era una prerogativa riservata a pochi: solo un numero limitato di aziende (con grandi budget) poteva infatti permettersi costose campagne sui media nazionali. I brand più piccoli, che avevano un budget ridotto (quando ce l’avevano), potevano solo sperare di essere conosciuti a livello locale, ma difficilmente avevano la possibilità di farsi pubblicità a livello nazionale o internazionale.

Poi è arrivato il web, e con lui c’è stata la “democratizzazione della comunicazione”: con un investimento decisamente più ridotto all’improvviso è stato possibile rendersi visibili e raggiungere un grande numero di persone. E così sempre più brand hanno iniziato a fare pubblicità.

Lo scenario competitivo si è affollato, ma allo stesso tempo anche il numero di mezzi su cui poter investire è cresciuto: accanto ai mezzi cosiddetti “classici”, quindi TV, radio, cinema stampa e affissioni, sono nate le differenti opzioni offerte dal web, formati diversi per rispondere a ogni esigenza.  Per non parlare poi degli strumenti che integrano online e offline, le possibilità offerte dalla tecnologia, dai QR code, dalla realtà aumentata e così via.

E quindi ci troviamo nella situazione attuale, con una moltitudine di brand che investe utilizzando tanti mezzi diversi, per cercare di catturare l’attenzione di un pubblico che nel corso degli anni, proprio a causa di questo sovraccarico di comunicazione pubblicitaria, è diventato sempre più distratto (oltre che difficile da classificare secondo i criteri tradizionalmente utilizzati).
“Attention is the new oil” ha detto qualcuno, e io sono molto d’accordo con lui: oggi tutte le aziende competono per ottenere l’attenzione del pubblico, unica vera risorsa scarsa quando si parla di comunicazione di marca.

In questo scenario, per cercare di emergere, alcuni brand si stanno rendendo conto che tutto può essere utilizzato per comunicare: ogni punto di contatto col consumatore è un’occasione per farsi conoscere e poi magari anche scegliere. Volendo citare le famose 4P del marketing mix - Product (prodotto), Place (luogo, punto vendita), Price (prezzo)e appunto Promotion, cioè tutto ciò che ha a che fare con la promozione del prodotto -, la comunicazione di marca non risiede più solo nella P di Promotion; al contrario anche le altre P rappresentano la grande opportunità di essere utilizzate (anche) come strumento di comunicazione.

Prendiamo ad esempio in considerazione la P di Place: il punto vendita si sta spostando dall’essere un luogo di pura transazione (entro, compro ciò che mi serve ed esco) a spazio dove il consumatore può iniziare una relazione con il brand, ma anche consolidare il suo legame già esistente con la marca, diventando così a tutti gli effetti un altro touchpoint di comunicazione.

Esistono già numerosi esempi in tal senso, punti vendita creati non solo per vendere, ma innanzitutto per ingaggiare la persona, fornirle un’esperienza che possa vivere e poi condividere, così che l’azienda possa ottenere buzz, cioè un picco di attenzione nei confronti del brand.

E quando un’azienda non ha punti vendita di proprietà, ma si affida ad altri per arrivare al consumatore finale, come ad esempio i brand del largo consumo? Semplice, una strada può essere quella di recuperare e valorizzare un luogo o un sito produttivo particolarmente significativo per il brand, che supporti lo storytelling dell’azienda e rafforzi allo stesso tempo il suo DNA di marca: è il caso, ad esempio, di “Bottega Barilla”, il primo negozio inaugurato dal fondatore Pietro Barilla senior nel 1877 a Parma e riaperto in occasione del 145esimo anniversario del brand, oppure di “Casa Braulio”, le cantine dell’omonimo amaro a Bormio.

Oppure può creare temporary store (negozi che restano aperti per un periodo di tempo limitato) per far conoscere un nuovo brand o semplicemente una nuova referenza e creare un legame diretto con il proprio pubblico, prima della distribuzione del prodotto su larga scala attraverso i canali tradizionali.

Che il punto vendita fisico sia uno strumento  importante comunicazione lo dimostrano anche le numerose aperture di temporary store da parte di brand puramente digitali, quali Netflix, ma anche Depop, piattaforma online attraverso cui acquistare e vendere capi d'abbigliamento di seconda mano, o addirittura Tinder, la famosa app di incontri.
Dopotutto, quale modo migliore per un brand digitale di fornire un’esperienza “tangibile” e “reale” al suo pubblico?

Stefania Boleso - esperta di marketing e comunicazione, si occupa di consulenza e formazione per aziende. È inoltre professore a contratto presso l’Università Cattolica.