Customer management eccellente? Solo se è omnicanale
L’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano fa il punto sui motivi per cui la gestione della relazione con il cliente è oggi una priorità per le aziende di ogni settore. E su come affrontarla in una logica omnicanale
Nello scenario contemporaneo ad elevato impatto competitivo, caratterizzato da confini di filiera meno marcati, dalla crisi economica, dall’aumento del numero di touchpoint e da una maggiore consapevolezza e aspettativa dei clienti, la capacità di intercettare i loro feedback e di gestire le relazioni in modo personalizzato e tempestivo è diventata una priorità assoluta per le imprese di ogni settore.
Come costruire un customer management strutturato ed efficace è quindi il tema indagato dall'Osservatorio Omnichannel Customer Experience della School of Management del Politecnico di Milano, di cui GS1 Italy è sponsor, nel convegno dedicato proprio a questo tema, che nel titolo contiene già una risposta: il customer management eccellente non è possibile senza l’omnicanalità. Il corollario è che il processo di assistenza, da centro di costo diventa punto di riferimento per il cliente.
QUATTRO FASI
Per la sua introduzione in azienda, secondo i ricercatori dell’Osservatorio è necessario attivare processi strutturati volti a:
- Coinvolgere: permettere all’azienda di dialogare in maniera coerente con il cliente lungo tutto il suo percorso.
- Supportare e gestire tutte le richieste dei clienti con un’assistenza omnicanale. È una fase che richiede la riprogettazione del processo in ottica omnicanale con l’introduzione di strumenti per gli operatori di integrazione e analisi dei dati. A oggi solo il 3% delle aziende ha strutturato un processo di assistenza pienamente omnicanale.
- Ascoltare la voce del cliente al fine di percepire in real time i feedback e le percezioni dei singoli. Circa la metà delle aziende ha attivato degli strumenti per coinvolgere gli utenti nella co-creazione della loro esperienza e solo un'azienda su tre ha introdotto delle tecnologie in grado di abilitare un ascolto strutturato della voce del cliente.
- Misurare in tempo reale la qualità della relazione cliente-azienda attraverso un cruscotto di indicatori appositamente progettato, a differenza dei kpi utilizzati finora dalle aziende, che comunque fanno fatica ad affermarsi tra i vertici aziendali nonostante la gestione del cliente punti a un chiaro miglioramento del conto economico.
LE TECNOLOGIE E L’IA
Alla base del percorso verso una customer management excellence ci sono le scelte tecnologiche che, secondo Vincenzo D’Arienzo, collaboration sales specialist di Cisco, devono focalizzarsi su tre aspetti principali: «Ovviamente l’omnicanalità, cioè l’integrazione di tutti i canali utilizzati per fornire informazioni al cliente. Il potenziamento dell’agente umano, anche in presenza di bot, per dare informazioni utili in maniera efficiente e rapida. Da ultimo, l’It è un elemento di attenzione, perché le piattaforme scelte devono garantire l’esecuzione veloce degli use case. Occorre poi tenere sempre presente che il 72% degli utenti preferisce interagire con i canali digitali in modalità self service e che il 55% tende a cambiare fornitore a seguito di cattiva user experience».
Figura 1 – Le tecnologie a supporto delle aziende nel customer managementFonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Omnichannel Customer Experience” settembre 2023
Il customer service, determinante per stabilire un duraturo rapporto con i clienti, sta quindi cambiando pelle e sta sempre di più integrando le tecnologie digitali.
«Poiché l’operatore utilizza in prima battuta il Crm aziendale contenente tutte le informazioni dei clienti, si deve appoggiare a piattaforme di knowledge management che ottimizzino la rintracciabilità dell’informazione e l’usabilità. Quindi la parte tecnologica deve essere collegata alla knowledge base con soluzioni stand alone oppure essere integrato con il Crm che propone in maniera proattiva all’operatore le risposte più pertinenti», spiega Leonardo D’Itri, ceo di Aryanna.
L’intelligenza artificiale (IA) è poi un ulteriore acceleratore della trasformazione. Ma occorre procedere con juicio, come avrebbe detto Manzoni. Infatti, ricorda D’Itri, «se si danno in pasto all’IA generativa informazioni ripetitive, incongruenti, con frasi piene di subordinate, si hanno delle risposte vicine alle allucinazioni. Nella modalità di ricerca il sistema ha bisogno di un contesto e di senso nelle frasi che si inseriscono».
L’Osservatorio, dal canto suo evidenzia che l’IA può essere utilizzata in quattro macro aree:
- L’assistenza self service con un rafforzamento degli assistenti virtuali per un primo livello di risposte fruibile ventiquattro ore su sette giorni.
- Il supporto agli operatori del contact center nel relazionarsi con il cliente per la miglior soluzione da proporre.
- La personalizzazione per far sentire l’utente come unico e irripetibile.
- Il customer service proattivo per anticipare le necessità dell’utente.
LA VOCE DEL CLIENTE E COME MISURARLA
Nella costruzione di una relazione di valore diventa importante per le organizzazioni comprendere e anticipare le esigenze e le necessità dei clienti, sia con il loro coinvolgimento nella co-creazione di esperienza, raccogliendo i feedback degli utenti su determinati touchpoint, processi e servizi o prodotti dell'azienda, sia con l’ascolto della voce dei clienti, raccogliendo informazioni su ciò che pensano e sentono in merito alle diverse esperienze che vivono nella loro relazione con l'azienda.
«Per questi ambiti bisogna inizialmente individuare la situazione che si vuol analizzare, per poi ascoltare i clienti sullo specifico argomento. Ma ciò che ricaviamo in termini di informazioni va analizzato profondamente per poi passare all’azione vera e propria», spiega Francesca Graziano, ricercatrice dell’Osservatorio.
«È importante che le piattaforme di voice of customer – aggiunge Adriana Piazza, customer experience solutions strategist di Qualtrics – siano in grado d’indirizzare la visione strategica di ogni singola organizzazione relativamente all’experience management, che non siano quindi unicamente focalizzate sulla customer experience ma ne abbraccino tutte le dimensioni: le relazioni del mercato con il brand, verso il prodotto, ma anche le relazioni degli employee nei confronti del brand per il quale lavorano. Sempre più infatti osserviamo che si sta generando grande valore dall’analisi congiunta dei dati esperienziali del personale e dei clienti. Adidas, per esempio, identificando i driver esperienziali del personale e migliorandoli, ha ottenuto un aumento di 22 punti del Net promoter score, che si è tradotto nell’incremento del 6,6% dei ricavi».
Poiché il customer management influenza direttamente la soddisfazione e la fedeltà del cliente con ricadute su incremento di ricavi, brand awareness e riduzione dei costi di acquisizione e mantenimento dei clienti stessi, disporre di metriche adeguate è fondamentale. Ma come orientarsi in un panorama di indicatori molteplici? «Viviamo dentro un paradosso: le aziende accumulano dati, ne vogliono sempre di più – spiega Alessandro Coliandro, head of UX di Unguess – ma non sanno quali seguire. È quindi importante che ciascuna trovi le proprie metriche e le variabili da misurare, per evitare di avere cruscotti enormi senza sapere quale direzione prendere. È importante poi misurare sia gli aspetti comportamentali sia quelli attitudinali e soprattutto mantenere il controllo nel tempo di questi dati in un repository adeguato».
«In una situazione in cui ci sono molte metriche a disposizione, la logica è quella di selezionare quelle giuste per ottenere anche un vantaggio competitivo. Perché un cruscotto che funziona permette di arrivare rapidamente ai risultati che si vogliono conseguire», conclude Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab