Tradizionale vs digitale = olistico
l'opinione di
Nella comunicazione di marca un canale esclude l’altro, oppure possono essere integrati in maniera sinergica?
La comunicazione di marca serve per dare vita e far conoscere un brand: le diverse attività e i diversi strumenti hanno l’obiettivo di costruire notorietà (brand awareness), immagine (brand image) e fedeltà (brand loyalty) presso il pubblico di riferimento.
Tutto questo, se ben concertato, va a comporre la cosiddetta brand equity, vale a dire il valore della marca, basato su una relazione di lungo periodo tra il brand e i suoi consumatori, un legame che traduce per l’azienda in un vantaggio economico e reputazionale.
Brand con un’alta equity hanno infatti una migliore reputazione e clienti fedeli, meno sensibili a variazioni di prezzo e disposti a pagare di più.
C’era un tempo (neanche troppo lontano) in cui un’azienda per comunicare col suo pubblico aveva un numero limitato di mezzi a disposizione: la televisione, nel caso in cui potesse permetterselo, la radio, il cinema, la stampa, ma anche gli eventi o le promozioni sul punto vendita...
Ci si affidava a questi strumenti per farsi innanzitutto conoscere, per raccontare i propri prodotti e il proprio brand, per spiegare ciò che li rendeva differenti dagli altri, con l’obiettivo di farsi scegliere, ma anche di farsi ricordare, così da incoraggiare il riacquisto e, idealmente, entrare nella lista dei brand preferiti.
Poi è arrivato internet e per un (lungo) momento è sembrato che gli strumenti di comunicazione tradizionali diventassero obsoleti (o quasi). Forti del numero di dati e della misurabilità esatta che il digitale spesso consente, nonché della possibilità di ipersegmentare il pubblico in una maniera impensabile fino a quel momento, alcune aziende hanno pensato di trasferire online gran parte degli investimenti o addirittura di cominciare a investire in comunicazione per la prima volta, grazie a costi decisamente più bassi.
In questa “abbuffata” di digitale le aziende in alcuni casi hanno però dimenticato che il customer journey è un processo, non una singola azione: è il percorso che una persona compie dal momento in cui percepisce di avere un bisogno fino a quando perfeziona l’acquisto e utilizza il prodotto o usufruisce del servizio, fatto innanzitutto di conoscenza della marca, comprensione dei benefici e poi scelta.
In altre parole, ci si è lasciati sedurre dal mezzo (le diverse opportunità offerte dal digitale), perdendo talvolta di vista l’obiettivo e concentrando spesso gli investimenti di comunicazione nella parte bassa del marketing funnel, nella cosiddetta fase di conversione, cercando di ottenere vendite immediate, acquisire nuovi clienti in maniera facile, veloce e qualche volta anche economica.
Per fortuna appare oggi sempre più evidente che limitarsi ad acquisire clienti con una campagna social o delle attività di sponsorizzazione su Google soddisfa solo un obiettivo tattico di breve periodo: vendere alle persone che in quell’esatto momento sono alla ricerca dello specifico prodotto/servizio. In questo modo però si tralasciano tutti gli altri acquirenti della categoria, che non hanno un bisogno immediato da soddisfare, ma con i quali è comunque importante costruire una relazione per prepararsi al momento in cui saranno pronti ad effettuare l’acquisto.
La comunicazione digitale può (e deve) presidiare tutto il customer journey, così da seguire il cliente nell’intero suo viaggio di scoperta e relazione con un brand. Esattamente come succede con gli strumenti tradizionali.
Allo stesso modo, sono convinta che la comunicazione digitale non sia l’unico mezzo per creare una relazione con il pubblico e che non esista una contrapposizione tra strumenti tradizionali e strumenti digitali: si tratta di mezzi complementari per consentire ad un’azienda di raggiungere il suo obiettivo ultimo, che è quello di creare valore per i clienti e stringere con loro un legame duraturo.
Le migliori operazioni? Quelle che sanno mettere insieme tradizionale e digitale, attività che iniziano offline e terminano online o viceversa: campagne stampa o affissioni con QR code sono ormai diffuse anche nel nostro paese, così come campagne social che portano le persone nel punto vendita. Questo approccio, che potremmo definire “olistico”, consente ad un brand di coinvolgere meglio i clienti e quindi farsi ricordare più a lungo.
Stefania Boleso - esperta di marketing e comunicazione, si occupa di consulenza e formazione per aziende. È inoltre professore a contratto presso l’Università Cattolica.