sostenibilità

Il percorso per un prodotto sostenibile

La strada verso la sostenibilità si fonda su una logica collaborativa tra imprese e consumatore e su una visione di sistema basata su regole internazionali. Questo è il tema del secondo appuntamento di Green Retail Lab organizzato da Retail Institute Italia

Nelle riflessioni e nelle azioni sul tema della sostenibilità ambientale, economica e sociale si consolidano almeno tre punti fermi di grande aiuto per il sistema delle imprese e per il consumatore che guarda con una crescente sensibilità all’ambiente, ma che non può essere deluso. Il primo aspetto riguarda proprio il suo ruolo nelle pratiche sostenibili, con particolare riferimento ai prodotti. Il secondo aspetto sono le scelte di sostenibilità delle imprese devono essere sistemiche e attenersi alle regole internazionali. Il terzo che i risultati si ottengono solo con una logica collaborativa. È quanto emerge con chiarezza dal secondo appuntamento di Green Retail Lab organizzato da Retail Institute Italy.

Il consumatore da attivare

«La crescente sensibilità del consumatore a comportamenti etici e le preoccupazioni per l’ambiente alimentano l’attenzione alla sostenibilità, che fa sempre più spesso rima con qualità dei prodotti», afferma Andrea Alemanno, group director Ipsos.

Si spiega così l’aumentato impegno contro lo spreco cercando di mantenere anche le buone prassi sviluppate durante la pandemia per un consumo più consapevole.

Figura 1 – Come cambieranno i comportamenti delle persone alla fine delle restrizioni

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Fonte: Ipsos

«Nel consumatore cresce l’idea che la plastica sia un problema molto serio (per quasi il 90% l’imballaggio di plastica è il meno sostenibile di tutti), soprattutto è contrario all’abuso e alla cattiva gestione della plastica e si affida con crescente fiducia alla tecnologia per risolverlo», spiega Alemanno. Non per nulla, secondo gli intervistati, emissioni, condizioni di lavoro e riduzione del packaging devono essere le priorità delle aziende responsabili, che peraltro dovrebbero essere obbligate a farsi carico della gestione del packaging (80% dei rispondenti). Tra i tanti esempi in atto, Pedon ha realizzato un packaging con l’utilizzo degli scarti di lavorazione dei fagioli, combinando l’uso di un materiale sostenibile con un processo di economia circolare.

«Il consumatore – riprende Alemanno – può fare molto. Ma si attende di non essere lasciato solo. Il rischio nel non agevolarlo nella sua sensibilità green è la delusione e il ritorno a cattive abitudini».

Il retail, per il suo contatto diretto con i consumatori, svolge un compito fondamentale.

Conad per esempio ha varato il progetto “Sosteniamo il futuro” di sostenibilità ambientale, sociale ed economica con un approccio strategico di medio-lungo termine su tutti i tre livelli della struttura cooperativa. Più nel concreto, l’impegno sui prodotti a marchio del distributore si concentra sull’aumento delle confezioni riciclabili (il 70% nel 2021), sulla riduzione degli overpack, sull’utilizzo di carte certificate FSC, sull’incentivazione all’uso di plastica riciclata (il 100% delle confezioni di detersivi per lavastoviglie e il 30% di Repet sulle acque minerali, con un risparmio di 18 milioni di bottiglie vergini). «La ricerca è indirizzata verso nuove soluzioni a 360 gradi, per individuare la migliore soluzione sostenibile per lo specifico prodotto o mercato», commenta Cinzia Linguerri, responsabile packaging Mdd Conad.

Packaging tra materiali e informazioni

Occorre ricordare che l’Unione europea ha fissato per il 2030 la data in cui la produzione delle bottiglie per bevande in PET dovrà contenere almeno il 30% di plastica riciclata. In Italia si sta impegnando in questa direzione il consorzio Coripet formato da produttori di bevande, di semilavorati e di riciclatori, con lo scopo preciso di raccogliere selettivamente e avviare al riciclo le bottiglie di Pet per trasformarle in altre bottiglie per uso alimentare e non, in filati o altri semilavorati. Negli ecocompattatori posizionati presso punti vendita della GDO, aeroporti, spazi individuati dai comuni, i cittadini consegnano le bottiglie in PET che hanno contenuto liquidi alimentari, che saranno destinate alla produzione di nuove bottiglie. Del resto si fa carico il consorzio.

Ma l’attenzione per il packaging non riguarda solo l’aspetto materico. Il pack ha un compito fondamentale nel trasferire informazioni al consumatore, che non sempre ha le idee chiare.

«L’interesse del consumatore alla sostenibilità non è nuovo, ma la disponibilità delle informazioni lo trasforma in un potente agente del cambiamento e spinge la domanda per prodotti green, mettendo sotto pressione i brand a fare sempre meglio nell’utilizzo di criteri ambientali nello sviluppo dei prodotti», afferma Giuseppe Luscia, ECR project manager GS1 Italy. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Immagino sono 24.073 i prodotti che presentano un claim di sostenibilità in etichetta, pari al 24,4% di quelli presenti sugli scaffali della GDO, e generano vendite per oltre 9 miliardi di euro con una crescita del +5,5% nel 2020 rispetto al 2019.

«Ciononostante il consumatore sente di non avere accesso a informazioni sufficientemente credibili e comprensibili», prosegue Luscia. «Un primo passo per proteggere i consumatori europei dal greenwashing è previsto dalla Commissione europea con il passaporto elettronico di prodotto, una sorta di carta d’identità sugli aspetti ambientali del prodotto lungo il suo ciclo di vita». Gli standard GS1 contribuiscono a veicolare le informazioni di sostenibilità lungo la filiera e al pubblico attraverso il barcode for environment, una soluzione per la comunicazione dell’impronta ambientale secondo le metodologie internazionali LCA (Life cycle asessement) e PEF (Product environmental footprint). «Lo scopo è quello di contribuire allo sviluppo del mercato dei prodotti green con informazioni semplici e complete (da quelle ambientali a quelle nutrizionali, di tracciabilità, fino al collegamento con l’e-commerce), appoggiate su misurazioni robuste e credibili in grado di soddisfare il consumatore. Con forme e veicoli di comunicazione che superino gli spazi angusti delle etichette grazie al codice a barre e allo standard GS1 Digital Link», conclude Luscia.

Un percorso strutturato

Già oggi il 68% delle aziende investe in sostenibilità (Ipsos), anche perché questi investimenti hanno una ricaduta positiva sulla reputazione dell’azienda e sui conti aziendali. Ma è necessario farlo in maniera strutturata.

«La sostenibilità è un percorso fatto di tappe da gestire in maniera approfondita. Non è piantumare alberi», afferma Guido Alfani, general manager Carbonsink, illustrando il percorso per raggiungere la carbon neutrality secondo il modello “misura, riduci, compensa”. «Nella misurazione non bisogna limitarsi a una fase della produzione, ma occorre riferirsi a standard riconosciuti a livello internazionale lungo il ciclo produttivo e logistico, introducendo elementi forti di riduzione delle emissioni. La compensazione delle emissioni è l’ultimo passaggio, anche in questo caso riferendosi a standard internazionali per comunicare poi il raggiungimento della carbon neutrality in maniera trasparente».

Concorda Jacopo Orlando, impact & sustainability manager Aboca, azienda che ha scelto di diventare B-Corp: «Approcciare la sostenibilità solo da un punto di vista può essere dannoso e non efficace. Per evitare l’effetto greenwashing occorre avere una visione sistemica di tutto ciò che caratterizza il contenuto del prodotto, oltre al packaging. Abbiamo da sempre scelto un approccio verticale di filiera per quanto riguarda le produzioni agricole biologiche in Italia e accordi di filiera internazionali per le materie prime non italiane. Il passo successivo è stato quello di trasformare le aziende del gruppo in società benefit certificate B-Corp».

L’evoluzione da shareholder company a stakeholder company è la strada scelta da Fater attraverso l’innovazione e l’impegno sociale dei brand. In particolare la sostenibilità ambientale si caratterizza per un approccio LCA con il raggiungimento di obiettivi quali la certificazione PEF, il 100% di pakaging riciclabile e la riduzione del 17% di plastica vergine con l’obiettivo di arrivare al 50% nel 2025, zero rifiuti in discarica e 80% di energia da fonti rinnovabili, cinquemila tonnellate di Co2 emessa grazie all’intermodalità e all’efficienza dei carichi, con l’obiettivo di raddoppiare entro il 2025. «La sfida maggiore oggi, con il lancio della linea Ace green con confezioni a zero plastica vergine è quella di trasformare l’innovazione in abitudini d’acquisto, anche con il sostegno dei partner della Distribuzione. Perché la sostenibilità è possibile solo se la si persegue insieme», chiosa Daniele Eccher, corporate sustainability senior manager Fater.

Lavorare insieme

La cultura della collaborazione è la chiave per un deciso passo avanti nella sostenibilità.
Anche per Cinzia Linguerri: «Nei prodotti Mdd la Distribuzione ha un ruolo guida per i produttori di materiali e per i partner di prodotto. Oggi abbiamo attive venti aree test sia con i copacker sia con l’Idm per trovare nuove soluzioni spronando i produttori di materiali d’imballaggio continuamente. È importante anche favorire la cross contamination al nostro interno perché in un contesto dinamico come l’alimentare e il largo consumo serve innovazione continua».

Anche per un settore come la moda (il tessile abbigliamento è uno dei settori a più alto impatto ambientale) la collaborazione è fondamentale. «Premesso che la sostenibilità è una questione di sopravvivenza, non una strategia di marketing – spiega Simone Colombo, head of corporate sustainability OVSè necessario collaborare in un ecosistema di business: con chi sta a monte, perché fa innovazione sui materiali per migliorare le performance di durabilità dei capi o per aumentare la circolarità dei prodotti e a valle con il coinvolgimento del consumatore finale, al quale dobbiamo trasferire, negli otto secondi in cui guarda un capo d’abbigliamento, i concetti fondamentali. E la trasparenza è lo strumento del cambiamento: per esempio rendiamo disponibili in etichetta i dati sulle emissioni di CO2, sul consumo d’acqua e sulla potenziale riciclabilità dei nostri capi».

La collaborazione coinvolge tutta la catena del valore a partire dalla progettazione dei capi che deve evolvere in chiave di ecodesign (durabilità del prodotto, studio di capi monomateriali recuperabili, uso di fibre e filati termoplastici). È un tema caldo per la moda, visto che dal 2022 sarà obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti tessili. Afferma infatti Chiara Ferraris, communication & external relation manager Radici Group: «È importante considerare la sostenibilità in chiave allargata, non solo da tessile a tessile, e aprire alla collaborazione tra settori con un approccio aperto alla trasversalità delle competenze». Perché la sostenibilità riguarda tutti.

a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab

I prossimi appuntamenti 2021 saranno:

  • 14 luglio “Green Retail LAB. La filiera alimentare sostenibile”.
  • 20 ottobre “Green Retail LAB. Il negozio sostenibile”. 
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