La rilevanza dello smartphone
L’anno dell’emergenza sanitaria, con gli italiani costretti in casa, sancisce il primato dello smartphone, non solo in mobilità, come strumento principale per informarsi, acquistare, pagare. Per i brand e i retailer è un asset strategico per la relazione con i propri clienti in un’ottica omnicanale
“Lo smartphone è il device preferito dagli italiani per navigare online per via dell’esperienza semplice e veloce e della possibilità di accesso continuo“. In questa frase dell’Osservatorio Mobile B2c strategy della School of Management del Politecnico di Milano è condensato il succo della ricerca di quest’anno che ha registrato la totale rilevanza del potente computer tascabile che consente a oltre 53,6 milioni di utenti di informarsi online, fare gli acquisti, pagare in remoto e in prossimità, mantenere le relazioni con i brand e i distributori e alle aziende di comunicare con i consumatori e di supportarli nelle fasi di pre e post vendita. In mobilità ma, è la novità indotta dalla pandemia, anche in casa.
I numeri di questo consolidato primato sono stati già anticipati in un precedente articolo ma tra gli aspetti più significativi è che gli italiani trascorrono circa due ore e mezza al giorno (77 ore nel mese di dicembre) agendo sullo smartphone.
E durante quest’anno di pandemia è, tra i dispositivi presenti in casa, quello che ha visto incrementare maggiormente l’utilizzo: il 69% degli intervistati da Bva Doxa (in particolare le donne e i giovani) ha infatti dichiarato di avere aumentato l’uso dello smartphone contro il 60% della tv e il 52% del pc. Lo smartphone viene utilizzato praticamente in tutte le attività quotidiane, in alcune delle quali in maniera esclusiva o prevalente, in crescita tra il 2017 e il 2021. E il 63% (il 68% delle donne e il 72% dei 25-34enni) si sente dipendente dal dispositivo.
Nonostante l’obbligo di stare in casa la pandemia ha certamente influito sul maggiore uso del dispositivo mobile per eccellenza, non solo per il lavoro e lo studio: le videochiamate sono aumentate per il 55%, gli acquisti online di prodotti o servizi per il 44%, gli ordini per la consegna di cibo dai ristoranti per il 30%. Tanto che per queste attività il numero di utenti che ha scaricato una nuova app è pari a oltre un terzo di quelli attivi.
Figura 1 - Utilizzo esclusivo o prevalente dello smartphone
Fonte: Bva Doxa per School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2c strategy” 2021
«La pandemia ha aumentato la fiducia nell’e-commerce – afferma Antonio Filoni, partner BVA-Doxa – e il 34% dei mobile surfer dichiara di sentirsi più tranquillo negli acquisti online (a fianco di un 62% che lo era già). Un ulteriore trend riguarda la crescente dematerializzazione degli elementi tipicamente presenti nel portafoglio dei consumatori: carte fedeltà, carte di pagamento, coupon e buoni sconto sono stati digitalizzati dal 77% dei Mobile surfer, valore che ha registrato una crescita di 9 punti percentuali rispetto a febbraio 2020».
La user experience in prospettiva omnicanale
La crescita dell’utilizzo dei canali digitali e della consapevolezza del ruolo strategico di questi da parte delle aziende ha portato in generale maggiori investimenti nei confronti dell’esperienza utente.
Sebbene la quota degli utenti che dichiara di aver dovuto, spesso o qualche volta, cambiare sito web o app per problemi di usabilità sia diminuita dallo scorso anno, passando da 51% a 41% per i siti e da 46% a 39% per le app, è proprio la user experience a rappresentare il fattore che più influenza la valutazione dell’app: lo afferma l’86% degli intervistati.
Figura 2 - Siti e app: la user experience
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2c strategy” 2021
Per questo motivo secondo Marta Valsecchi, direttore dell’Osservatorio «è necessario avere un processo strutturato che si articoli in alcune fasi (ricerca, progettazione, sviluppo e validazione, misurazione), per le quali sono richiesti competenze e strumenti differenti. Inoltre, è importante che questo processo sia incentrato sull’utente finale e che sia ciclico e guidato da un approccio di miglioramento continuo. È importante che la user experience evolva e sia il più possibile incentrata sull’utente per assumere una prospettiva omnicanale». Una visione strategica dei benefici che un approccio continuativo su questi temi potrebbe portare è ancora mancante in una buona metà delle imprese italiane, sottoposte a un’analisi su come vengono implementate le quattro fasi del processo.
Telecomando per gli acquisti
Il retail è naturalmente in prima linea per sviluppare le opportunità del mobile nel supportare la fase di prevendita, la vendita da remoto e l’interazione con la dimensione fisica.
Da un confronto tra i 286 top retailer italiani e i 63 top statunitensi, il 41% dei primi ha almeno una app, contro il 76%, con un voto medio di 3,4 contro 4,1. A cosa possono servire le app in fase di prevendita? Per la lista della spesa (53% dei casi), per la scansione con codice QR o a barre (48%), per facilitare la scelta dei prodotti con la realtà aumentata (7%), per la dematerializzazione del volantino (47%).
Figura 3 – Il Mobile a supporto del retail
Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Mobile B2c strategy” 2021
«La GDO e l’elettronica di consumo sono passati dal volantino cartaceo a quello digitale con un’efficienza di costo del 50% – spiega Ilaria Montorsi, marketing director Shopfully – ma anche con un cambiamento di esperienza del supporto digitale. Con la geolocalizzazione il drive to store viene modulato sull’utente e sul canale, e aumenta l’interazione tra il negozio e i responsabili d’acquisto. Lo smartphone si trasforma così in un telecomando per gli acquisti: lista della spesa digitale, verifica dello stock dei prodotti, controllo dei tempi di attesa fuori dal punto vendita».
Solo il 55% dei retailer con almeno un’app però consentono la vendita diretta in app (in Usa lo fa il 75%) e sul totale dei top retailer meno del 25% supporta l’e-commerce da mobile. I due terzi dei retailer italiani con un’app prevedono l’interazione con il punto vendita: il 54% la carta fedeltà, il 15% il sef scanning e il 9% i pagamenti.
Infine, tra le iniziative per stimolare l’utilizzo dell’app, offerte dal 37% dei retailer, il 29% sono notifiche push, il 6% la gamification, il 12% i contenuti extra.
Per i retailer italiani il mobile non sembra quindi essere un asset strategico. Invece, come afferma Valeria Santoro, country manager Stocard, in quest’anno di cambiamenti molti retailer hanno percepito il mobile non più come accessorio ma come uno strumento di sopravvivenza darwiniana. «Ora è tempo di spingere l’acceleratore sull’innovazione, provando anche modalità finora solo testate. E il mobile con il wallet avvicina la comunicazione digitale al punto vendita fisico. Nel momento in cui si appoggia lo smartphone al Pos per il pagamento, il mobile consente di verificare l’avvenuto acquisto: dal drive to store si passa al drive to purchase. Il passo ulteriore è quello di fare attività tipiche dell’e-commerce ma collegate con il negozio fisico: il volantino digitale, in primis, ma anche il retargeting fisico, proponendo determinati prodotti a chi ne ha acquistati altri vicini o, addirittura, il time to next purchase intercettando l’acquirente prima che acquisti alla concorrenza. Lo smartphone è in sostanza lo strumento per la vera omnicanalità», conclude la manager.
a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab