Quali strategie contro le differenze inventariali in GDO?
Uno studio di Crime&tech è il punto di partenza per la creazione di uno standard di definizione e classificazione delle differenze inventariali comune a tutti i retailer
La necessità da parte della GDO di poter contare su uno standard di settore per la rilevazione e classificazione delle differenze inventariali e per potere affrontare le sfide e i cambiamenti imposti dall’omnicanalità e dall’emergenza Covid-19 sono alla base della ricerca condotta da Crime&tech, spin-off di Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime, con il supporto di Checkpoint Systems.
Lo studio, lungi dall’offrire dati quantitativi, approfondisce le modalità e le strategie con cui i gruppi della GDO in Italia affrontano il problema delle differenze inventariali, sulla base di interviste e focus group che hanno coinvolto un campione di aziende rappresentative di 7.500 punti vendita pari a più del 40% delle vendite dalla GDO
«L’assenza di uno standard condiviso – afferma Marco Dugato amministratore di Crime&tech e ricercatore di Transcrime-Università Cattolica – può creare infatti problemi di compatibilità e definizione di benchmark comuni, ma anche di organizzazione interna. Infatti la definizione più comune di differenze inventariali è la differenza tra giacenze teoriche e rilevate. Ma in diversi casi permane quella di differenza tra margine atteso e realizzato, poco significativo per l’operatività».
La maggior parte delle aziende tende ad attribuire la quota di differenze inventariali sconosciute a cause di origine criminale, frutto anche di una raccolta di dati per lo più annuale (inventario fiscale) e con un limitato ricorso all’inventario permanente e all’incrocio con i dati dei sistemi di riordino automatico. Tuttavia, ricondurre le differenze inventariali a cause sconosciute (oltre il 50% del totale, contro un 25-30% causate da furti e il 15% da scarti e rotture, secondo un’analisi di Esselunga) può essere fuorviante senza un’analisi preliminare, specialmente in un settore come la GDO.
Oltre a quelle di natura criminale, derivanti da comportamenti illeciti da parte di clienti, personale interno o fornitori esterni, vi sono anche quelle di natura operativa determinate dagli errori o inefficienze nei processi interni, certamente più numerose e impegnative per il loro contrasto.
Figura 1 – Le principali cause delle differenze inventariali
Fonte: Crime&tech, Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime
Massima attenzione alle cause operative
«La maggior parte delle aziende – spiega Dugato – concentra l’attenzione sulla natura criminale delle differenze inventariali, con il coinvolgimento della sola security, mentre sono ancora poche le aziende per le quali la priorità sono le strategie di contrasto alle differenze di natura operativa».
Lo studio individua tre fronti di attacco: il miglioramento dell’anagrafica dei prodotti, come la corretta gestione dei multipack, e la corretta codifica di colli e prodotti in fase di ricevimento; il controllo sulle dispersioni di prodotto (rotture, prodotti scaduti, sfridi nella gastronomia e nelle carni); infine il miglioramento dei processi interni con la formazione del personale, il miglioramento del prodotto, il controllo sulla logistica.
Ed è proprio questa la direzione indicata anche da alcuni retailer, come Daniele Pitassi, responsabile audit Despar, secondo il quale il lavoro di squadra e il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali nella definizione di strategie condivise è un primo importante passo per affrontare la questione, con un particolare accento sulla formazione dei dipendenti e sui processi interni. «Ma bisogna che il top management sia il primo a esserne convinto – aggiunge Vincenzo Scarpulla, business accountant Gruppo Arena – perché il concetto di perdita di valore e di total loss deve diventare patrimonio comune in tutta l’azienda».
E l’emergenza Covid-19 ha generato una sensibile riduzione del fenomeno delle differenze inventariali di origine criminale, ma è stato rilevato un incremento dei casi di infedeltà interna, ma ha dimostrato, secondo Stefano Colombo, security manager Esselunga che non è solo un problema di security: «L’esperienza di questi ultimi mesi insegna che i rischi stanno cambiando e si spostano dal punto vendita all’online».
Un aiuto arriverà dalla tecnologia. La radiofrequenza, per esempio, potrà aiutare a risolvere il problema delle differenze inventariali assicurando l’inventario continuo, la rilevazione delle rotture di stock, dei difetti dei packaging, l’individuazione delle date di scadenza, la tracciabilità del prodotto. E l’intelligenza artificiale potrà soccorrere nell’analisi dei dati contribuendo alla creazione di benchmark sempre più precisi.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab