Lo smartphone potenzia i touch point con i consumatori
Con la metà degli italiani a pieno titolo mobile surfer e il 77% che utilizza lo smartphone nel processo d’acquisto, per le imprese è necessario avviare la trasformazione mobile, basata su approccio strategico, organizzazione e governo dei dati
Perché ha senso concentrarsi sul mobile nell’era dell’omnicanalità? Secondo l’Osservatorio Mobile B2C Strategy del Politecnico di Milano dedicato alla mobile transformation le risposte vanno ricercate nel fatto che sono 22 milioni in Italia i mobile surfer mensili e che più del 70% del tempo trascorso a navigare è legato a smartphone e tablet (sale all’85% nei giovani 18-24enni ma anche per gli over 55 supera già il 50%). Non solo: il 40% degli utenti mensili di Facebook accede solo da Mobile, più del 50% di quelli dei siti delle grandi media company vi accede da smartphone e lo stesso vale per molti pure player. Per le imprese del largo consumo, invece, il 30% del traffico diretto al sito arriva da dispositivi mobili.
«Il Mobile - afferma Marta Valsecchi, direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy – ha peculiarità chiare. È, infatti, l’unico device sempre a disposizione dell’utente in qualsiasi momento della giornata e il dispositivo più utilizzato davanti alla Tv. Questo consente di creare nuove modalità di ingaggio con gli utenti, di avviare attività di real time marketing, di instaurare un dialogo personalizzato con il cliente, di migliorare la shopping experience. Non è insomma l’ennesimo touch point ma un vero e proprio potenziatore degli altri punti di contatto».
Lo dimostra il comportamento degli utenti che dalla ricerca Doxa a compendio dell’Osservatorio sono decisamente orientati all’utilizzo dello smartphone nel processo d’acquisto: il 77% dei mobile surfer usa lo smartphone almeno in una fase del processo d’acquisto e il 10% procede all’acquisto. Più specificamente il 57% lo impiega nel percorso di acquisto di prodotti di elettronica, il 53% per abbigliamento e accessori e il 27% per la spesa alimentare. In crescita è, rispetto al 2014 l’impiego di smartphone nell’out of store, nell’acquisto e nel post acquisto. In leggerissima contrazione nelle attività in store. In aumento anche l’attenzione per le promozioni con il confronto di prezzi e consultazioni di volantini sia al di fuori del punto vendita (60% nel 2015 contro il 45% nel 2014) sia in store (il 39% contro il 31%). Elencando le attività che completano il processo d’acquisto (confronto prezzi, ricerca prodotti, lista della spesa, utilizzo coupon, ecc), il 42% dei mille intervistati dalla Doxa ne svolge almeno una prevalentemente o solo da smartphone e il 2% le svolge tutte (Fig. 1).
Fig. 1 – Sempre più smartphone nel processo d’acquisto Fonte: Doxa-Osservatorio Mobile transformation
A questi utenti il mercato pubblicitario già guarda con estrema attenzione. «Il mobile advertising - registra Valsecchi - è cresciuto del 53% tra il 2014 e il 2015 raggiungendo un valore di 462 milioni di euro e una quota pari al 21% dell’Internet advertising e al 6% del totale dei mezzi pubblicitari».
Di fronte al consumatore orientato al “Mobile first”, le aziende hanno una strategia chiara di approccio al Mobile? Qual è il grado di maturità delle imprese nella mobile transformation?
Con le premesse di cui sopra, occorre ripensare completamente i processi interni, adottando soluzioni applicative con un’elevata user experience, abbracciando un approccio allo sviluppo agile e garantendo immediatezza di accesso alle informazioni e ai dati da qualunque luogo e dispositivo. Anche perché, secondo Giuliano Noci, Ordinario di Marketing al Politecnico di Milano, diventa centrale il tema culturale del ritardo nell’affrontare il rischio dell’innovazione. Il top management delle imprese pretenderebbe di avere indicazioni chiare sul ritorno dell’investimento prima di avviare progetti di trasformazione. «Noi ci scontriamo con un ritardo dal punto di vista manageriale e con una scarsa propensione al cambiamento. Vi sono manager che come individui sono super digitalizzati, ma quando vestono panni professionali sono iper conservativi», chiosa Noci.
Ma le cose stanno cambiando, tanto che secondo Marta Valsecchi, «Il 2015 può essere considerato l’anno del cambio di rotta. Il cammino verso la mobile transformation è stata intrapresa da un buon numero di aziende medio-grandi italiane e siamo quindi convinti che, nei prossimi 2-3 anni, ci saranno trasformazioni significative nelle modalità di interazione con i consumatori».
Dal confronto con 121 aziende medio-grandi l’Osservatorio ha individuato sei variabili chiave nel passare da un approccio tattico a uno strategico alla mobile transformation, che vanno dal commitment del top management e del middle management alla reingegnerizzazione dei processi di marketing, vendita, crm con integrazione dei diversi punti di contatto, allo sviluppo di competenze specifiche e degli asset Mobile, per arrivare alla valorizzazione del mobile come canale di advertising. Ne emerge (Fig. 2) un quadro in cui un nutrito drappello di imprese ha avviato o sta avviando la trasformazione. I punti più critici sembrano essere quelli della titubanza del top management (solo il 21% viene definito proattivo), di una ancora poco chiara organizzazione a livello di middle management (solo un terzo delle imprese ha un team multifunzionale dedicato), un ritardo nella reingegnerizzazione dei processi di back end e nello sviluppo di competenze mobile. Tuttavia, in due terzi delle aziende il percorso è avviato, anche se lo stato di avanzamento è molto eterogeneo.
Fig. 2 - Il Mobile B2C transformation journey: lo stato dell’arte delle aziende italiane analizzate; Fonte: www.osservatori.net
E per dare maggiore evidenza a queste affermazioni i ricercatori dell’Osservatorio hanno raggruppato le aziende in cinque cluster, nei quali la variabile settoriale è ininfluente.
Nice to have
Rappresenta il 19% delle imprese, dalle quali il Mobile è poco utilizzato perché ritenuto poco rilevante, tanto che non si ritiene prioritario sviluppare delle competenze interne.
Digital driven
Questo 16% di aziende è caratterizzato da un basso commitment del top management ma vi sono team che si occupano di digital all’interno dell’azienda che hanno compreso le potenzialità del Mobile e portano avanti progetti importanti di integrazione di questo canale nel processo di relazione con i consumatori. In generale però l’approccio organizzativo è “a silos” indipendenti tra aree diverse dell’azienda.
Wannabe
A questa categoria fa riferimento il 14%. I tratti distintivi sono un elevato commitment del top management ma vi sono barriere culturali, tecnologiche e/o di mancanza di competenze che impongono un rapido avvio di trasformazione culturale e organizzativa,
Work in progress
È il 35% delle imprese, per le quali il 2015 è stato l’anno della definizione della strategia e dell’avvio della sua attuazione.
Mobile first
In queste aziende (il 16% del totale) il processo di mobile transformation è avviato e al Mobile è attribuito un ruolo guida delle scelte di investimento in termini di sviluppo, design, usability, di tutti gli Asset. Il commitment è alto e l’organizzazione è improntata alla cooperazione attiva delle unità coinvolte.
Tre sono, per i ricercatori dell’Osservatorio, le aree di sfida per il futuro: l’integrazione tra soluzioni per le relazioni con i consumatori e quelle per i processi interni; lo sviluppo di una piattaforma di gestione dei dati in grado di garantire una vista unica sul cliente integrando tutti i touch point (punto vendita, call center, sito, Mobile App, Social Network, email, ecc.). «Si tratta di un progetto strategico che parecchie delle imprese analizzate, nei settori più vari (largo consumo, telco, finance, ecc.), hanno avviato o stanno progettando. Oltre all’integrazione di dati occorrono poi soluzioni di big data analytics, business intelligence e marketing automation per valorizzare tale patrimonio informativo», afferma Valsecchi. Infine, l’Internet of Things: lo smartphone è destinato a diventare il dispositivo con cui “comandare” i propri oggetti personali.
a cura di Fabrizio Gomarasca