E-tailer e i costi logistici
l'opinione di
La logistica ha un ruolo fondamentale nell’e-commerce B2C di prodotti. Per le esigenze di tale canale si stanno sviluppando innovazioni, alcune di applicabilità non esclusiva all’e-commerce, con effetto positivo quindi anche in altri canali e segmenti di filiera.
In particolare merita di essere ricordato come si stiano:
- re-inverdendo aspetti di differenziazione del servizio che ormai presentano standard relativamente appiattiti nei canali tradizionali;
- sviluppando nuovi modelli di network pluricentrici e con molteplici interrelazioni, capacità di reindirizzamento immediato dei flussi e valorizzazione di punti di consegna merce (drop off point di vario tipo, compreso click & collect) in alternativa al domicilio del cliente;
- affinando processi di gestione della disponibilità rilevante non solo per la multicanalità, con modalità collaborative ad alto commitment tra i partner di filiera.
Si è in generale dato per ovvio che il costo logistico dell’e-commerce sia nettamente superiore ai canali tradizionali, ma in questa percezione ha prevalso il confronto con il costo di parti dei canali tradizionali e non tra alternative di filiera. Le generalizzazioni possono essere fuorvianti e sono auspicabili approfondimenti.
Però qui desidero soffermarmi su un’altra percezione abbastanza diffusa e cioè che i costi logistici dell’e-commerce siano crescenti o almeno lo siano stati negli anni recenti. Limito l’attenzione ai soli e-tailer perché la base dati di cui dispongo fa riferimento a questo profilo di operatori che per altro sono i grandi protagonisti della vendita di prodotti B2C. In tal modo per altro si evitano complicazioni relative alla multicanalità o altre possibili configurazioni di più difficile interpretazione.
La percezione di costi crescenti è motivata da livelli di servizio più alti di qualsiasi prevedibilità fino a pochi anni fa. Il servizio è infatti divenuto elemento di differenziazione più ampia delle sole componenti strettamente di servizio logistico ed ha abilitato l’ingresso in nuovi business (per esempio i cibi pronti consegnati in un’ora). I nuovi livelli di servizio si portano dietro soluzioni per l’ultimo miglio in genere più costose e comunque l’incremento di punti (e almeno in qualche caso di livelli) del network distributivo. Anche i resi sono, almeno per alcune merceologie, un fenomeno con dinamiche significative e impatto su driver di costo. Comunque non sfugge ci siano fattori di scala, curve di esperienza e, negli ultimi anni, costi dei carburanti, che possano avere contribuito almeno a compensare parte della crescita dei costi determinata dai nuovi profili di servizio.
Il quadro però è complesso e per questo valutazioni aggregate del fenomeno difficilmente sono effettivamente rappresentative di dinamiche generali. Prendo spunto da una recente ricerca pubblicata da Transport Intelligence sui costi logistici di un ricco campione di e-tailer, per qualche riflessione in merito a un tema in cui rimangono grandi spazi di approfondimento.
Come rileva Transport Intelligence a commento dei dati sotto riportati, è relativamente omogeneo il confronto tra anni diversi per la stessa azienda (perché le fonti rimangono omogenee) salvo cambiamenti che possono essere intervenuti nei rispettivi sistemi di business. Il confronto tra diverse aziende va invece fatto certamente con assai maggiore cautela. Innanzi tutto la definizione di logistica e i confini dei costi considerati possono essere diversi per le diverse aziende. In generale per le aziende riportate in corsivo il costo dovrebbe comprendere in modo abbastanza completo i costi di magazzinaggio e di consegna, mentre per gli altri sembrerebbe siano inclusi i soli costi di consegna. Presumibilmente nessuna azienda nell’elenco, include il trasporto inbound nei costi logistici: in modo analogo alla prevalenza di altri settori dell’industria e del commercio è considerato parte del costo di acquisto. Inoltre il parametro in esame è un costo sul fatturato e anche se può sembrare inutile ricordarlo, cosa compone il fatturato conta.
Pur con numerosi limiti, fisiologici però in questo tipo di esercizi, il colpo d’occhio della tabella sotto riportata è assai interessante e presenta andamenti significativamente contrastanti tra i diversi e-tailer.
Focalizzando l’attenzione sul primo gruppo di operatori, ovvero con costi comprensivi di magazzino e trasporto, l’indicatore per gli operatori “occidentali” come Amazon, Asos e Ocado appare assai più alto degli “orientali” come JD, Vipshop, Dangdang e Jumei che beneficiano di costo del lavoro notevolmente inferiore. Questo vantaggio inevitabilmente tenderà a ridursi e si sta già riducendo: JD giustifica con l’aumento del costo del lavoro in Cina l’aumento dell’indicatore che si osserva nel 2014. In generale l’andamento dei costi per gli operatori orientali ha beneficiato di economie di scala e dello spostamento di attività di consegna a operatori regionali e locali. Per gli operatori occidentali, sempre con riferimento al primo gruppo, il costo è crescente con l’eccezione di Asos. Asos infatti dichiara un miglioramento nell’impatto dei costi derivante da rinegoziazione dei servizi di consegna nonostante l’effetto contrario della proposizione di “free return” specie in Italia e Paesi Bassi. Ocado attribuisce all’apertura di magazzini secondari la crescita dei costi logistici complessivi pur con il conseguimento di una serie di miglioramenti operativi in altre componenti. Amazon ha costi logistici globali visibilmente crescenti (anche nel quadro relativo al solo Nord America - fonte MWPVL ripreso da Netcomm). Nuovi servizi conseguiti anche grazie alla realizzazione di magazzini secondari (necessari per il servizio “prime now”) incidono sui costi ma anche lo spostamento del mix delle vendite (nel 2015 l’ingresso in Italia nelle merceologie alimentari e cura della casa) può contribuire alla crescita dell’indicatore. Difficile dire se intervengono nella dinamica in osservazione componenti di flusso gestite commercialmente ma non logisticamente. Da annotare comunque l’attenzione crescente per il trasporto con esempi di insourcing dei collegamenti tra punti del network in UK. Inoltre, da novembre 2015, è autorizzata ad operare come Ocean Transportation Intermediary, ossia a offrire servizi di trasporto marittimo delle merci.